Bruxelles è sempre più propensa a favorire diete a minor impatto ambientale, sociale, sanitario e favorisce l’avanzata dei prodotti a base vegetale. Le ultime notizie ci raccontano che sarà solo questione di tempo, e potremo assistere alla vendita, anche in Europa, di carne sintetica, insieme a pesce e formaggi prodotti in laboratorio, tramite tecniche di coltivazione cellulare o fermentazione.
Cosa ne pensano gli allevatori, gli italiani e il nuovo governo?
Gli allevatori e le associazioni di categoria si oppongono e hanno dato il via ad una vera e propria battaglia “a favore del cibo naturale, salutare, sostenibile e contro la poltiglia proteica da cellule staminali e gli altri ‘cibi’ sintetici creati con fondi delle grandi multinazionali hi-tech”.
World Farmers Markets Coalition, World Farmers Organization, Farm Europe, Coldiretti e Filiera Italia hanno promosso una petizione mondiale per fermare lo sbarco a tavola del ‘cibo sintetico’. La petizione ha avuto diverse adesione ed è stata sottoscritta anche dalla neo premier Giorgia Meloni a Milano, intervenuta al Villaggio Coldiretti di Milano in occasione della sua prima uscita pubblica dopo la vittoria alle elezioni.
Giorgia Meloni ha così assunto il suo primo impegno post-elezioni per combattere l’arrivo del ‘cibo sintetico’ sulle tavole degli italiani. Per ‘cibo sintetico’ o ‘cibo Frankenstein’ (come lo ha ribattezzato Coldiretti) si intendono prodotti creati in laboratorio, mediante cellule staminali e bio reattori. Un processo, secondo l’associazione di categoria, completamente separato da ciò che è “naturale” e una pericolosa deriva degli alimenti creati in laboratorio ed iniziata con la carne in vitro.
Un tentativo di arginare le prime richieste di autorizzazione all’immissione in commercio dei prodotti in vitro, che coinvolgono Efsa e Commissione Ue già ad inizio 2023 a livello UE. Le proposte a base vegetale (derivanti da rielaborazione di alimenti quali soia, cereali e legumi) invece, andrebbero difese, perché “sono comunque figli della coltivazione e del lavoro fatto dagli imprenditori agricoli e ben diversi dai prodotti creati in laboratorio”.
Coldiretti e associati sono contro il cibo in provetta per altri diversi altri motivi:
- a finanziare i prodotti animali in vitro ci sono le grandi multinazionali del cibo che potrebbero presto invadere i mercati europei «i brevetti detenuti nelle mani di quattro multinazionali porteranno enormi profitti a pochissimi investitori, che non regaleranno la carne ai paesi poveri»;
- produrre questo tipo di alimenti richiede processi idrovori ed energivori, che supererebbero di gran lunga gli impatti degli attuali allevamenti (affermazioni tutte da verificare);
- il cibo in provetta “distruggerebbe il microbiota intestinale, comportando rischi enormi per la salute dei cittadini stessi” (anche queste affermazioni, sono da verificare);
- questa tipologia di cibo andrebbe ad ‘omologare tutto il mondo’, e cancellare così culture consolidate da centinaia di migliaia di anni di storia, tradizione e socializzazione.
Il Presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha chiesto una «alleanza tra associazioni agricole, mondo imprenditoriale e politica, in difesa della zootecnia e contro la complicità di Bruxelles nei confronti del cibo sintetico». Sempre secondo Coldiretti, ben 7 italiani su 10 (68%) non si fidano del cibo creato in laboratorio con cellule staminali in provetta. A riguardo, bisognerebbe indagare quanto la popolazione sia consapevole dei processi tradizionali e dei loro impatti, e viceversa.
In Italia, il settore agroalimentare vale 575 miliardi, il 25% del PIL e 4 milioni di occupati. La zootecnia è uno dei pilastri del settore. Parlando di impatti ambientali (ma di conseguenza anche sociali e sulla salute pubblica), l’80% delle emissioni di gas serra causate dal consumo di cibo in EU, provengono dagli alimenti di origine animale. In Italia, l’85% delle emissioni nel settore alimentare riguarda cibi di origine animale. Un settore che per le sue proporzioni e così com’è strutturato, richiede una riformazione e transizione ad altri tipi di reddito agricolo che siano meno impattanti e sostenibili a lungo termine per la vita degli animali, quella degli allevatori, la salute degli ecosistemi, il benessere sociale e la salute pubblica.
Coldiretti e Filiera Italia hanno denunciato anche i pericoli del ‘Nutriscore’, il sistema di etichettatura a semaforo che alcuni Paesi applicano sui prodotti distribuiti in GDO sulla base dei contenuti in grassi, zuccheri o sale. Nutriscore è stato definito “un sistema fuorviante, discriminatorio ed incompleto che esclude dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole”.
Nel frattempo, anche l’inflazione si è ‘mangiata’ 85 miliardi di aiuti europei agli agricoltori. L’analisi del think tank Farm Europe, spiega come il bilancio PAC 2021-27 sia stato approvato con un’inflazione al 2%, mentre oggi la media UE è vicina al 10%; questo significa che il valore reale del budget della Politica agricola comune 2021-2027, si ridurrà complessivamente di 84,6 miliardi. Farm Europe ha riferito che: “è urgente trovare un nuovo percorso per realizzare il Green Deal, basato sulla crescita verde per il settore agricolo, passando da una strategia basata su norme che tagliano gli strumenti di produttività a una di investimento, che promuova approcci sistemici agronomici e l’innovazione, avviando gli agricoltori su un percorso positivo sia per l’economia che per il clima“.
Il nuovo governo Meloni sarà incaricato di gestire tutte le sfide che ci attendono, e ha coniato un nuovo lessico per marcarne gli intenti: a rappresentare la nuova identità del Ministero delle Politiche Agricole, il nuovo “Dicastero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare”.