Permessi 104, licenziamento illegittimo anche se l’investigatore ha le prove

Scopri perché un licenziamento può essere annullato se il datore non consegna al dipendente il report investigativo. Tutto quello che devi sapere sui permessi legge 104 e sul diritto di difesa

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

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Come confermato da una solida giurisprudenza, il datore di lavoro può licenziare un suo dipendente sleale e non rispettoso delle direttive aziendali, dimostrandone le responsabilità con attività di indagine affidate a un’agenzia investigativa. La casistica a riguardo è ampia in tema di abusi di permessi previsti dalla legge 104, ma attenzione a rispettare il diritto di difesa del dipendente durante la fase disciplinare e anteriore, quindi, alla decisione di infliggere la massima sanzione aziendale.

Una pronuncia della Suprema Corte, Sezione Lavoro, la n. 24558/2025 di pochi giorni fa, spiega che va reintegrato il lavoratore che, pur accusato di aver violato le prescrizioni in tema di benefici per l’assistenza di familiari con disabilità grave, non venga informato tempestivamente della relazione investigativa redatta nei suoi confronti. Vediamo da vicino caso e decisione della Cassazione, perché contiene interessanti indicazioni valide per la generalità dei rapporti di lavoro.

Il caso concreto, il ricorso ai detective e la violazione commessa dall’azienda

Avendo sospetti sul corretto utilizzo dei permessi 104 per assistere i genitori non autosufficienti, un datore di lavoro aveva deciso di spiare un dipendente, servendosi delle prestazioni professionali di detective. Questi ultimi, per accertare gli abusi, pedinarono l’uomo, raccolsero elementi utili e ne registrarono i comportamenti al di fuori dell’ufficio.

Dal materiale ottenuto ed esibito dall’agenzia investigativa, l’azienda trasse gli elementi utili per licenziare per giusta causa il lavoratore, che però si oppose all’esito disciplinare in tribunale.

In particolare, l’uomo evidenziò la condotta dell’azienda, che, invece di informarlo subito del report realizzato dei detective, lo nascose durante il procedimento disciplinare, successivo alla relativa contestazione e preliminare all’eventuale emissione della sanzione conservativa o espulsiva.

Il datore in effetti mostrò gli elementi di prova a danno del dipendente soltanto durante il processo vero e proprio e, dunque, ben oltre la data della contestazione disciplinare. Come accertato nel corso del procedimento innanzi al giudice, all’epoca il dipendente chiese di visionare le risultanze delle attività investigative, ma il datore rispose con un secco no.

Perché la Cassazione conferma l’annullamento del licenziamento

Configurando una violazione del diritto di difesa nella fase di contestazione dell’abuso nei permessi 104, questo comportamento ebbe conseguenze nella disputa giudiziaria, tanto che in secondo grado la magistratura concluse con la sentenza di annullamento del licenziamento e la condanna al reintegro con il pagamento di 12 mensilità a titolo risarcitorio.

I magistrati di piazza Cavour non si sono poi discostati dall’esito del giudizio di merito. Non comunicare le conclusioni dell’indagine e impedire al dipendente di visionare il report, per difendersi nel procedimento disciplinare, è una imperdonabile mancanza che vanifica alla radice il licenziamento stesso.

Per legge, rimarca la Cassazione, la contestazione di una violazione disciplinare deve descrivere in modo dettagliato i fatti, proprio per consentire al dipendente accusato di abusi di preparare una solida difesa e non subire una sanzione preconfenzionata.

Invece, sottraendo il documento scritto alla visione del lavoratore, è stato negato il pieno esercizio di una delle garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori e nei contratti collettivi.

In sostanza, l’azienda ha agito al di sopra dei confini stabiliti dalla legge, commettendo essa stessa un’irregolarità tale da invalidare il recesso unilaterale per giusta causa. Non bastava infatti presentare gli elementi di prova innanzi al giudice, quando le norme di diritto del lavoro lo prevedono – e anzi lo impongono – già nel procedimento disciplinare.

La mancata prova dell’autorizzazione dei detective e la flessibilità dei permessi

Non solo. In cornice, a discapito dell’azienda emersero anche altri due elementi:

  • il datore non fu in grado di dimostrare l’effettiva autorizzazione allo svolgimento delle attività di investigazione da parte dei soggetti in precedenza incaricati (ciò depotenziava sensibilmente il materiale di prova a disposizione dell’azienda);
  • l’azienda non aveva pianificato e organizzato con rigore la fruizione delle ore e dei giorni dei permessi 104 insieme al lavoratore e ne era conseguita una sorta di “flessibilità” di utilizzo di cui non poteva essere ritenuto colpevole lo stesso dipendente, a maggior ragione non avendo possibilità di difendersi.

L’orientamento dei giudici favorevole al beneficiario dell’agevolazione è peraltro aderente a quel concetto di assistenza indiretta, ammesso in vari casi dalla giurisprudenza della Suprema Corte.

Usare legalmente i permessi 104 non significa infatti dover essere, ogni minuto, nelle immediate vicinanze del familiare con disabilità grave da accudire. L’assistenza, infatti, è sia diretta e continuativa che attuabile mediante forme di supporto a distanza, come ad esempio uscire per comprare medicinali o generi alimentari per l’assistito. Ed è possibile anche solo di notte.

Permessi 104
📌 Il caso Dipendente accusato di abuso dei permessi 104 pedinato da detective privati
🚫 Errore del datore L’azienda ha nascosto il report investigativo durante il procedimento disciplinare
⚖️ Principio stabilito Il lavoratore va reintegrato: senza accesso alle prove, è violato il diritto di difesa
📑 Obblighi del datore La contestazione disciplinare deve descrivere i fatti in modo dettagliato
Il report investigativo va consegnato subito al dipendente per consertirgli la difesa
📊 Risultato del giudizio Licenziamento annullato
Reintegro del dipendente
12 mensilità di risarcimento
🏠 Uso legittimo dei permessi 104 Non serve stare fisicamente con il familiare con disabilità
L’assistenza può essere indiretta
🛡️ Cosa può fare il lavoratore Richiedere subito copia del report investigativo
In caso di rifiuto, rivolgersi a un avvocato o sindacato
Conservare prove e comunicazioni per un’eventuale causa

Che cosa cambia e cosa fare se l’azienda nasconde il report

Con la sentenza n. 24558 la Cassazione ha spiegato che, qualora un’azienda contesti l’abuso dei permessi 104, non può nascondere al proprio dipendente il contenuto della relazione redatta dai detective che lo hanno pedinato.

Se lo fa e usa le relative prove soltanto nel processo vero e proprio, rende illegittimo il licenziamento per violazione del diritto di difesa e anche se il lavoratore ha effettivamente abusato dei benefici di legge.

La pronuncia della Corte chiarisce che la mancata condivisione del report investigativo, prima dell’avvio del procedimento disciplinare, danneggia le facoltà difensive del lavoratore, specialmente nei casi in cui l’accusa appaia altrimenti generica e non consenta l’identificazione precisa delle violazioni compiute.

In circostanze come queste, il dipendente può infatti difendersi soltanto facendo affermazioni generiche e senza essere in grado di contestare, ad esempio, la qualità e pertinenza delle foto scattate dai detective o l’esatta interpretazione dei suoi spostamenti.

Concludendo, se un un lavoratore sospetta che l’azienda stia nascondendo un report investigativo (utilissimo in tanti casi pratici e anche quando un dipendente svolga mansioni in esterna), è importante che ne richieda al più presto una copia integrale ai suoi superiori.

In caso di rifiuto, può rivolgersi a un avvocato o al sindacato per tutelare il proprio diritto di difesa nel successivo procedimento disciplinare. In ogni caso, sarà buona regola conservare tutte le comunicazioni e prove per preparare al meglio un’eventuale azione giudiziaria.