La quota di italiani che vive in una casa di proprietà ha raggiunto l’81,6%, il livello più alto registrato dal 2012. Il dato emerge dalle rilevazioni Istat rielaborate da Confedilizia e segna un incremento di 2,8 punti percentuali rispetto al 2019, ultimo anno prima della pandemia. In un contesto caratterizzato da una mobilità interna che coinvolge circa 1,4 milioni di persone l’anno, il risultato appare particolarmente significativo. Chi cambia città o regione con maggiore frequenza tende infatti a preferire l’affitto, eppure il numero dei proprietari continua a crescere.
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Il ruolo dell’invecchiamento della popolazione
Uno dei fattori che contribuisce all’aumento complessivo dei proprietari è l’invecchiamento della popolazione. La fascia degli over 65 è in crescita e presenta storicamente una percentuale elevata di famiglie proprietarie. Nel 2024, il 90,7% degli italiani con più di 65 anni vive in una casa di proprietà, un valore che rappresenta un massimo storico. Anche tra i 55 e i 64 anni la quota è molto alta, pari all’85,2%, a pochi decimali dai livelli dei primi anni Duemila. L’effetto demografico non è sufficiente da solo a spiegare l’evoluzione del dato complessivo. L’analisi per fasce d’età mostra infatti una dinamica più ampia e trasversale.
Più proprietari anche tra i giovani
Tra il 2019 e il 2024 la percentuale di proprietari è cresciuta in tutte le classi di età. Il dato più rilevante riguarda i giovani. Nella fascia sotto i 36 anni, la quota di chi vive in una casa di proprietà è salita dal 60,2% al 64,6%, con un aumento di 4,4 punti percentuali. Un andamento simile si registra tra i 35 e i 44 anni, dove i proprietari sono passati dal 66,6% al 71,1%. Si tratta di un’inversione di tendenza rispetto a quanto osservato nei primi anni Duemila, quando la proprietà della casa tra i giovani era progressivamente diminuita. Pur non avendo ancora raggiunto i livelli di vent’anni fa, la crescita recente segnala un cambiamento strutturale nelle scelte abitative delle nuove generazioni.
Famiglie e reddito: la casa non è più solo un privilegio
L’aumento dei proprietari riguarda anche la composizione familiare e il livello di reddito. Negli ultimi cinque anni la crescita è stata superiore alla media tra le famiglie con uno o due figli, rispettivamente +4,5% e +3,9%. Questo dato interrompe una fase precedente in cui la presenza di figli era spesso associata a una maggiore difficoltà di accesso alla proprietà. Ancora più significativo è l’andamento tra le famiglie con redditi più bassi. Tra il 20% più povero della popolazione, l’incremento dei proprietari tra il 2019 e il 2024 è stato del 7,7%. La quota è arrivata al 61,9%, un livello che non si registrava dal 2009. Secondo Confedilizia, questo indica che il possesso dell’abitazione principale è diventato meno irraggiungibile anche per le fasce economicamente più fragili.
Le differenze tra centro e piccoli comuni
L’analisi geografica conferma la diffusione del fenomeno. La crescita più marcata dei proprietari si osserva nei comuni classificati dall’Istat come periferie delle aree metropolitane, ovvero le cinture urbane delle grandi città. In queste zone l’aumento è stato del 5,7% tra il 2019 e il 2024. Anche nei centri delle metropoli si registra un incremento significativo, pari al 3,6%.
Questi dati suggeriscono che la proprietà della casa si sta consolidando non solo nei piccoli comuni o nelle aree tradizionalmente più accessibili, ma anche negli hinterland urbani, dove risiedono molte famiglie a reddito medio e medio-basso.