Gli operai dell’ex Ilva si preparano allo sciopero del prossimo 16 ottobre. I sindacati si sono riuniti presso gli stabilimenti dell’ex Ilva di Genova e Novi Ligure e a Taranto si è riunito il consiglio di fabbrica allargato alle confederazioni e alle rappresentanze intercategoriali dell’indotto del territorio.
Fim, Fiom, Uilm e la Rsu di tutti gli stabilimenti hanno informato i lavoratori sui preparativi per la mobilitazione in risposta al silenzio del Governo sulla crisi dell’ex Ilva. A chiamare lo sciopero è stato in particolar modo l’atto unilaterale, definito “grave”, sulla concessione della cassa integrazione che ha autorizzato l’incremento del 50% delle unità, da 3.062 a 4.450, senza accordo con i sindacati. Mai come prima d’ora c’è incertezza sulla continuità produttiva e sulla cessione del gruppo, dopo aver appreso di un possibile spezzettamento. Il ministro Urso ha risposto al question time negando tale possibilità.
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Verso lo sciopero del 16 ottobre dell’ex Ilva
I sindacati hanno chiamato gli operai e si sono riuniti per aggiornarli sullo sciopero del 16 ottobre 2025. I segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella, hanno accusato il governo di un “inaccettabile silenzio” sul caso dell’azienda.
Nella dichiarazione congiunta si apprende che:
È il momento di scelte chiare: il Governo assuma la guida dell’ex Ilva con un forte intervento pubblico che guidi la transizione e il rilancio di un’azienda ormai al collasso.
Dagli uffici stampa dei sindacati emerge la piena consapevolezza della gravità della situazione, dell’incertezza sulla continuità produttiva e dell’incognita sulla cessione del gruppo, dopo aver appreso delle offerte dei fondi finanziari speculativi per l’intero asset. I lavoratori stessi hanno mostrato la volontà di riprendere la mobilitazione per riavere un tavolo a Palazzo Chigi e discutere del futuro degli stabilimenti. Una volontà che si concretizzerà il 16 ottobre con lo sciopero.
A grande richiesta, non spezzare il gruppo: un capitale pubblico dovrà impegnarsi per garantire la transizione e un futuro lavorativo, dei livelli occupazionali, alla collocazione a tempo indeterminato o in cassa integrazione.
Bedrock propone minori esuberi
Il fondo Bedrock Industries, che ha avanzato una delle offerte per il gruppo Acciaierie d’Italia, si dice disposto a una parziale marcia indietro sul numero di lavoratori da mantenere all’interno del gruppo. Si punta a una transizione senza traumi, abbassando di qualche migliaio il numero precedentemente confermato di 7.000 esuberi e trovando accordi per nuovi ammortizzatori sociali, nuova occupazione e spostamento dei dipendenti.
Bedrock avrebbe confermato l’offerta da 1 euro per l’acquisizione, promettendo un investimento di 6 miliardi da dividere però con lo Stato, per il risanamento e la completa decarbonizzazione della fabbrica, da realizzare con il sostegno di Dri d’Italia (partecipata al 100% da Invitalia, società per lo studio della sostenibilità e la realizzazione di impianti di produzione di direct reduced iron) per l’approvvigionamento dei futuri forni elettrici.
Urso dice no alla scissione
Al question time al Senato, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha negato la possibilità di uno “spezzatino” del gruppo ex Ilva. “Il governo ha sempre lavorato a un piano unitario nel quadro di un veloce processo di riconversione ambientale”, dichiara.
Ha poi spiegato che sono giunte due proposte per l’intero compendio e che i commissari le stanno analizzando. È falso, quindi, come riportano alcune fonti, che si stia lavorando a una good company e a una bad company e che non esista un piano di scissione, ma una negoziazione in corso che i commissari stanno portando avanti con l’obiettivo della piena decarbonizzazione e conversione green degli impianti, fino a tornare a produrre 6 milioni di tonnellate in futuro.