La maxi deduzione assunzioni 2024 porterà vantaggi assai limitati al mondo dell’imprenditoria italiana: ne beneficerà solo il 5,6% del totale delle aziende, con quote più elevate nelle costruzioni (7,9%) e nella manifattura (8%). Il beneficio andrà crescendo in base alle dimensioni aziendali. Lo mette nero su bianco l’Istat, che boccia le misure fiscali del governo per il settore produttivo. Ma non è tutto: secondo l’Istituto, l’Ires sarà più alta di oltre il 10% nel 2024 a causa dello stop all’Ace, l’incentivo alla capitalizzazione denominato Aiuto alla crescita economica: ne risulteranno svantaggiate dal 25,3% al 38% delle imprese, a seconda del settore considerato.
Ires 2024 più alta
L’Istat ha comunicato le sue proiezioni con la nota del 5 luglio 2024 sugli “Effetti dei provvedimenti fiscali sulle imprese – Anno 2024”. Nota che arriva a stretto giro dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo del superbonus sulle assunzioni. L’analisi prende in considerazione in particolare gli effetti della tassazione dei redditi delle società di capitali alla luce del superbonus per le nuove assunzioni e dell’abolizione dell’Ace.
L’Istat ha effettuato delle simulazioni sulle misure fiscali indicate nel Decreto legislativo n. 216/2023 relativo alla riforma dell’Ires e delle altre imposte sui redditi. Da tali simulazioni risulta un aumento dell’Ires, l’Imposta sui redditi delle società, che raggiungerà il 10,2% nel 2024. Il prelievo è destinato ad aumentare in misura più elevata per le imprese appartenenti agli altri servizi (15,6%) e per quelle che, secondo un indicatore di sostenibilità economica e finanziaria, risultano “a rischio” e “fortemente a rischio” (oltre 20%).
Per le sue proiezioni, l’Istat ha preso in considerazione 970.000 imprese attive nel 2021, a cui corrispondono circa 953.000 contribuenti a fini Ires e 44,8 miliardi di imposta.
Ace eliminata dal 2024
L’Aiuto alla crescita economica ha cessato di essere in vigore dall’1 gennaio 2024. L’addio all’Ace porterà a uno svantaggio sull’Ires per il 25,3% delle aziende considerate. Ma la quota di aziende svantaggiate salirà al 33% nella manifattura e al 38% nei servizi di pubblica utilità. Lo svantaggio fiscale arriverà dalla eliminazione della deducibilità della remunerazione figurativa del capitale proprio (nuove azioni e autofinanziamento).
L’Istituto statistico ha così ridimensionato, di fatto, lo slogan “più assumi e meno paghi” con il quale il governo aveva lanciato il suo piano per le imprese.
Nel 2024 il governo ha introdotto una maggiorazione del 20% della deduzione del costo del lavoro incrementale per le assunzioni a tempo indeterminato. Si passa al 30% in caso di ingresso in azienda di lavoratori svantaggiati. Questa la misura che ha preso il posto dell’Ace.
Più debiti per le imprese
Gli indicatori del carico d’imposta sui fattori produttivi, scrive l’Istat, evidenziano come l’abrogazione dell’Ace rende il ricorso al capitale proprio più oneroso del 2,5% rispetto al capitale di terzi. Questo spingerà le imprese a caccia di liquidità più verso l’indebitamento che verso una loro maggiore patrimonializzazione.
Donne, giovani e Mezzogiorno
Il carico fiscale totale che i datori di lavoro dovranno sostenere per l’assunzione delle donne risulterà inferiore a partire da settembre 2024, rispetto al 2023, dopo l’entrata in vigore della nuova politica di coesione. Il beneficio fiscale per l’assunzione di giovani sarà invece nel 2024 inferiore rispetto al 2023. Per l’assunzione di dipendenti nelle regioni del Mezzogiorno, la riduzione del carico fiscale complessivo per il datore di lavoro sarà maggiore rispetto al 2023, ma solo per le imprese fino a 10 dipendenti.