Una vera e propria tabella di marcia ancora non c’è ma qualche indicazione è arrivata dal primo discorso del Premier Meloni alle Camere. In cima alla lista delle priorità del nuovo Governo c’è senza dubbio la riforma delle pensioni: a fine anno, infatti, andrà in soffitta Quota 102, la soluzione-ponte individuata dal precedente esecutivo in attesa di trovare una soluzione per evitare il ritorno alla Legge Fornero che il leader della Lega Matteo Salvini vuole scongiurare a tutti i costi.
La Meloni in Parlamento
“Intendiamo facilitare la flessibilità in uscita con meccanismi compatibili con la tenuta del sistema previdenziale partendo, nel poco tempo a disposizione per la prossima legge di bilancio, dal rinnovo delle misure in scadenza a fine anno”. Sembra dunque decisamente probabile che in Manovra arriverà la proroga degli attuali strumenti di flessibilità in uscita in scadenza: Opzione Donna, APE Sociale, Quota 102.
Al momento infatti le poche risorse a disposizione saranno concentrate su alcune emergenze non rinviabili. E anche qui è arrivato un altro indizio: “Sarà necessario mantenere e rafforzare le misure nazionali a supporto di famiglie e imprese, sia sul versante delle bollette, sia su quello del carburante, un impegno finanziario imponente che drenerà gran parte delle risorse reperibili e ci costringerà a rinviare altri provvedimenti che avremmo voluto avviare già nella prossima legge di bilancio”, ha detto Meloni.
Contributivo, indietro non si torna
L’obiettivo finale è un intervento ad ampio raggio che passa dalla riforma del sistema pensionistico che tuteli in particolare “le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo” perché ci sono “milioni di attuali lavoratori che si ritroveranno con assegni addirittura molto più bassi di quelli, già inadeguati, che vengono percepiti oggi”.
Quota 102 ‘flessibile’
La soluzione che sembra più percorribile, a oggi, è una correzione di Quota 102 che la renda ‘flessibile’. La neo ministro del lavoro, Marina Calderone, non si è ovviamente ancora espressa. Ma un’ipotesi concreta, la stessa che la Fondazione studi dei Consulenti del lavoro, che fino a ieri guidava proprio Calderone, prevede il pensionamento tra i 61 e i 66 anni, con almeno 35 anni di contributi, purché la somma faccia comunque 102.
Per questo si parla di un quota 102 ‘flessibile’. Finora si andava in pensione solo con 64 anni più 38 di contributi, nella nuova versione sarebbe possibile anche con tutte le combinazioni fra 61 e 66 anni di età e fra 35 e 41 anni di contributi. Sarebbe una soluzione in grado di garantire una soluzione, di scongiurare il ritorno alla legge Fornero e di non compromettere l’equilibrio dei conti pubblici. Sicuramente più onerosa l’altra ipotesi di cui si discute, sostenuta dalla Lega, di prevedere l’uscita con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età, o con 62 anni, a prescindere dagli anni di contributi. La discussione deve ancora entrare nel merito ma il tempo stringe.