Pensioni, nel 2023 sono state 764.90 in calo rispetto al 2022: i dati Inps

Secondo l’osservatorio INPS sul monitoraggio dei flussi di pensionamento, nel 2023 sono stati 764.90 gli assegni pensionistici erogati in totale, registrando un calo rispetto al 2022

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Secondo l’osservatorio INPS sul monitoraggio dei flussi di pensionamento, nel 2023 sono stati 764.90 gli assegni pensionistici erogati in totale dall’Ente Previdenziale, registrando un calo rispetto al 2022.

Vediamo, nel dettaglio, cosa dicono i dati.

Pensioni in calo nel 2023: i dati dell’Osservatorio INPS

Come riporta il monitoraggio INPS sui flussi di pensionamento 2022 e 2023, sono 865.948 le pensioni erogate con decorrenza nel 2022 e 764.907 quelle con decorrenza 2023. Non serve entrare troppo nel dettaglio, ma basta una rapida occhiata ai dati per capire che c’è stato un calo, rispetto all’anno precedente.

In particolare, per quanto riguarda le singole categorie, le pensioni con decorrenza 2022 sono state: 303.367 pensioni di vecchiaia (compresi gli assegni sociali), 260.483 pensioni anticipate, 53.747 pensioni di invalidità e 248.351 pensioni ai superstiti. Nel 2023: 296.153 vecchiaia, 218.584 anticipate, 46.462 invalidità e 203.708 superstiti.

Analizzando le singole gestioni, il FPLD ha totalizzato;376.753 pensioni nel 2022 e 327.558 nel 2023. Seguono la gestione dipendenti pubblici con rispettivamente 148.544 e 116.952, artigiani (92.141 e 83.900), commercianti (82.140 e 73.503), parasubordinati (42.425 e 41.431) e coltivatori diretti, coloni e mezzadri (39.872 e 33.024). Gli assegni sociali sono stati 84.073 nel 2022 e 88.539 nel 2023.

In tutte le gestioni, ad eccezione degli Assegni Sociali, già nel primo trimestre 2023 si era registrato un numero più basso di liquidazioni di pensioni rispetto al primo semestre del 2022.

Da un’analisi degli indicatori statistici effettuata dall’Istituto prima della fine dell’anno, infatti, era stato sottolineato già che che:

  • il rapporto tra le pensioni di invalidità e quelle di vecchiaia nel primo semestre 2023 è diminuito di 2 punti percentuali rispetto al precedente anno, risultando pari al 22%;
  • le pensioni anticipate rispetto a quelle di vecchiaia, in tutte le gestioni risultano più basse nel primo semestre 2023 rispetto all’anno 2022, attestandosi al 16% in più rispetto a quelle di vecchiaia;
  • la percentuale delle pensioni femminili su quelle maschili presenta, nel primo semestre 2023, un valore inferiore a quello del 2022, attestandosi al 117% (128% nel 2022);
  • il peso percentuale delle pensioni liquidate a residenti nel Nord Italia resta pressoché invariato (59% nel 2022 e 56% nel primo semestre 2023).

La spesa pubblica per le pensioni

Il report INPS fa luce anche su quelli che sono gli importi medi degli assegni erogati nel 2023, dandoci anche un quadro abbastanza dettagliato delle risorse pubbliche che sono stati destinati alla previdenza sociale.

Nello specifico, il totale delle pensioni con decorrenza nel 2022 è di 865.948, per un importo medio mensile alla decorrenza di 1.135 euro. Quelle con decorrenza nel 2023 sono state 764.907 in totale, per un importo medio di 1.140 euro. Tali valori si riferiscono alle pensioni di vecchiaia, agli assegni sociali, alle pensioni anticipate, a quelle di invalidità e a quelle ai superstiti delle gestioni considerate.

Queste cifre arrivano a seguito dell’ultimo avvertimento lanciato dall’OCSE all’Italia, dove – secondo gli esperti – nel 2025 la spesa per pensioni raggiungerà il 16,2% del Pil, la percentuale più alta tra i paesi dell’Organizzazione. Questo è stato sottolineato nel Report Pensions at a glance, che ha voluto sottolineare come la spesa pubblica pensionistica per il nostro Paese sia destinata a diventare sempre più insostenibile.

“I paesi con tassi di contribuzione più elevati – si legge nel report – spesso lo hanno fatto per prestazioni pensionistiche superiori alla media (come nel caso di Francia e Italia). Un livello più elevato di aliquote contributive – avverte l’Ocse – potrebbe danneggiare la competitività del dell’economia e una riduzione dell’occupazione totale”.

Da qui le sollecitazioni al Governo italiano, per mettere in campo riforme e proposte di legge in grado di evitare il tracollo finanziario e dare una contro spinta alla spesa per la previdenza sociale puntando su occupazione, crescita economica e nuovi programmi di sviluppo.