Permessi 104, con uso improprio scatta il licenziamento: la Cassazione conferma 

Il lavoratore in permesso 104 va licenziato in tronco per giusta causa qualora sfrutti i suoi permessi per svolgere continuativamente attività estranee alla cura del disabile

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 7 Aprile 2025 11:24

L’abuso dei permessi garantiti dalla Legge 104 apre la porta al licenziamento per giusta causa del lavoratore, come sancito da una recente sentenza della Corte di Cassazione.

Nella loro valutazione del caso specifico (che fa giurisprudenza e che dunque segna un punto fermo nel diritto del lavoro), gli Ermellini hanno stabilito che il lavoratore che chieda un permesso 104 per assistere un familiare malato non può, invece, utilizzare il tempo concessogli per sue attività private e continuative. Un esempio perfetto è lo svolgimento di un secondo lavoro.

Il caso

Un dipendente in permesso 104, anziché assistere la suocera in gravi condizioni di salute, andava a lavorare nell’agenzia della moglie. Con l’ordinanza n. 8342 del 30 marzo 2025, i giudici della Sezione Lavoro hanno sanzionato questo tipo di comportamento.

Per le toghe, il rapporto fiduciario col datore di lavoro viene compromesso qualora i permessi per l’assistenza a familiari con gravi disabilità vengano utilizzati per scopi estranei alla loro funzione.

Il caso risale al 2017, quando un datore di lavoro aveva ingaggiato investigatori privati per dare corpo ai propri sospetti. I detective privati avevano seguito gli spostamenti del lavoratore, certificando la sua attività parallela. Il datore di lavoro aveva così provveduto a licenziare il sottoposto, il quale, però, era ricorso al giudice del lavoro, esibendo un certificato medico che attestava lo stato di disabilità della suocera.

In primo grado, il Tribunale di Bari aveva dato ragione al lavoratore, annullando il licenziamento e imponendo il reintegro. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva ribaltato la sentenza, evidenziando la mancanza di un nesso logico tra l’ammontare delle ore fruite in permesso 104 e l’effettiva assistenza prestata, che era stata giudicata occasionale e poco significativa. La parola fine è stata infine posta dalla Cassazione. Confermata la sentenza d’Appello, respingendo in via definitiva il ricorso del dipendente.

Nell’ordinanza viene specificato come l’assistenza a un familiare ammalato non debba avvenire esclusivamente fra le mura domestiche. È concesso uscire di casa ma solo per:

  • fare la spesa;
  • andare in farmacia;
  • recarsi dal medico;
  • svolgere altre attività, purché siano tutte esercitate nell’interesse del familiare disabile.

Possibile inoltre uscire per attività private, purché siano sporadiche. Altrimenti, si configura un uso distorto della Legge 104 che legittima il licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore licenziato è stato inoltre condannato al pagamento delle spese legali, pari a 4.700 euro.

Permessi e Legge 104, cosa dice la normativa

Tirando le somme, dalla sentenza della Cassazione emergono due punti fermi:

  • i permessi 104 non equivalgono alle ferie;
  • le attività ammesse sono solo esclusivamente quelle legate alla cura del disabile;
  • dedicarsi ad altre attività rompe il vincolo fiduciario fra lavoratore e datore di lavoro, che legittima il licenziamento per giusta causa.

Altre sentenze sulla 104

Di recente, la Cassazione ha emesso una serie di altre sentenze sulla Legge 104. Secondo la giurisprudenza:

  • l’uso dei permessi 104 non deve essere concordato con l’azienda, ma va comunicato. In mancanza, il licenziamento è illegittimo;
  • è possibile uscire di casa per attività personali (come lo shopping) ma solo se sporadiche e di breve durata;
  • l’assistenza al familiare disabile si concretizza anche svolgendo attività fuori di casa, purché siano svolte in nome, per conto e nell’interesse del familiare;
  • è possibile rivendere l’auto di famiglia, acquistata a condizioni agevolate per l’assistenza al malato, ma solo alle condizioni specificate dalla Legge 104 (articolo 1, comma 37), oppure in caso di acquisto di un nuovo veicolo, in caso di migliorate condizioni di salute del malato o in caso di eredità.