Max Mara è stato accusato da alcune dipendenti di aver creato un ambiente di lavoro ostile, ma il gruppo non ci sta. Dopo aver ricevuto contestazioni anche dal sindacato Cgil e dal sindaco di Reggio Emilia, ha preso una decisione: abbandonare il progetto “Polo della Moda”.
L’uscita dal progetto comporta una perdita significativa per la città, che nei giorni scorsi si è attivata per ascoltare le lavoratrici che hanno denunciato le condizioni di lavoro. Secondo il presidente del gruppo Max Mara, però, si tratta di dichiarazioni false. La vicenda è approdata in Parlamento, con il Ministero del Lavoro che ha confermato le irregolarità denunciate. Ma il gruppo Max Mara è fermo nella sua scelta: non ci sono le condizioni per proseguire nel progetto da 100 milioni di euro.
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Accuse di sfruttamento e mobbing
Nello stabilimento di San Maurizio, presso l’azienda Manifatture controllata dalla casa di moda Max Mara, le lavoratrici venivano insultate, pagate a cottimo e non potevano liberamente recarsi in bagno. Queste sono le denunce delle 52 dipendenti rivolte al gruppo. Una condizione di presunto sfruttamento e mobbing che ha spinto la Cgil a organizzare proteste e scioperi.
Le lavoratrici sono state ascoltate anche dal sindaco di Reggio Emilia, al quale hanno riportato accuse gravi, come toni aggressivi e insulti. In alcune dichiarazioni, le dipendenti avrebbero riferito di essere state chiamate “schiave”, “obese” e persino “mucche da mungere”.
La “ripicca” del gruppo
Vista l’attenzione suscitata dalla vicenda, la decisione di Max Mara è stata definita una “ripicca”. Il presidente Luigi Maramotti ha formalizzato la scelta in una lettera indirizzata al sindaco Marco Massari.
Con questa lettera si chiude, almeno per il momento, la vicenda dello stabilimento di San Maurizio. Maramotti scrive di una decisione “definitiva e irrevocabile” sulla partecipazione al progetto del Polo della Moda.
Per difendere la reputazione del gruppo da “una campagna caratterizzata da disinformazione, sensazionalismo e superficialità”, Max Mara rinuncia a un investimento da 100 milioni di euro, cruciale tanto per la città di Reggio Emilia quanto per l’indotto dell’intero territorio.
La motivazione, si legge nella lettera, è questa:
È francamente impossibile immaginare di realizzare il progetto in un clima di divisione e strumentalizzazione come quello che si è progressivamente venuto a creare.
Per molti si tratta di una vera e propria ritorsione da parte del presidente, contrariato dall’atteggiamento del sindaco, che non solo ha ricevuto le lavoratrici in municipio, ma aveva auspicato un miglioramento delle relazioni tra dipendenti e azienda. Il gruppo ha risposto negando “il clima lesivo della dignità delle persone, come confermato dall’intervento pubblico di una folta rappresentanza di lavoratrici della manifattura di San Maurizio”.
Ci sono infatti circa 68 lavoratrici che, a differenza delle loro colleghe, difendono l’operato della struttura, parlando di un ambiente curato, pulito e rispettoso dei diritti dei dipendenti. Il sindaco ha deciso di incontrare anche questa delegazione per chiarire la posizione, ma da Max Mara sembra non esserci alcuna volontà di tornare a dialogare sul progetto del Polo della Moda.
Il caso in Parlamento
Per Cristin Sesena, segretario generale della Cgil di Reggio Emilia, la decisione appare strumentale e incomprensibile. La vertenza delle lavoratrici, infatti, non dovrebbe influire sul piano urbanistico, approvato lo scorso 23 giugno. Inoltre, dalle sue dichiarazioni emerge che la Cgil non ha mai chiesto di subordinare l’approvazione del progetto alla risoluzione dei problemi interni alla struttura.
La vicenda è arrivata anche in Parlamento, dove il deputato di AVS Marco Grimaldi ha richiesto un’informativa urgente alla ministra Calderone, denunciando come “i padroni, offesi nell’orgoglio, abbiano reagito con una ripicca”.
Marco Grimaldi ha inoltre tuonato: “I padroni farebbero bene a non mostrare arroganza”, soprattutto dopo la conferma delle irregolarità. È stata la viceministra del Lavoro, Maria Teresa Bellucci, a confermare che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ricevuto nei mesi scorsi diverse segnalazioni e ha quindi acceso una lente di ingrandimento sulle problematiche interne all’azienda.