Una fotografia in chiaroscuro dove non mancano paradossi e criticità quella che viene fuori dai dati 2018 raccolti dal Casellario Centrale dei pensionati INPS ed elaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nel Settimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano.
Doppio assegno
Numeri alla mano, infatti, nel 2018 il 67,2% dei pensionati percepisce 1 prestazione, il 24,8% dei pensionati percepisce 2 prestazioni, il 6,7% 3 prestazioni e l’1,3% addirittura 4 o più prestazioni.
Il rapporto arriva proprio nei giorni in cui il Governo ha avviato il confronto con i sindacati per l’annunciata riforma delle pensioni, che, nelle intenzioni degli attori, coinvolti, vuole essere strutturale e soprattutto sostenibile mentre, al contempo, sono al vaglio diverse opzioni nessuna delle quali ancora definita per superare Quota 100 dopo la sua fase sperimentale che si concluderà alla fine del 2021. Ma non è escluso che lo stop arrivi prima.
Corre la spesa assistenziale
Mentre la spesa pensionistica è sotto controllo (225,5 miliardi nel 2018) appare “sempre più insostenibile” il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale che si attesta a 105,6 miliardi di euro nel 2018, (+4,3% annuo dal 2008) ed in aumento verso quota 110 miliardi nel 2019.
Nel 2018, l’insieme delle sole prestazioni assistenziali (prestazioni per invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra) totalmente a carico della fiscalità generale ha riguardato 4.121.039 soggetti, 38.163 in più rispetto allo scorso anno, per un costo complessivo di 22,350 miliardi, importo in costante aumento nel corso degli ultimi 8 anni. I beneficiari di prestazioni totalmente o parzialmente assistite sono 7.889.693, vale a dire il 49,3% dei pensionati totali.
Paradosso tutto italiano
“Fa oggettivamente riflettere che un Paese appartenente al G7 come l’Italia abbia quasi il 50% di pensionati totalmente o parzialmente assistiti (soggetti che in 66 anni di vita non sono riusciti a versare neppure 15/17 anni di contributi regolari) – ha commentato Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali – perchè questa situazione non sembra corrispondere alle effettive condizioni economiche italiane, tanto più che, a differenza delle pensioni finanziate da imposte e contributi, queste prestazioni gravano per 33,4 miliardi sulla fiscalità generale e non sono neppure soggette a imposizione fiscale. Il nocciolo del problema – prosegue – è che mentre le prestazioni previdenziali sono state ridotte a mezzo di stringenti riforme che hanno comunque colto l’obiettivo di stabilizzare la spesa, quelle assistenziali continuano ad aumentare sia per le continue “promesse” politiche sia per l’inefficienza della macchina organizzativa, priva di un’anagrafe centralizzata e di un adeguato sistema di controlli”.
Riforma, prosegue il confronto
Il tavolo tra Governo e sindacati sulle pensioni “si sta svolgendo all’interno di un clima molto collaborativo e costruttivo. Quindi, non ci sono contrapposizioni”, ha detto nei giorni scorsi il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, sottolineando che “I sindacati fanno le loro richieste, avanzano le loro legittime aspettative, il Governo farà una sintesi. Siamo solo all’inizio, febbraio è il primo mese di discussione. Si andrà avanti, immagino, per qualche mese. Si stanno ascoltando le parti su tutte le materie”