Maternità nel mondo: diritti e tutele per le mamme lavoratrici all’estero

Come funziona la maternità nel mondo? Il quadro delle tutele delle mamme lavoratrici all'estero

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Il diritto del lavoro, ovviamente, non è lo stesso a tutte le latitudini. Cambiano le regole e cambiano le tutele, anche per le lavoratrici che partoriscono e incrementano le dimensioni del nucleo familiare. Nel mondo, la maternità viene tutelata in vario modo.

In alcuni casi le mamme possono stare a casa fino a tre anni, in altri il congedo di maternità non è previsto dal contratto di lavoro o comunque non retribuito. Vediamo insieme alcune situazioni specifiche in base al paese, che ci aiuteranno a capire un po’ meglio come la legge, nel mondo, protegge questa fase così delicata della vita di una donna lavoratrice.

Maternità nel mondo: tutele sì o no?

Partiamo dal conoscere i diritti e le tutele della maternità nel nostro Paese, l’Italia: le donne lavoratrici in gravidanza hanno diritto a cinque mesi di astensione obbligatoria, che possono essere suddivisi in 2 mesi più 3 dopo il parto o un mese dalla nascita del bambino, per rimanere a casa fino al quarto mese di vita.

Il congedo di maternità, ossia di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici subordinate durante la gravidanza e il puerperio, consiste in un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che, dal 2019, può anche essere pari a 5 mesi subito dopo il parto. Anche in questo caso, come nel congedo flessibile 1+4, vi deve essere una specifica autorizzazione da parte del medico del Ssn avallato dal medico competente, che comprovi l’assenza di rischi per la madre e per il nascituro.

Da notare altresì che quello al congedo di maternità – da non confondere con il congedo parentale (i cui importi cambiano nel 2024) – oltre ad essere un obbligo del datore di lavoro, è altresì un diritto indisponibile per la lavoratrice. Questo significa che in alcun caso l’astensione può essere oggetto di rinuncia, neanche a seguito di una certificazione medica comprovante le condizioni di buona salute della lavoratrice.

Durante il congedo obbligatorio, lo stipendio delle donne lavoratrici è pari all’80%, pagato dall’Inps. Di riferimento, anche per questo istituto, sono e restano le disposizioni di dettaglio di cui al Ccnl di categoria.

Regno Unito

All’estero, la maternità viene concessa e misurata in un certo numero di settimane. Nel Regno Unito, uno dei paesi più virtuosi, si può arrivare a un massimo di 52 settimane: 26 di astensione obbligatoria al 90% dello stipendio fino alla sesta settimana, poi si passa a un valore fisso garantito a settimana per il resto dell’astensione.

Se la madre ha lavorato per almeno 26 settimane a circa tre mesi dalla data del parto, allora avrà diritto ad altre 26 settimane di congedo parentale, valido anche per i genitori adottivi.

Francia, Olanda, Spagna e Turchia

Parlando di Paesi europei oltre i nostri confini le condizioni cambiano: in Francia, Olanda e Spagna – come anche in Turchia – il congedo di maternità è di soli 112 giorni. Le donne parigine, per esempio, possono assentarsi dal lavoro 6 settimane prima del parto e presentarsi al lavoro dopo 10, con stipendio mensile pieno: bisogna però calcolare che i bimbi piccoli hanno diritto all’asilo nido tutto il giorno.

Germania

In Germania, le settimane di maternità sono pari a 14, pagate al 100% dello stipendio. Si può altresì chiedere un congedo parentale pagato fino a 36 mesi e per i primi 14 mesi, dopo il congedo obbligatorio e si corrisponde il 67% dello stipendio.

Non tutte le donne possono beneficiare del congedo di maternità. Infatti ad es. non vale per le casalinghe, le libere professioniste o le imprenditrici. Tipicamente quest’agevolazione inizia normalmente sei settimane prima della data prevista del parto e finisce otto settimane dopo, tuttavia vi sono eccezioni.

In ipotesi di parto prematuro (bambino nato con peso al di sotto dei 2.500 g), di parto gemellare o con complicazioni (disabilità) il termine post partum è pari a 12 settimane. Se il parto è anticipato di qualche giorno, il termine post partum è pari a 8 settimane con aggiunta la differenza in giorni tra data del parto avvenuto e data programmata. In questo lasso di tempo la lavoratrice deve rispettare il divieto di occupazione, ma può scegliere di lavorare fino a poco prima del parto, invece non può tornare sul posto di lavoro dopo il parto.

Stati Uniti

Negli USA non esiste un vero e proprio congedo di maternità: se la mamma lavoratrice è sotto contratto per un’azienda con almeno 50 dipendenti e solo se il suo monte orario è full time, allora il Family and medical leave act copre un congedo di 12 settimane, comunque non retribuito.

Il dato è significativo: gli Stati Uniti sono il solo paese con un’economia avanzata, nel quale le lavoratrici non possono contare sul congedo retribuito, se non in rari casi. Abbiamo appena detto che il Family and Medical Leave Act garantisce 12 settimane di congedo, ma non sempre è utilizzato – evidentemente per ragioni economiche legate alla non retribuzione del periodo. Chi può non lavorare, evidentemente se lo può permettere per il tenore di vita.

Inoltre, secondo quanto riportato dal Corriere nel 2024, in America una donna su quattro torna al lavoro dopo sole due settimane dal parto.

Se negli Usa non c’è una legge davvero ‘garantistica’, tuttavia l’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog) consiglia alle donne di osservare un periodo di riposo pari ad almeno sei settimane dopo il parto, per il benessere del neonato ma anche per la propria salute.

Sulla scorta dei numeri più aggiornati, inoltre, emerge che negli States soltanto il 17% delle donne ha accesso a un congedo pagato dallo Stato. A pubblicare ciò è il Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti, ma a tale scenario si aggiunge il commento degli osservatori, secondo cui ad essere ancora più penalizzate sarebbero le famiglie non di pelle bianca.

Arabia Saudita e Papua Nuova Guinea

Alcuni anni fa notavamo che anche in Arabia Saudita e Papua Nuova Guinea i diritti delle madri lavoratrici non sono iper-protetti: nella penisola arabica troviamo infatti un congedo retribuito pari a 70 giorni, mentre in Oceania vi sono sei settimane di congedo, non retribuito.

Concludendo, dopo questo rapido viaggio in alcuni paesi del mondo, si può dunque notare come in Italia, almeno sul piano del congedo di maternità per il lavoro subordinato, la situazione è sicuramente migliore che altrove.