Farm to Fork e blockchain, strategie e progetti: intervista a Marco Vitale

La strategia Farm to Fork è il cuore del Green Deal Europeo, ne parliamo con l'Ing. Marco Vitale, CEO di Foodchain S.p.A

Foto di Donatella Maisto

Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

La strategia Farm to Fork è il cuore del Green Deal Europeo e assume un rilievo ancora più importante nel momento in cui l’ecosistema agroalimentare deve prepararsi ad essere ancora più resiliente per superare crisi e sfide che nel prosieguo si susseguiranno, a cominciare dal superamento della Pandemia in corso.

L’importanza della strategia Farm to Fork non risiede solo nei suoi contenuti e nelle evoluzioni applicative che si avranno, ma è lo spirito con cui ha preso vita che deve essere messo in risalto, ovvero progettare una politica alimentare che proponga misure ed obiettivi che coinvolgono l’intera filiera alimentare europea: produzione-distribuzione-consumo, cercando di favorire il mercato interno in un quadro di protezione della sicurezza del consumatore e qualità delle produzioni.

Entro il 2030, il sistema alimentare europeo sarà più sano, equo e sostenibile. Una produzione sostenibile e sana consolida la posizione dell’Europa come riferimento per gli standard qualitativi alimentari a livello globale. Il settore agricolo europeo è l’unico al mondo ad aver ridotto le emissioni di gas serra del 20% a partire dal 1990. Il legame tra persone, società e pianeta sarà rafforzato anche dalle modalità con cui il cibo verrà prodotto.

Il ruolo delle tecnologie, come già argomentato nell’articolo “Agrifood, il PAC tra presente e futuro: gli obiettivi chiave”, è fondamentale per portare avanti in maniera seria, attiva e proficua questo percorso intrapreso con così tanta determinazione. Tra le varie tecnologie da utilizzare nel settore agroalimentare ve ne è una che può costituire il collante di tutte le altre, ovvero la Blockchain.

Cerchiamo di approfondire l’argomento con l’Ing. Marco Vitale, CEO di Foodchain S.p.A, Presidente della Quadrans Foundation e membro selezionato della Blockchain Task Force del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).

Gli scetticismi da rimuovere sulla Blockchain sono tanti, anche nell’applicazione di questa tecnologia nel settore agroalimentare. Una domanda che ricorre molto spesso è quale possa essere la garanzia aggiuntiva che la Blockchain offre nella Foodchain?

Comunicare la tracciabilità Farm to Fork (cioè dal campo alla tavola) è oggi priorità assoluta: essa rappresenta uno strumento di verifica per gli operatori del settore e gioca un ruolo di primo piano nell’orientare le scelte di consumo e la tutela dei consumatori e della loro salute.

La Blockchain è un registro condiviso, pubblico e decentralizzato in cui inserire delle informazioni in sequenza che, una volta registrate, non possono essere né modificate né eliminate. Consequenzialità e immutabilità del dato sono due delle caratteristiche più importanti che assicurano l’integrità e la sicurezza delle informazioni registrate in Blockchain e che permettono ai produttori di creare un “passaporto digitale” dei prodotti, valorizzando informazioni come origine e provenienza, tecniche impiegate durante la produzione, processi di fabbricazione e distribuzione.

Attraverso tag come i codici QR, i consumatori accedono alle informazioni registrate sulla Blockchain rese pubbliche dall’azienda, e possono così verificare i claim e fare scelte di acquisto più consapevoli.

La differenza tra la Blockchain e un qualunque Ente Certificatore tradizionale?

La Blockchain per definizione non “certifica” la veridicità di un dato, ma ne dimostra la sua esistenza e immutabilità nel tempo. È dunque uno strumento complementare alle certificazioni di qualità – un valido supporto per gli Enti di certificazione tradizionali che si sovrappone perfettamente a quanto previsto dagli standard internazionali sulla tracciabilità, la rintracciabilità e il controllo qualità di filiera.

Un esempio è il sistema implementato dal Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia nel quale una piattaforma Blockchain è utilizzata dalle aziende produttrici e di trasformazione per tracciare i processi aziendali, e dagli Enti Certificatori per registrare e validare i requisiti dei prodotti a marchio IGP e DOP.

Se si potesse stilare una classifica nell’ambito della Foodchain qual è il segmento che più di tutti avrebbe bisogno di implementare questa tecnologia?

L’implementazione efficiente della tecnologia Blockchain parte da un’analisi completa del contesto in cui opererà. Questa fase rappresenta una occasione per l’azienda di ogni segmento (produzione-trasformazione-distribuzione) di rivedere la totalità delle procedure, migliorare i processi, identificare gli sprechi lungo la catena di fornitura, analizzare i costi e diventare “digitale”.

Nelle logiche di evoluzione dei processi produttivi dell’Industria 4.0, ogni segmento può dotarsi di un sistema sicuro, affidabile e trasparente per valorizzare la territorialità e l’autenticità dei prodotti Made in Italy, per combattere la contraffazione e il dumping nei prezzi creato da prodotti esteri e falsamente identificati come italiani (Italian Sounding).

L’agroalimentare non ha bisogno solo della Blockchain per attuare la sua transizione ecologica e digitale. Secondo lei come si pone questa tecnologia rispetto all’AI, IoT, Big Data Analytics?

La Blockchain non è una tecnologia “stand-alone” ma rappresenta, combinata con altre tecnologie, un catalizzatore per la trasformazione digitale dell’intero comparto agroalimentare. Le tecnologie emergenti (IoT, Intelligenza Artificiale, Robotica, Blockchain Big Data Analytics) sono oggi al centro di innovativi progetti per la nuova agricoltura.

Ne è un esempio il progetto “Food Innovability” a cui lavoro insieme al collega Piero Lacorazza, Direttore di Fondazione Appennino con lo scopo di portare l’innovazione tecnologica nei territori interni e rurali italiani.

All’interno del progetto vengono analizzate tecniche emergenti di agricoltura di precisione per favorire un uso più consapevole delle risorse, conferire qualità alla produzione, sostenere il reddito delle aziende agricole e dare un apporto alla lotta contro i cambiamenti climatici. La tecnologia Blockchain si inserisce a supporto e agisce su il modo in cui i dati di filiera vengono archiviati digitalmente, fornendo una traccia immutabile del dato dalla fase di produzione a quella di vendita al dettaglio di un prodotto combinando l’utilizzo di dispositivi IoT, Smart Contract, codici QR e RFID.

Quali potrebbero essere delle strategie in termini di esperienza utente che potrebbero aumentare l’engagement nei confronti della Blockchain rispetto ai prodotti alimentari?

La strategia vincente è quella che lega le esigenze delle aziende agricole con quelle del consumatore finale. Agli attori della filiera agroalimentare serve uno strumento per la tracciabilità facile da utilizzare: una piattaforma intuitiva con interfacce semplici per l’inserimento dei dati e con un elevato grado di sostenibilità economica, sia per i costi di investimento che soprattutto per quelli di gestione (con un impatto quasi nullo sui costi di produzione). Con il minimo sforzo, le aziende raccolgono digitalmente le informazioni relative ad un prodotto e le racchiudono in un QR Code da applicare sul packaging e fruibile da qualsiasi parte del mondo. I QR Code creati dalla nostra piattaforma, ad esempio, si autotraducono nella lingua impostata dallo smartphone che li scansiona – una feature molto apprezzata dalle aziende che puntano all’internazionalizzazione.

Il consumatore finale desidera l’accesso a informazioni chiare e trasparenti. Le nuove generazioni, soprattutto i millennials, sono oggi i protagonisti del mercato. Sono proprio i ragazzi nati con il digitale, estremamente curiosi e capaci di utilizzare in modo naturale lo smartphone per informarsi, a tenere il coltello dalla parte del manico. Le aziende che desiderano conquistarli devono essere all’altezza delle loro aspettative.

Grazie alla Blockchain, possiamo dunque mettere in moto una dinamica virtuosa che orienta la concorrenza su standard di qualità alti, che permette alle aziende di dimostrare la propria trasparenza e ai consumatori finali di verificarla.

Qual è il futuro della sicurezza alimentare?

Si prevede che entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà probabilmente quasi 10 miliardi di persone. In uno scenario di crescita economica moderata, questo incremento demografico farà aumentare la domanda mondiale di prodotti agricoli del 50% rispetto ai livelli attuali, intensificando la pressione sulle risorse già sotto sforzo. Solo grazie alla combinazione di tecnologie emergenti come AI, IoT, Big Data Analytics, e Blockchain, saremo in grado di far fronte a questa richiesta. Il futuro della sicurezza alimentare è dunque tutto digitale.

La strategia Farm to Fork, che è al centro del Green Deal Europeo, mira a rendere i sistemi alimentari equi, sani e rispettosi dell’ambiente. Riprogettare i sistemi alimentari è oggi indispensabile, in quanto oggi questi sono responsabili di quasi un terzo delle emissioni globali di gas serra; consumano grandi quantità di risorse naturali; causano la perdita di biodiversità e non permettono ritorni economici e mezzi di sussistenza equi per tutti gli attori, in particolar modo per i produttori primari.

Con la tecnologia Blockchain possiamo concentrarci sul migliorare ciò che accade dopo che il cibo è stato prodotto aiutando le supply chain a funzionare in modo efficiente e garantendo l’organizzazione chiara dei dati delle (micro)catene di approvvigionamento, che oggi sono troppo frammentati.