Periodicamente, i sindacati pongono l’attenzione sulla situazione di chi svolge mansioni di lavoro soltanto in determinati periodi dell’anno, come cuochi o camerieri. In particolare, tali associazioni denunciano la situazione dei lavoratori stagionali in Italia, tra contratti irregolari, contributi non pagati, stipendi bassi e riposi non concessi.
Nel corso di questo articolo cercheremo insieme di fare il punto della situazione, per capire quali sono le attuali criticità nell’ambito del lavoro stagionale, così come recentemente evidenziate anche dalla Cgil sul proprio sito web ufficiale. Forniremo alcuni numeri e percentuali significative e ricapitoleremo insieme le principali problematiche. Ecco i dettagli.
Lavoro stagionale, numeri e percentuali di un fenomeno complesso
Il 13 maggio 2024 sul sito web ufficiale della Cgil sono stati pubblicati numeri assai interessanti, che ci ricordano quanto il lavoro stagionale sia diffuso nel paese – e abbisogni dunque di tutele garantite e diritti certi. Il sindacato informa sul fatto che sono poco più di 650.000 (650.989) gli occupati legati ad attività stagionali, riportando un dato rilevato dall’Inps nel 2022.
Come rimarcato da Cgil, i dati Inps mostrano altresì quali sono i settori lavorativi a più alto tasso di stagionalità:
- 60% per l’alloggio e ristorazione
- 11% per l’attività artistica, intrattenimento, divertimento con
- 7% per le agenzie viaggi, noleggio, servizi alle imprese
Spicca una sostanziale parità del numero di lavoratori, per sesso. Infatti il 50.5% sono donne e il 49.5% uomini. Senza sostanziali differenze in termini di giornate lavorate, la retribuzione annuale media per gli uomini è di 8.793 euro e di 7.265 euro per le donne.
Orari di lavoro ‘gonfiati’, assunzioni in nero e stipendi da fame
In tema di lavoro stagionale, anno dopo anno si ripresentano le stesse problematiche, così come chiarito nelle numerose notizie di cronaca che riguardano casi di abusi e irregolarità da parte dei datori di lavoro.
Già alcuni fa evidenziavamo che in Italia le condizioni di lavoro degli stagionali, come bagnini, baristi e addetti alle attività in albergo, non sono delle migliori. In troppi casi, infatti, nei contratti firmati le ore di lavoro non corrispondono a quelle effettive, che sono molte di più di quelle indicate.
In altri casi, gli stagionali sono assunti in nero. Le paghe sono basse – si arriva addirittura 3 euro all’ora – e il più delle volte si lavora per tutta la stagione senza giorno di riposo.
Chiaramente tutto ciò si ripercuote sulla sfera psicofisica del lavoratore e della lavoratrice, costretti a lavorare per un numero di ore molto maggiore rispetto a quello ordinario, ma anche ha conseguenze sul piano retributivo e contributivo. Insomma, colui o colei che lavora stagionalmente si trova a non veder tutelati i propri diritti.
La denuncia di Cgil in tema di lavoro stagionale
Da anni questa è la situazione denunciata dai sindacati, tra gli altri Filcams Cgil. Secondo l’associazione, la maggior parte dei lavoratori stagionali spesso lavora nascosta agli occhi del Fisco – come gli immigrati senza permesso di soggiorno – oppure è assunta con contratti part-time che non corrispondono al vero, perché prevedono un numero di ore giornaliere ben superiore al semplice part-time – spesso fino a 8-9 ore e senza riposto settimanale.
Lo stipendio di uno stagionale in genere si aggira intorno agli 800 o 1000 euro al mese. Sicuramente troppo poco, considerato l’impegno profuso.
Le condizioni di lavoro vengono stabilite dal datore, con poche o nessuna possibilità per il lavoratore di far valere le sue scelte. Si accettano le condizioni imposte o si rinuncia. Le irregolarità sono difficili, se non impossibili, da scoprire perché dovrebbero essere denunciate dal lavoratore che dovrebbe avere anche dei testimoni per confermare la sua versione.
Le denunce, poi, non vengono presentate per il timore di ritorsioni, con il rischio di perdere il lavoro e di non trovarne uno nuovo, soprattutto nelle piccole località.
Alcuni anni fa segnalammo che, secondo la Filcams Cgil, addirittura il 95% dei contratti stagionali di lavoro non sarebbe in regola.
Gli scarsi controlli non aiutano ad individuare e prevenire gli abusi
La percentuale appena citata è indicativa di una pratica generalizzata di abuso, sebbene non possa essere dimostrata fino in fondo perché mancano le denunce e i controlli. Pertanto la piaga delle irregolarità nel lavoro stagionale perdura.
I controlli degli ispettori del lavoro sono rari, perché le risorse degli ispettorati scarseggiano (scopri qui le loro funzioni). Mentre la Guardia di Finanza può intervenire solo su segnalazione e di solito esegue controlli a campione.
Le fiamme gialle, poi, possono contrastare il lavoro nero ma non i contratti irregolari, per i quali bisognerebbe rivolgersi ai sindacati e al giudice del lavoro.
Conseguenze degli abusi e irregolarità: alcuni esempi pratici
Il lavoratore stagionale quando lavora di più di quanto indicato nel contratto, inoltre, perde una parte dei contributi, delle ferie, del tfr e anche della Naspi, ovvero l’indennità di disoccupazione, tutti elementi che si calcolano sulle ore lavorate e sulla durata del contratto.
L’ultima nota dolente è rappresentata dal pagamento dello stipendio che raramente avviene con mezzi tracciabili come il bonifico sul conto corrente, piuttosto viene corrisposto in contanti. Si tratta di un altro modo per realizzare l’elusione fiscale e contributiva, denuncia il sindacato. Eppure lo stipendio in contanti è oggi vietato, salvo poche eccezioni nelle quali non rientrano i lavoratori dipendenti stagionali.
Insomma, anche nel 2024 il lavoro stagionale continua a soffrire degli stessi problemi di sempre, vivendo una condizione che la Cgil continua a denunciare e su cui interviene con la contrattazione e la vertenzialità. Se ogni anno i datori di lavoro si lamentano che non riescono a trovare lavoratori stagionali, forse una spiegazione c’è.