Gratta e Vinci, maxi truffa: così ex dipendenti Lottomatica incassavano i biglietti vincenti

Dipendenti ed ex dipendenti di Lottomatica sarebbero riusciti ad intercettare e incassare, tra il 2015 e il 2019, quattro biglietti multimilionari del Gratta e Vinci

Pubblicato: 30 Ottobre 2020 13:05

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Gratta e Vinci, con truffa. Dipendenti ed ex dipendenti di Lottomatica, società concessionaria dei giochi per conto dello Stato, sarebbero riusciti ad intercettare e incassare, tra il 2015 e il 2019, quattro biglietti del Gratta e Vinci.

Truffa multi milionaria al Gratta e Vinci

Un raggiro multi milionario che, in quattro anni, avrebbe fatto intascare a 12 persone maxi vincite grazie al popolarissimo gioco. Ora, queste risultano indagate a vario titolo per truffa aggravata, accesso abusivo ai sistemi informatici, ricettazione e autoriciclaggio di capitali illeciti.

È quanto emerso dalle indagini dei finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, che hanno sequestrato disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili per 27 milioni di euro nei confronti dei 12 dipendenti ed ex, 10 residenti a Roma e 2 a Mantova.

Il sequestro preventivo è scattato sui conti di Fabio Giacovazzi, ex capo team dell’area Italy Sistem Operations del settore Gratta e Vinci, che si era licenziato nel 2018, dei suoi fratelli, della madre, della fidanzata, della ex compagna e del suo nuovo convivente.

Attraverso un efficace sistema di tracciamento, i truffatori riuscivano a individuare i biglietti vincenti, acquisendo informazioni riservate sia in merito all’individuazione dei biglietti stessi sia alla loro localizzazione presso i rivenditori, cioè data e luogo di consegna.

I biglietti multi milionari

Così, nel 2015, sono stati acquistati due biglietti da 5 milioni di euro, rispettivamente presso un rivenditore di Milano e uno in provincia di Brescia. Due Gratta e Vinci del primo premio del lotto Maxi Miliardario di 5 milioni di euro ciascuno, con una probabilità di vincita stimata in 1 su 9.360.000 biglietti.

E due biglietti Super Cash del valore di 7 milioni di euro ciascuno, con una probabilità di vincita di 1 su 15.840.000, comprati nel 2017 a Foggia e nel 2019 a Cremona: tutte località lontane dal domicilio degli indagati ma che loro sapevano perfettamente essere vincenti, perché li avevano “seguiti”. “Dopo che fai? Stappi lo champagne?, scriveva uno degli indagati su WhatsApp.

Per indurre in errore il gestore del servizio e in violazione del codice deontologico interno che vieta ai dipendenti di partecipare ai giochi e alle lotterie in concessione, per presentare e incassare i biglietti vincenti i dipendenti “infedeli” si sarebbero avvalsi di conoscenti o stretti familiari e, in un caso, persino di un professionista.

Complici amici e ex mogli

Avrebbero ingaggiato amici, ex compagne e persino nuovi compagni delle ex mogli. Così facendo, secondo le indagini, i vincitori “formali” avrebbero trattenuto per sé una quota delle vincite e poi successivamente trasferito gli importi restanti su conti correnti dei dipendenti furbetti e di persone a loro vicine.

“È difficilmente credibile che in meno di due mesi (il primo colpo è del 24 luglio 2015, il secondo è del 18 settembre 2015, ndr) gli stessi individui possano essersi scoperti detentori o codetentori di ben due biglietti associati al primo premio”.

La tesi degli inquirenti è che la disponibilità sia da ricondurre al ruolo di Giacovazzi. Oltretutto, specificano i magistrati, anche gli altri dipendenti di Lottomatica indagati fanno parte dell’area Italy Sistem Operations del settore Gratta e Vinci.

Una volta venuti a conoscenza dell’inchiesta, gli indagati avrebbero fatto di tutto per “fare scomparire le consistenti somme di denaro provento delle condotte illecite”, si legge negli atti. Giacovazzi, subito dopo l’incasso, avrebbe investito il denaro in titoli e azioni per non avere troppi soldi sul conto corrente. Da qui l’ipotesi di riciclaggio.