C’è un settore, a rischio, per mancanza di lavoratori

L'equazione occupazionale odierna è cambiata: in molti settori, infatti, manca personale e - nonostante la crisi - si fa sempre più fatica a trovare professionisti specializzati

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

L’equazione occupazionale odierna è cambiata e, guardandola da più angolazioni, sembra non allettare più i lavoratori: in molti settori, infatti, manca personale e – nonostante la crisi, l’aumento dei prezzi e la costante minaccia inflazionistica – le risorse umane fanno sempre più fatica a trovare professionisti specializzati. Ma quali sono i fattori che ci hanno portato a questo grande paradosso? Come si è arrivati al punto in cui da un lato abbiamo la disoccupazione che avanza e dall’altro appelli di aziende e imprese – nel settore pubblico e privato – che rischiano di fallire per mancanza di manodopera?

Grandi dimissioni e mancanza di lavoratori: cosa è cambiato dopo la pandemia

Negli ultimi mesi il numero dei posti disponibili è più o meno pari al numero dei disoccupati. Eppure, trovare candidati per ricoprire posizioni aperte è stato l’ostacolo principale all’operazione e alla ripresa delle piccole imprese che sono sopravvissute all’emergenza Covid. Basti pensare a quello che è successo nel settore turismo, con i lavoratori – specie i più giovani – che durante la pandemia, con le attività chiuse, si sono riversati in altri campi, spesso specializzandosi in attività diverse e abbandonando definitivamente i vecchi ruoli. Le imprese stagionali hanno così perso la manodopera principale e i datori di lavoro si sono ritrovati senza personale quando le restrizioni sono venute meno (di quelle che sono state poi le conseguenze ve ne abbiamo parlato qui).

I cambiamenti che hanno interessato il mercato del lavoro stanno diventando sempre più pronunciati, con molte persone che lasciano volontariamente la propria occupazione mentre la domanda di lavoratori aumenta con la riapertura delle economie. Non si tratta di casi isolati, tuttavia. Il fenomeno delle cd. “grandi dimissioni” (di cui vi abbiamo parlato qui) ha interessato moltissimi campi, scatenando un vero e proprio effetto a catana che ha coinvolto moltissimi settori produttivi. Di fatto, ci sono comparti dove sono centinaia i posti di lavoro disponibili, ma mancano professionisti a cui determinate attività si possono affidare.

Carenza di manodopera e di personale qualificato: quali le conseguenze per la ripresa economica post Covid

Secondo gli ultimi dati sul lavoro provenienti dalle proiezioni di Unioncamere e Anpal, il fabbisogno di lavoratori da qui al 2026 sarà di 1,3 milioni di persone, e se a questi si aggiungono i 2,8 milioni di lavoratori che andranno in pensione, in totale la domanda di lavoro sarà di 4,1 milioni di nuove assunzioni. All’offerta, però, non corrisponde una domanda adeguata. E questo è un problema, non solo italiano.

Sono molti infatti i paesi in tutto il mondo che stanno facendo i conti con questa carenza di lavoratori, che sta esacerbando le interruzioni della catena di approvvigionamento, con le industrie che lottano per la ripresa e a fatica ci riescono a causa di mancanza di personale e materie prime (del fatto che ci sono ormai cosa difficilissime da trovare ve ne avevamo parlato qui).

Gli economisti affermano che i cambiamenti demografici come l’invecchiamento e il pensionamento dei lavoratori sono un fattore alla base di queste carenze, così come i controlli alle frontiere e i limiti all’immigrazione e le richieste di una migliore retribuzione e accordi di lavoro flessibili. È come un cane che si morde la coda, perché alimenta un processo che interrompe le reti di produzione e fornitura sia locali che globali, ostacolando la crescita economica e causando carenze di prodotti e servizi per i consumatori.

Sanità a rischio per mancanza di lavoratori

Sebbene quasi tutti i settori siano in qualche modo colpiti dalla crescente carenza di manodopera, ci sono alcuni settori in cui l’impatto è maggiore. Tra qui, il sistema sanitario nazionale sembra essere quello più esposto al rischio collasso.

A livello globale, l’International Council of Nurses avverte che fino alla metà dell’attuale forza lavoro infermieristica potrebbe lasciare la professione entro i prossimi anni. Questo problema potrebbe portare a una crisi globale in meno di un decennio. In Italia invece, secondo il rapporto Anpal-Unioncamere, il fabbisogno occupazionale del settore medico-sanitario tra il 2022 e il 2026 sarà di 44 mila unità all’anno. Ad oggi risultano introvabili il 47% di medici, il 42% di infermieri e fisioterapisti, il 38% di altri professionisti sanitari e sociali.

Quando si verifica una carenza di manodopera, significa che i datori di lavoro hanno difficoltà a reclutare candidati qualificati per le opportunità di lavoro disponibili. Non ci sono abbastanza candidati per ricoprire i ruoli per cui stanno assumendo e i pochi candidati disponibili sono difficili da trovare.

Tuttavia, la carenza di manodopera può essere più complicata. Alcuni lavori sono più difficili da riempire e alcuni settori hanno tempi più difficili di reclutamento e mantenimento dei dipendenti rispetto ad altri. La forza lavoro nel settore sanitario è una questione di importanza nazionale e sta raggiungendo una crisi in molte parti del paese. Recentemente, per esempio, il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha siglato un accordo con il governo cubano per assumere poco meno di 500 medici a tempo indeterminato proprio per far fronte alla gravissima carenza di personale sul territorio.

In futuro, secondo i dati Anpal, la domanda del comparto sanitario sarà concentrata sui tecnici della salute (che comprendono infermieri, fisioterapisti, radiologi, tecnici di laboratorio), medici e professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali. Tuttavia, bisogna fare una premessa: mentre per molti settori, come quello tech e digital, la causa del problema è da ricercarsi nella mancanza di persone qualificati (ci sono tanti posti di lavoro ma mancano persone in grado di svolgere attività specializzate, qui quelle più ricercate), nel comparto sanitario la questione è un po’ più spinosa.

Lo ha denunciato più volte Anaao – Assomed, l’associazione medici, secondo cui un buon 78% degli iscritti alle Facoltà di Medicina in Italia riesce a laurearsi, ma i posti per i percorsi di specializzazione coprono solo il 43% dei laureati. Questo vuol dire che più della metà dei medici che hanno completato il primo percorso di studi poi non riesce ad accedere alla specializzazione per mancanza di posto, oppure perché non sono stati pubblicati abbastanza bandi, mancano le risorse e quindi non possono essere reclutati da ospedali e aziende sanitarie territoriali.

L’attuale panorama occupazionale è un territorio inesplorato ma è ormai ovvio che il lavoro così come inteso fino ad ora necessita di una riprogettazione. Guidare con offerte di formazione mirate, adeguare i “requisiti di esperienza” per ruoli più specifici e personalizzare l’approccio alla ricerca di lavoro in tutte le opportunità possibili sono ottimi modi per evitare la crisi. Altrimenti il rischio è che molti – specie i migliori – fuggano all’estero, peggiorando ancora di più l’attuale situazione.