Stipendio durante le ferie, spetta l’importo pieno? I chiarimenti della Cassazione

Le ferie costituiscono un diritto fondamentale dei dipendenti, ma c'è chi si domanda se stipendio spettante sia lo stesso oppure no. La risposta della Suprema Corte

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 5 Ottobre 2024 18:00

Il diritto alla retribuzione è alla base di qualsiasi rapporto di lavoro, rappresentando il corrispettivo per la prestazione svolta dal dipendente. Tuttavia, in materia possono talvolta sorgere alcuni dubbi sull’effettivo ammontare dell’importo durante le ferie. Come è noto nei periodi di stacco dall’attività lavorativa, il contratto collettivo riconosce comunque il diritto alla retribuzione, ma in una recente controversia – giunta al vaglio della Corte di Cassazione – il datore di lavoro aveva contestato proprio la spettanza ‘integrale’ della somma mensile.

Di seguito vedremo i principali aspetti dell‘ordinanza n. 25840 del 27 settembre scorso, con cui la Suprema Corte offre interessanti indicazioni alle parti di un contratto di lavoro e aiuta a capire come funziona l’erogazione del compenso.

La vicenda in sintesi

Con sentenza della Corte d’appello veniva rigettato l’appello del datore di lavoro contro la sentenza di tribunale che – in accoglimento della domanda del dipendente – aveva condannato la società datrice al pagamento delle differenze retributive, relative al periodo di ferie godute dallo stesso lavoratore negli anni 2016/2021, per il complessivo ammontare indicato (oltre accessori dalla maturazione al soddisfo).  In sostanza il dipendente aveva ottenuto una retribuzione minore di quella dovuta.

Come si può leggere nell’ordinanza della Cassazione, in appello il giudice aveva infatti considerato che il dipendente:

in relazione ai periodi di fruizione delle ferie annuali […] non aveva percepito una retribuzione equiparabile alla retribuzione corrisposta nei periodi di servizio, in quanto non aveva ricompreso l’indennità perequativa, l’indennità compensativa e il ticket mensa”.

Contro la decisione del secondo grado, favorevole al lavoratore perché di fatto gli riconosceva il diritto alla retribuzione integrale o piena anche nel periodo di ferie, la società datrice ha effettuato ricorso in Cassazione, sostenendo che le indennità fossero collegate esclusivamente alla presenza effettiva sul posto di lavoro.

Il diritto alla retribuzione integrale

Nell’ordinanza del 27 settembre scorso si precisa che la Corte d’appello – circa la questione della retribuzione durante il periodo feriale – aveva richiamato i principi giurisprudenziali espressi dalla stessa Cassazione in alcune sentenze di qualche anno fa. Inoltre questo giudice, sulla scorta degli accordi collettivi applicabili, aveva ritenuto che le indennità in oggetto erano state attribuite per compensare gli specifici disagi legati alle mansioni svolte.

Pertanto per la Corte d’appello:

appariva chiara ed evidente l’intenzione di correlare il riconoscimento delle due indennità agli obblighi connessi alla natura dei compiti, delle funzioni e delle prestazioni svolte.

Non solo. La Cassazione ha fatto riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha stabilito che – nell’ambito del periodo delle ferie annuali retribuite – il lavoratore deve incassare una retribuzione pari a quella dei periodi di lavoro effettivo.

In sostanza ciò significa che quanto erogato nel periodo di ferie deve comunque includere anche voci, componenti e indennità collegate alle mansioni di cui al contratto e alla retribuzione ordinaria.

La natura non accessoria delle indennità

Confermando quanto indicato dalla Corte d’appello, la Cassazione ha così ribadito che le indennità spettanti al lavoratore non erano meramente accessorie, ma parte integrante della retribuzione ordinaria, in quanto strettamente correlate allo status professionale del dipendente.

Come aveva correttamente già affermato il giudice del secondo grado, infatti, tali indennità compensavano i disagi legati alle specifiche attività lavorative svolte, e conseguentemente andavano versate anche per il periodo delle vacanze e del recupero delle energie psicofisiche.

Il rilievo chiave della giurisprudenza comunitaria

La Suprema Corte ha sottolineato che le sentenze della Corte di Giustizia UE, che fissano il principio di parità retributiva durante le ferie, hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale. Ne consegue che ogni norma o interpretazione nazionale che si opponga a tale principio non può essere applicata.

Ai principi della giurisprudenza comunitaria si è così allineata la Cassazione che, come rimarcato nell’ordinanza in oggetto:

in più occasioni ha ribadito che la retribuzione goduta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 2003/88/CE […] per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore.

Inoltre la piena corresponsione della retribuzione nelle ferie mira a non disincentivare l’esercizio del diritto al riposo annuale.  Infatti, come si legge nell’ordinanza, grazie alla giurisprudenza comunitaria:

ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore nell’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione.

Ogni incentivo o sollecitazione che, per ambizioni di profitto o per motivi di sfruttamento, risulti orientato a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo. Quest’ultimo infatti si propone di garantire ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della salute e sicurezza (ed evitare gravi rischi come quello del burnout).

In caso di disputa in tribunale, se l’azienda ha cercato di abusare del suo potere ai danni del personale, si troverà così di fronte ad un provvedimento favorevole al dipendente.

Che cosa cambia

Sono tante le possibili questioni in materia di ferie, come ad es. in caso di ferie revocate all’ultimo minuto o di ferie extra senza avvisare il capo. In questo caso, ai sensi dell’ordinanza Cassazione del 27 settembre scorso, si è precisato che la retribuzione delle ferie deve comprendere tutte le voci, indennità e componenti economiche che il lavoratore riceve, tipicamente, nei periodi di lavoro attivo. Per i lavoratori in sostanza non cambia nulla, o meglio questo provvedimento della Cassazione non fa che ribadire una linea consolidata e l’obiettivo di non creare disincentivi all’esercizio del diritto alle ferie, garantito in Costituzione.

In ragione di ciò la Suprema Corte ha così rigettato il ricorso proposto dalla società datrice di lavoro, considerando dovute le richieste differenze retributive.