Che cos’è e come difendersi dalla contestazione disciplinare

Che cos'è una contestazione disciplinare e come è possibile opporsi alle sanzioni del datore di lavoro? Come comportarsi di fronte a un richiamo scritto

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Nel corso della propria vita lavorativa, può accadere di ricevere una lettera di contestazione disciplinare dal proprio datore di lavoro e non sapere come comportarsi per contestare il richiamo.

È dunque importante sapere innanzitutto di cosa si tratta di preciso e quali sono le possibili conseguenze di un procedimento disciplinare, attivato da parte dell’azienda con cui sussiste un contratto di lavoro.

Se vuoi saperne di più su questi argomenti e sui diritti del lavoratore, procedi con la lettura: vedremo insieme il significato di contestazione disciplinare e come opporsi ad essa.

Che cosa si intende per contestazione disciplinare

Una lettera di contestazione disciplinare non è altro che un documento, che il datore di lavoro invia a un proprio dipendente per avviare un procedimento disciplinare, ossia un’indagine in merito a eventuali comportamenti illeciti tenuti dal lavoratore nello svolgimento delle proprie mansioni.

In virtù del contratto in essere tra le parti, infatti, il lavoratore è tenuto a rispettare il regolamento aziendale e le leggi in vigore, a pena di possibili sanzioni per i comportamenti scorretti o non conformi agli obblighi di fedeltà e di diligenza nei confronti dell’azienda.

La lettera di contestazione è obbligatoria per legge al fine di applicare le sanzioni, perciò il datore di lavoro è tenuto a inviarla anche quando ha tutti gli elementi a sostegno delle accuse, ossia nel caso in cui abbia già raccolto tutte le prove contro il dipendente. O meglio, la lettera in oggetto è obbligatoria in tutti i casi in cui la contestazione degli illeciti comporta sanzioni disciplinari più gravi del mero rimprovero verbale.

Ciò risponde al principio stabilito dalla legge, per il quale – in ogni caso – deve essere data l’opportunità al lavoratore di potersi difendere dalle accuse mosse contro di lui ed evitare l’eventuale sanzione.

L’invio del richiamo disciplinare deve essere fatto tempestivamente, ossia immediatamente rispetto:

  • alla commissione del fatto contestato
  • alla piena conoscenza dell’infrazione da parte del datore di lavoro

In sostanza, non deve sussistere un lasso di tempo troppo esteso tra la commissione del fatto da parte del dipendente e l’avvio del procedimento disciplinare. Infatti, il decorso di un periodo notevole rispetto alla realizzazione del fatto da parte del lavoratore potrebbe ledere il diritto di difesa di quest’ultimo – o quantomeno renderne più impegnativo l’esercizio.

Requisiti della lettera di contestazione disciplinare

Per essere valida ai fini di leggi, la contestazione disciplinare deve possedere alcuni requisiti fondamentali:

  • deve essere redatta in forma scritta e subordinata alla prova di ricevimento da parte del dipendente (invio a mezzo raccomandata A/R o raccomandata consegnata a mano controfirmata per accettazione)
  • deve contenere tutte le informazioni specifiche rispetto ai fatti contestati, affinché il lavoratore possa difendersi

Non è esclusa la possibilità, per il datore di lavoro, di inserire nella contestazione anche comportamenti precedenti che, pur non essendo alla base dell’eventuale licenziamento, contribuiscono ad aggravare la posizione del dipendente.

Se questi, infatti, ha più volte posto in essere una stessa azione dannosa per il datore di lavoro nell’arco dei due anni, può incorrere nella cosiddetta recidiva che andrà a pesare sull’entità delle sanzioni disciplinari.

Come difendersi dalla lettera di richiamo disciplinare

Ricevuta la lettera di richiamo disciplinare, il lavoratore può, entro 5 giorni, presentare la propria difesa con atto scritto – consegnato di persona o inviato a mezzo raccomandata A/R – e richiedere di essere ascoltato oralmente. L’azienda, di fronte a tale richiesta, non può applicare la sanzione senza prima aver sentito l’interessato, a pena di illegittimità della stessa. Il lavoratore o la lavoratrice potranno farsi assistere da un sindacato.

Al termine di tale fase difensiva, il datore di lavoro potrà assumere le sue decisioni in merito all’esito del procedimento, tornando sui suoi passi in caso di errore, oppure adottando le sanzioni previste dalla legge.

Queste possono essere di vari tipi:

  • ammonizione scritta per le infrazioni di scarsa gravità
  • multa con trattenuta in busta paga per un importo massimo pari a 4 ore di retribuzione
  • sospensione dal servizio per massimo 10 giorni, con relativa sospensione della retribuzione
  • trasferimento ad altra sede o reparto.

Come contestare la sanzione disciplinare

La sanzione disciplinare può essere contestata dal lavoratore richiedendo la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato per ottenere la revoca o la conversione del provvedimento. Tale richiesta può avvenire o tramite Ispettorato territoriale del lavoro, o per mezzo di organizzazione sindacale oppure in maniera diretta. Essa sospende il procedimento fino alla sua conclusione.

Le sanzioni impugnabili con ricorso all’arbitrato sono quelle che riguardano ammonizioni verbali, ammonizioni scritte, multe e sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. Una volta ricevuta la richiesta del lavoratore, l’Ispettorato provvederà a nominare un collegio di conciliazione composto da tre membri, scelti uno dal dipendente, uno dal datore di lavoro e l’altro di comune accordo oppure dal direttore dell’ufficio. Se il datore di lavoro non nomina il suo rappresentante in collegio entro 10 giorni, la sanzione decade in maniera automatica.

Da notare altresì che alcuni Ccnl prevedono che il provvedimento disciplinare debba essere preso entro un certo numero di giorni dall’invio delle giustificazioni scritte del dipendente – tipicamente 10 giorni.

Il collegio di conciliazione, effettuate tutte le opportune valutazioni, può confermare, modificare o revocare il provvedimento.

Tale decisione ha valore di lodo arbitrale irrituale e può essere impugnata dinanzi al giudice solo nei casi espressamente previsti dall’art. 808-ter c.p.c., ossia:

  • invalidità della convenzione arbitrale o delle nomine degli arbitri;
  • violazione delle regole previste dalle parti;
  • violazione del principio del contraddittorio.

In alternativa alla conciliazione, è sempre possibile rivolgersi direttamente al giudice del lavoro, per impugnare il provvedimento disciplinare.