Negli ultimi dodici anni, il patrimonio immobiliare italiano ha visto un drastico aumento di ruderi ed edifici in rovina, un fenomeno che sta diventando sempre più comune in molte aree del Paese.
Secondo un’analisi condotta da Confedilizia, il numero di questi immobili è cresciuto del 123%, passando dalle 278.000 unità del 2011 a oltre 620.000 nel 2023. Un dato che, oltre a raccontare lo stato fisico di queste abitazioni, riflette il lento e progressivo declino di diverse aree, soprattutto rurali, ma non solo.
Frosinone: il centro di un fenomeno in espansione
La provincia di Frosinone si colloca al primo posto per numero di edifici in rovina, con quasi 32.000 immobili fatiscenti. Le città più piccole e le aree meno popolate sembrano dunque soffrire maggiormente di questo problema, che si lega spesso a un contesto di impoverimento economico e spopolamento.
Tuttavia, Frosinone non è l’unica zona colpita. Anche le province di Cosenza e Messina registrano numeri preoccupanti, con rispettivamente 22.974 e 18.537 edifici in rovina. In queste aree, la difficoltà nel mantenere le proprietà e la mancanza di investimenti sono fattori che contribuiscono al degrado del patrimonio immobiliare.
L’Imu e l’abbandono degli immobili
Uno degli elementi che ha contribuito all’incremento degli edifici fatiscenti è l’introduzione dell’Imu, la tassa sugli immobili, nel 2011. Se, infatti, tra il 2011 e il 2023 il numero complessivo di abitazioni è aumentato di appena il 6,5%, lo stesso non si può dire per i ruderi, il cui incremento ha superato il 120%. Questo salto ha coinvolto province che in precedenza contavano un numero limitato di immobili in abbandono, come Ferrara, dove si è registrato un aumento del 361%.
Confedilizia ha proposto una serie di misure per affrontare la situazione, tra cui l’esenzione totale dall’Imu per i comuni con meno di 3.000 abitanti, particolarmente colpiti da questo fenomeno. Si stima che tale intervento potrebbe avere un costo di 800 milioni di euro, ma rappresenterebbe un aiuto concreto per i piccoli proprietari immobiliari, spesso incapaci di sostenere i costi di mantenimento di strutture ormai in stato di rovina.
Secondo le stime, sarebbero necessari circa 50 milioni di euro per eliminare del tutto l’imposta sugli immobili inagibili o inabitabili, attualmente soggetti a una riduzione del 50%.
Le grandi città non sono immuni
Sebbene l’abbandono degli immobili sia più frequente nelle aree rurali, anche le metropoli italiane stanno registrando un aumento degli edifici in disuso. Roma, ad esempio, ha visto quadruplicare il numero di case fatiscenti, passando da 459 a 1.820 immobili in dodici anni. Milano ha invece registrato una crescita più contenuta, con un incremento del 30%, ma non è immune dal fenomeno.
Anche Napoli sta affrontando una situazione simile, con il numero di edifici in rovina che è triplicato negli ultimi anni, toccando quota 707. Tuttavia, è Palermo la città che detiene il triste primato tra le grandi aree urbane, con ben 3.810 ruderi presenti sul suo territorio.
Il peso del degrado sulle aree interne
Se l’incremento degli immobili fatiscenti è evidente nelle grandi città, il fenomeno diventa ancora più acuto nelle aree interne del Paese. Regioni del Sud, come Calabria e Sicilia, e zone montane del Nord, come il Piemonte, stanno vivendo una situazione particolarmente critica. Il declino demografico e l’assenza di opportunità economiche stanno trasformando molti di questi territori in veri e propri deserti immobiliari, dove gli edifici abbandonati si moltiplicano.
Il 90% di questi ruderi è costituito da proprietà private, spesso ereditate da persone che si sono trasferite altrove e non riescono più a mantenere gli immobili. Molte di queste strutture sono già inagibili, ma non ancora classificate come tali dal catasto, il che implica che i proprietari devono continuare a pagare l’Imu, aggravando ulteriormente il problema.