Il governo di Giorgia Meloni è pronto a intervenire sul sistema pensionistico italiano. Si lavora a un decreto del valore di 200 milioni di euro, che porterebbe alla blocco dell’aumento dell’età pensionabile. Come noto, infatti, senza ulteriori interventi, in virtù dell’aumentata aspettativa di vita degli italiani, a partire dal 1° gennaio 2027 i lavoratori potranno andare in pensione 3 mesi dopo.
L’Esecutivo assicura un intervento tempestivo, considerando che la voce di spesa richiesta non sembra essere proibitiva. Alcuni interventi potrebbero inoltre interessare anche i salari e l’acconto Irpef.
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In pensione prima con il decreto da 200 milioni
Stante l’attuale normativa, a partire dal 1° gennaio 2027 l’età pensionabile aumenterà di ulteriori tre mesi. Come detto, si tratta di un calcolo basato sulla maggiore aspettativa di vita dei cittadini italiani. La pensione di vecchiaia sarà dunque riconosciuta a 67 anni e 3 mesi. Per ciò che attiene alla pensione anticipata, invece, saranno necessari 43 anni e un mese di contributi, con le donne che potranno contare sullo sconto di un anno.
L’innalzamento dell’età pensionabile, si ricorda, segue un meccanismo di legge automatico, con i requisiti che si adeguano ogni due anni alla speranza di vita registrata nel Paese. Secondo l’Istat, nel biennio 2023-2024, questo fattore è aumentato in Italia di sette mesi rispetto ai due anni precedenti, con il risultato che è l’aumento indicato di 3 mesi per andare in pensione (valore massimo consentito dalla legge).
Il governo Meloni punta quindi a congelare questa crescita dei tempi pensionistici, con l’intervento che secondo il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon avrà un costo “non proibitivo” di 200 milioni di euro. Non sarebbe inoltre da escludere, come riferito da Repubblica, che il veicolo dell’intervento faccia parte di un nuovo decreto Primo Maggio.
Il problema degli esodati, chi sta rischiando
C’è un problema che si aggiunge, o per meglio dire si collega, all’allungamento dell’età pensionabile dal 2027, ovvero la posizione dei cosiddetti esodati. Si tratta di lavoratrici e lavoratori che hanno sottoscritto dei contratti di uscita anticipata con le proprie aziende nel periodo compreso tra il 2020 e il 2024.
Con l’allungamento dell’età pensionabile, si troverebbero nella condizione di non avere per tre mesi pensione, redditi e contributi versati. Secondo la Cgil, il numero totale di cittadini in questa condizione è pari a 44mila.
Sul tema si sono più volte espressi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il suo sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, intenzionati ora a far rientrare la tutela degli esodati nel decreto da 200 milioni. Tale cifra, per il responsabile delle politiche previdenziali della Cgil, Ezio Cigna, permetterebbe il buon esito dell’operazione.
Gli interventi su salari e Irpef
Oltre a quanto detto sull’età pensionabile, non sarebbero da escludere anche altri interventi per il mondo del lavoro all’interno del decreto da 200 milioni del Governo.
Il primo dovrebbe riguardare i salari, con l’introduzione di misure che possano fungere da incentivo al rinnovo dei contratti e alla contrattazione di secondo livello. Altre misure, infine, potrebbero riguardare la materia fiscale, con il focus sul blocco dell’errore del super acconto Irpef non calcolato sulle tre nuove aliquote, ma sulle vecchie, che sono quattro e più alte.