Molestie sessuali sul lavoro, 2 mln di donne vittime: quando è reato, cosa fare, come denunciare

I dati Istat sulle molestie sessuali sul lavoro indicano numeri da non sottovalutare. I principali casi pratici e le indicazioni su come ottenere giustizia

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Le problematiche che possono inquinare un rapporto di lavoro sono potenzialmente davvero tante. Basti pensare -ad esempio – ai ai demansionamenti, o ai casi di mobbing o ancora alla diffamazione, oggi resa più facile dagli strumenti informatici e dai social network. Ma non c’è soltanto questo.

Gli ultimi dati Istat pubblicati – ed inclusi nella periodica indagine sulla sicurezza dei cittadini – fanno il punto sugli episodi integranti molestie sessuali in ufficio, presentando un quadro che sicuramente merita qualche riflessione.

Di seguito li vedremo insieme, cogliendo lo spunto rappresentato dal comunicato ad hoc dell’istituto di statistica ma, al contempo, sfrutteremo altresì l’occasione per spiegare – e ricordare – che cosa si intende giuridicamente per molestia sessuale e come può agire il lavoratore o la lavoratrice, vittime di ‘attenzioni’ indesiderate. Ecco cosa sapere a riguardo.

Molestie sessuali sul luogo di lavoro: i numeri aggiornati di Istat

Il fresco comunicato stampa di Istat è assai chiaro a riguardo: in riferimento al periodo 2022-2023 ben il 13,5% di donne lavoratrici o che hanno lavorato (15-70 anni) è stata vittime di molestie a sfondo sessuale sul lavoro. L’analisi offre in parallelo anche la percentuale riguardante gli atti molesti, subiti dagli appartenenti al sesso maschile: per essi la percentuale si ferma al 2,4%, segnalando tuttavia che il problema – seppur in misura minore – esiste anche tra gli uomini.

Altro dato numerico che colpisce particolarmente è quello relativo al numero di persone che hanno subito almeno una molestia sul lavoro – di qualsiasi tipo – nel corso della vita: Istat indica ben 2,322 milioni di persone, con una percentuale schiacciante – 81,6% – di donne, ossia circa un milione e 900mila lavoratrici.

L’istituto sottolinea altresì che le molestie sessuali sul lavoro colpiscono prevalentemente le giovani donne, 21,2% nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni – contro il 4,8% dei coetanei uomini. Di poco più bassa è l’incidenza percentuale delle donne di età inclusa tra i 25 e i 34 anni (18,9% contro il 3,7% degli uomini). Interessante altresì notare che limitatamente agli ultimi tre anni precedenti la rilevazione del 2022-2023, le quote si fermano al 4,2% per le donne e l’1% per gli uomini.

Nel comunicato stampa visibile sul proprio sito web ufficiale, l’istituto di statistica ricorda che le molestie sessuali costituiscono una vasta categoria di atti irriguardosi verso una persona con la quale si dovrebbero, invece, mantenere dei sani rapporti di natura professionale ed, eventualmente, di amicizia. Per le vittime, invece, sguardi offensivi, offese, proposte indecenti, fino ad atti più gravi come la molestia fisica hanno rappresentato – e rappresentano – una forma di violenza assolutamente ingiustificata e che non ha nulla a che fare con le dinamiche di un ambiente di lavoro sano e in cui tutti i diritti dei lavoratori – e delle lavoratrici – sono garantiti e rispettati.

Istat – sempre molto attiva nella pubblicazione dei dati (specialmente in materia di occupazione) – segnala altresì il calo di molestie più ‘tradizionali’ quali il pedinamento e l’esibizionismo, ma permangono diffuse le molestie fisiche, i messaggi e le proposte inappropriate, come pure la condivisione indesiderata di immagini ‘osé’ sui social.

Cosa sono le molestie sessuali sul lavoro: esempi pratici

Dal punto di vista giuridico le molestie sessuali costituiscono un sottoinsieme delle molestie di genere, e hanno una connotazione di maggior gravità. Fondamentalmente si tratta di atti o comportamenti indesiderati, collegati alla sfera sessuale della vittima e concretizzati in forma fisica, verbale o non verbale.

Due sono gli elementi essenziali che connotano tali atti. Infatti l’autore delle molestie sessuali mira:

  • a violare, in modo discriminatorio, la dignità della vittima – di sesso femminile o maschile – instaurando di fatto un clima tossico, umiliante e degradante;
  • a ottenere solitamente favori sessuali o comunque considera l’ipotesi.

Tra gli esempi di molestie sessuali sul lavoro troviamo i baci del collega troppo invadente, i pizzicotti, gli strofinamenti con parti del corpo, le carezze non richieste e ovviamente le aggressioni e le azioni ostili che possono anche sconfinare nel vero e proprio stupro (e recentemente abbiamo parlato del caso choc di una manager licenziata pur essendo vittima di quest’ultimo)

Attenzione però, integrano le molestie sessuali anche le parole troppo ‘spinte’ in un complimento, le frasi a doppio senso, le allusioni come pure i commenti volgari o gli scherzi a contenuto osceno. A maggior ragione le proposte sessuali non gradite, gli inviti ambigui e i ricatti a sfondo sessuale sono tutti esempi di molestie. Basti pensare al selezionatore che promette il posto di lavoro, soltanto se la candidata accetta una proposta indecente o al capo che assicura un avanzamento di grado, soltanto in caso di accettazione di un rapporto sessuale.

Occhio però anche alle mail e alle lettere, o agli sguardi persistenti e provocatori: la giurisprudenza ha più volte affrontato questo delicato tema, chiarendo che nella categoria in oggetto rientrano anche comportamenti non verbali molesti. Pertanto mantenere self control, educazione e rispetto in ufficio sarà la ricetta vincente per evitare possibili denunce o richieste di risarcimento danni.

La denuncia della molestia sessuale

Forse non tutti sanno che, al momento, il diritto penale italiano non prevede una fattispecie ad hoc per le molestie sessuali in ambito lavorativo. Ciò significa che non esiste un vero e proprio reato di molestie sessuali sul lavoro, ma attenzione: a livello giurisprudenziale tali sgradevoli atti sono stati, a seconda della gravità e delle modalità dei comportamenti molesti, ricondotti in distinti reati.

Per esempio nei casi di molestie gravi sul lavoro, concretizzatisi in toccamenti di zone erogene, i giudici hanno ritenuto integrato l’illecito penale della violenza sessuale (art. 609-bis Codice Penale). Basti pensare, tra le tante, alla sentenza Cassazione n. 36704 del 2014. Invece altra giurisprudenza ha configurato il reato di violenza privata in quei casi in cui la molestia sul lavoro si è concretizzata nel ricattare la lavoratrice, ponendola più volte di fronte alla scelta tra il sottomettersi alle avances e il perdere il posto di lavoro.

Quel che deve essere chiaro è che, alla luce di ciò, colei o colui che subisce atti e comportamenti che possono integrare gli estremi delle molestie sessuali, sarà certamente libero di denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine e intraprendere le vie legali, assistito da un avvocato penalista. Ovviamente maggiori saranno gli elementi di prova (ad es. foto, messaggi, registrazioni audio, testimonianze) e più alte saranno le probabilità di ottenere celermente giustizia, portando alla condanna di chi si è reso penalmente responsabile con le molestie sessuali in ufficio.

Perciò è sempre bene conservare i messaggi sullo smartphone o le registrazioni di telefonate con contenuti espliciti, come pure segnare l’orario e il luogo della molestia sessuale sul lavoro. Anche la presenza di testimoni del fatto lesivo andrebbe annotata, per poi utilizzarla a fini difensivi in processo.

Ricordiamo altresì che talvolta nelle aziende vi sono delle procedure di segnalazione interna delle molestie, per agire con ancor più tempestività. A questo proposito possono essere utili anche i sindacati e l’Ispettorato del Lavoro. Anche la parola di conforto di qualche collego amico o amica potrebbe essere d’aiuto.

Molestie sessuali sul lavoro risarcimento

La Cassazione ha offerto un orientamento guida: l’abuso sessuale è sempre causa – per la vittima –  di ferite, morali e psicologiche, che molto spesso non si sanano più. La propria vita si ‘macchia’ di un fatto penalmente rilevante in cui l’autore si è reso responsabile di un permanente danno biologico (scopri come calcolarlo), come ad es. quello legato ad un sinistro stradale o ad un’aggressione fisica molto grave.

In sintesi ciò vuol dire che dalle molestie sessuali sul lavoro può scaturire una doppia responsabilità:

  • penale, con il rischio di vedersi inflitta la condanna al carcere;
  • civile, con il rischio di dover risarcire economicamente il danneggiato o la danneggiata.

Sarà compito del giudice chiamato a decidere la causa, considerare i criteri di calcolo del risarcimento danni a chi ha subito molestie sessuali sul lavoro, tenendo conto di tutte le varie voci di danno patito. Basti pensare ad es. al danno morale o al danno biologico, su cui copiosamente si è espressa la giurisprudenza nel corso degli anni. Ricordiamo perciò che la vittima di una violenza di questo tipo potrà veder riconosciuto il suo diritto al risarcimento sia per la sofferenza emotiva susseguente al fatto, sia per la lesione materiale all’integrità psico-fisica.

Cosa fare per ottenere il risarcimento danni

Considerata la delicatezza e la complessità di non pochi casi integranti molestie sessuali sul lavoro, come pure la difficoltà di addivenire ad una precisa determinazione del risarcimento, non potrà che spettare ad un legale specializzato la scrittura degli atti a difesa e sostegno della vittima degli abusi, come pure l’individuazione di tutti gli elementi probatori utili ad una sentenza favorevole.

Ricordiamo infine che la vittima potrà costituirsi parte civile nel processo penale, per dimostrare il danno subìto. In altre situazioni invece potrebbe rivelarsi necessario far partire un secondo processo presso il tribunale civile (ad es. nel caso in cui il giudice penale abbia fissato meramente il pagamento di un acconto, ossia la cd. provvisionale).