Perché i padri usano poco gli strumenti di congedo per stare con i figli appena nati? Una delle risposte, che nel tempo vede sempre meno consenso, è che la cura dei piccoli spetta alle mamme. Agli uomini il compito di portare la cosiddetta pagnotta a casa. Ancora nel 2024, infatti, il tempo di lavoro di cura all’interno di un nucleo familiare tradizionale continua a essere sbilanciato. Le donne dedicano in media 5 ore e 5 minuti al giorno a lavori non retribuiti, mentre gli uomini appena un’ora e 48 minuti. Un dato positivo è che il coinvolgimento degli uomini nelle responsabilità genitoriali continua a crescere. A questi, per i quali gli attuali strumenti di congedo parentale non bastano più, la Manovra 2025 prova a dare una risposta.
Sempre più uomini vogliono essere padri accudenti
Il sistema culturale nel quale gli uomini italiani sono immersi non permette loro di pensarsi “padri accudenti” troppo a lungo. Il congedo di paternità (differente dal congedo parentale), così ristretto nei tempi, ne è sia una causa che una conseguenza al tempo stesso.
Qualcosa sta cambiando e in Italia si sta procedendo verso una maggiore condivisione delle responsabilità genitoriali. A mettere degli ostacoli sul cammino è lo stesso congedo di paternità obbligatorio (per il datore di lavoro concederlo, non per il neo papà richiederlo), che ha un limite di soli 10 giorni. Questi possono essere utilizzati tra i due mesi precedenti e i cinque mesi successivi al parto.
In ogni caso, dal 2013 al 2022, secondo gli ultimi dati dell’Inps, la percentuale di padri che usufruisce del congedo di paternità è più che triplicata:
- nel 2013 meno di 1 padre su 5 (il 19,25%, pari a 51,745 padri);
- nel 2022 più di 3 padri su 5 (il 64,02% pari a 172,797 padri).
Nell’accesso al congedo ci sono però importanti differenze geografiche ed economiche da tenere in considerazione. Infatti i dati più alti arrivano dalle province settentrionali e tra coloro che hanno un reddito più elevato. Non meno incisivo, anche per il concetto stesso di stabilità economica necessaria per avere dei figli, chi accede al congedo di paternità è quasi sempre un neo papà con contratto a tempo indeterminato e che lavora nella pubblica amministrazione (34,1% secondo dati del 2021).
Sostegni alla genitorialità: strumenti 2024-2025
Dal rapporto “Le Equilibriste – la maternità in Italia 2024” emerge che, nelle varie aree di intervento previste nel Family Act, soltanto la riforma che ha introdotto l’Assegno unico universale è stata realizzata (a partire dal marzo 2022, quindi prima ancora dell’entrata in vigore della legge delega c.d. Family Act, il 12 maggio 2022) e poi integrata dall’attuale governo sia nel 2023 che nel 2024 con maggiorazioni per determinate tipologie familiari. La legge delega del Family Act aveva provato a
sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, contrastare la denatalità, valorizzare la crescita armoniosa delle bambine, dei bambini e dei giovani e favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile.
Il disegno di legge però era solo parziale, ma soprattutto senza coperture certe. La legge di Bilancio 2024 ha introdotto alcuni interventi mirati, proseguendo quanto fatto, con un focus sui congedi parentali e sugli sgravi fiscali delle lavoratrici e madri. Per i congedi parentali si prevedeva un ulteriore mese retribuito all’80% per i neo genitori.
- per le neo mamme si apriva l’opportunità di restare a casa con il neonato uno o due mesi in più con una retribuzione quasi piena (e non al 30%) o di fruire negli anni successivi del congedo parentale fino al 6° anno d’età del figlio (mentre i congedi retribuiti al 30% si possono richiedere fino ai 12 anni);
- il congedo parentale aggiuntivo retribuito all’80% può essere goduto dalla mamma o dal papà, sempre nei primi 6 anni del bimbo.
Resta però invariato il numero di giorni del congedo di paternità obbligatorio (10 giorni più 1 facoltativo) che spetta ai lavoratori dipendenti nei primi 5 mesi di vita del bambino, retribuiti al 100%. Secondo il rapporto, sarebbe stato importante aumentare il periodo e anche allargare la platea degli aventi diritto.
La Manovra 2025 prevede alcune novità:
- i genitori che hanno terminato il congedo di maternità o di paternità (obbligatorio o alternativo) dopo il 31 dicembre 2023, possono ricevere l’indennità all’80% della retribuzione per i primi tre mesi di congedo parentale, anziché per i soli due mesi come nel 2024;
- l’indennità maggiorata dell’80% è estesa fino al sesto anno di vita del bambino, purché il congedo di maternità o di paternità sia terminato dopo il 31 dicembre 2023 e il 31 dicembre 2024.
Per capire le novità in arrivo attraverso un esempio, prendiamo un bambino nato il 20 novembre 2023 e il relativo congedo parentale nel 2024 e 2025.
Nel primo caso: congedo dal 21 novembre 2023 al 20 gennaio 2024:
- 80% di indennità per il periodo dal 21 novembre al 20 dicembre 2023
- 30% di indennità per il periodo dal 21 dicembre 2023 al 31 dicembre 2023
- 80% di indennità dal 1° gennaio al 20 gennaio 2024
Mentre dal 2025 se il genitore continua il congedo parentale oltre gennaio 2025 (entro i sei anni del bambino), il residuo di congedo (per esempio, 10 giorni) sarà indennizzato all’80% per il periodo dal 1° gennaio 2025 fino al sesto anno di vita del bambino.