Dazi Usa sui formaggi: il Parmigiano vince, Pecorino romano in difficoltà

Le esportazioni dei formaggi italiani negli Usa sono colpite dai dazi di Trump. Il Parmigiano Reggiano potrebbe essere salvato dalla trattativa

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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Il terremoto dei dazi Usa colpisce l’agroalimentare italiano, ma con intensità diversa a seconda dei differenti prodotti.

Se da un lato il Parmigiano Reggiano e gli altri formaggi a pasta dura possono tirare un sospiro di sollievo, dall’altro lato il Pecorino romano, uno dei prodotti simbolo della cucina italiana nel mondo, si trova in difficoltà.

Pecorino romano vittima numero uno dei dazi Usa

L’introduzione di dazi al 15% (sottoscritti e ufficialmente in vigore dal 7 agosto) su tutti i formaggi italiani segna un passaggio delicatissimo per un comparto che da solo vale 26,6 miliardi di euro e che, con circa 500 milioni di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti, rappresenta una delle voci principali del nostro export extra-Ue.

Storicamente il Pecorino romano godeva di una corsia preferenziale negli Usa: nessun dazio, un vantaggio competitivo determinante che lo aveva trasformato nel re delle tavole americane tra gli amanti della carbonara e della cacio e pepe, e non solo fra gli italoamericani o i ristoranti a tema. Ma con le nuove regole la situazione si è ribaltata.

Prima il dazio era inesistente (0%), ora la tariffa base del 10% è destinata a salire al 15% dal 7 agosto. Giorgia Meloni ha ancora qualche giorno per trattare con Donald Trump, ma la strada pare in salita.

Una stangata stimata in 25 milioni di euro l’anno solo per questo prodotto, secondo le proiezioni di Assolatte, riportate dal Corriere della Sera che ha raggiunto Massimo Forino, direttore di Assolatte. Numeri pesanti, considerando che il Pecorino romano esporta 12 mila tonnellate l’anno negli Stati Uniti, pari a un terzo della sua produzione totale.

Pesa il dollaro svalutato

A rendere la situazione ancora più difficile contribuisce il contesto macroeconomico: il dollaro svalutato del 17% negli ultimi tre anni, l’inflazione americana e un aumento generale dei costi che ha già fatto salire i prezzi di vendita. Applicare nuovi dazi su prodotti già rincarati rischia di rallentare ulteriormente le vendite. E il vero test arriverà nei prossimi mesi, quando il mercato dovrà assorbire gli effetti combinati di incertezza, rincari e nuove tariffe.

Se per il Pecorino romano la partita è in salita, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano potrebbero uscire vincenti dalla trattativa tra Roma e Washington.

Prima dell’ultima revisione tariffaria, questi formaggi stagionati scontavano una tariffa del 25% alle dogane statunitensi. Il nuovo accordo negoziato dal governo italiano punta addirittura ad azzerare il dazio sul Parmigiano, consolidando la sua posizione di leader nel mercato Usa, già secondo per volumi dietro al Pecorino romano.

Un’eventuale esenzione totale, che dovrebbe entrare in vigore nei prossimi mesi (salvo imprevisti) rappresenterebbe una boccata d’ossigeno per i produttori emiliani e lombardi, che hanno visto calare le esportazioni nei mesi di incertezza tariffaria (meno 18-19% tra aprile e giugno). Un recupero del genere potrebbe non solo compensare le perdite recenti, ma persino aumentare i margini di profitto.

I formaggi freschi e gli altri

Se il governo italiano sembra aver ottenuto risultati concreti sui formaggi stagionati, il discorso cambia per le produzioni fresche: mozzarella, gorgonzola, burrata e stracchino restano fuori dalla lista delle esenzioni. Il segmento dei formaggi freschi, pur più piccolo rispetto a quello stagionato, è in forte crescita negli Usa: il mascarpone, ingrediente chiave del tiramisù, ha superato le 2.000 tonnellate l’anno, per un valore di 14 milioni di euro. Un dazio al 20% (raddoppiato rispetto al 10% precedente) rischia di rallentarne l’espansione.

Questa situazione lascia il comparto a due velocità: da una parte il Parmigiano che festeggia, dall’altra mozzarella e Pecorino che faticano a reggere la concorrenza sul mercato americano, dove prodotti simili locali hanno costi inferiori.