Quota 100: quando sarà possibile andare in pensione

Quando sarà possibile andare in pensione con quota 100, una delle misure più attese del cosiddetto pacchetto previdenza

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Associazione Giovani Consulenti del Lavoro di Pavia

Consulenti del lavoro

Pubblicato: 7 Novembre 2018 15:20

Dal 2019 potremo lasciare il posto di lavoro prima, a patto di prendere meno soldi: è questo il progetto dell’ennesima rielaborazione del sistema previdenziale.

Mancano ancora i dettagli attuativi di questa riforma voluta dalla Lega.

Questa nuova previsione mina l’equilibrio dei conti Inps creando uno scompenso per 100/140 miliardi annui ed è per questo motivo che l’Unione europea ha cassato questa proposta rimandandola al Parlamento italiano perché possa modificarla in al massimo tre settimane.

Alla base di questa nuova modalità c’è la possibilità di andare in pensione con 38 anni contributivi ed almeno 62 di età  (62 + 38 = 100); la cosiddetta “quota cento”. Questa opzione sarà fattibile da febbraio 2019 per chi avrà maturato i due requisiti; sotto questa soglia contributiva non si scenderà e quindi non valgono altre somme, ad esempio 64 anzianità + 36 contributivi: in pratica è una nuova forma di pensione di anzianità.

Restano comunque in essere le altre combinazioni pensionistiche, in particolare:

  • per i lavori usuranti resta salva la regola dei 35 anni di contributi ed almeno 61 anni e 7 mesi di età;
  • per i disoccupati, l’APE non viene modificata per cui resta salva la regola dei 30 anni di contributi e 63 anni di età;
  • per i lavoratori con 67 anni di età e 20 di contributi;
  • per i lavoratori con 41 anni di contributi a qualunque età anagrafica.

Sarebbero circa 400.000 gli italiani che rientrano nei requisiti di “quota 100”, per lo più lavoratori pubblici o dirigenti che andrebbero in pensione con importi fra 1.500 e 2.500 euro mensili; se tutti gli interessati aderissero, la misura costerebbe alle casse pubbliche 7 miliardi il primo anno, e altri 17 miliardi fino al 2021.

Questo pensionamento anticipato comporterebbe però assegni più bassi, secondo l’Inps di circa il 4%.

Queste nuove norme riguarderebbero solo gli iscritti all’Inps essendo esclusi, ad oggi, i professionisti iscritti alle rispettive casse previdenziali.

Il governo ha intenzione, per recuperare risorse per poter attuare la riforma pensionistica, di procedere al taglio alle pensioni d’oro; una prima opzione prevederebbe la riduzione delle pensioni sopra i 4.500 euro netti al mese con un taglio del 2% dell’assegno per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni, una seconda opzione prevederebbe invece il blocco della rivalutazione delle pensioni in base al tasso di inflazione.

Per tutto il 2019 l’esecutivo comunque manterrà la misura che permette alle donne di andare in pensione a 58 anni, se dipendenti, e 59 se autonome, a patto di avere 35 anni di contributi. Ricordiamo che questa opzione comporta un taglio del 20% circa sull’assegno pieno.

E’ intenzione del governo portare a 780 euro tutti gli assegni erogati, tenendo conto dell’intero nucleo famigliare, della soglia Isee e degli scaglioni ipotizzati dalle misure a sostegno del reddito; per esempio 2 coniugi con la minima non avrebbero diritto a 1.560 euro ( 780 euro per 2) ma a 1.170 euro cioè quanto previsto dal reddito di cittadinanza per le coppie senza figli; tale importo sarà poi ridotto in caso in cui i richiedenti abbiamo la casa di proprietà.

A cura di Clara Rampollo
Consulente del Lavoro 

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