Montagna artificiale: neve sparata sul 90% delle piste

Questo è quanto emerso dal rapporto "Nevediversa" di Legambiente che evidenzia costi esorbitanti e un eccessivo consumo di elettricità e acqua in montagna

Foto di Matteo Paolini

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Stiamo vivendo un momento di grande criticità per le montagne: infatti, il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in Italia da oltre due secoli e il secondo più caldo in Europa. Purtroppo, non sono ancora visibili cambiamenti significativi in questo inizio di anno e la situazione è talmente grave da rendere difficile distinguere la crisi del turismo invernale da quella della siccità.

A causa dei mutamenti climatici, la quantità di neve sulle Alpi e gli Appennini sta diminuendo, con conseguenti impatti negativi sul turismo invernale e la stagione sciistica. Per ovviare alla mancanza di neve naturale, l’Italia si sta affidando sempre di più all’innevamento artificiale. Tuttavia, questa non può essere considerata una soluzione a lungo termine poiché non è sostenibile dal punto di vista ambientale e comporta uno spreco di denaro pubblico.

Questi i dati emersi dal dossier di Legambiente, “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica“, che mette in luce la situazione attuale del turismo invernale e i suoi impatti sul territorio. Il dossier è stato patrocinato dalla Città Metropolitana di Torino e offre dati chiari e dettagliati sulla crisi climatica e sul suo impatto sulla neve e sul turismo invernale.

I dati del dossier

Secondo le ultime stime disponibili, l’Italia è uno dei paesi alpini più dipendenti dall’innevamento artificiale, con il 90% delle piste da sci che vengono innevate artificialmente. Seguono l’Austria con il 70%, la Svizzera con il 50% e la Francia con il 39%. La percentuale più bassa si registra in Germania, con il 25%. Inoltre, in Italia, sono stati individuati 142 bacini artificiali utilizzati principalmente per l’innevamento, per una superficie totale di circa 1.037.377 mq. Il Trentino Alto Adige è la regione con il maggior numero di invasi, pari a 59, seguita dalla Lombardia con 17 e dal Piemonte con 16. L’Abruzzo detiene invece 4 bacini. Nel 2023, inoltre, il numero di impianti dismessi, temporaneamente chiusi o sottoposti a “accanimento terapeutico” (ovvero quelli che sopravvivono solo grazie a forti iniezioni di denaro pubblico) è in aumento in tutta Italia. Legambiente ha esteso il suo monitoraggio anche ad altre categorie, come quella degli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi” e quella degli “edifici fatiscenti”. La categoria “smantellamento e riuso” registra invece 16 casi censiti.

L’allarme lanciato da Legambiente per l’innevamento artificiale

Legambiente ritiene che il sistema di innevamento artificiale non sia una pratica sostenibile e adatta all’ambiente, poiché richiede grandi quantità di acqua, energia e suolo in zone di grande valore. L’organizzazione stima che in Italia il 90% delle piste da sci è dotato di impianti di innevamento artificiale, il che comporta un consumo annuo di acqua stimato in 96.840.000 di m³, equivalente al consumo idrico di una città di un milione di abitanti. Inoltre, l’innevamento artificiale richiede costi sempre maggiori per nuove tecnologie e rappresenta un onere significativo per la pubblica amministrazione. Il costo di produzione di neve artificiale sta aumentando, passando da circa 2 euro al metro cubo nella stagione 2021-2022 a 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023. Legambiente ribadisce l’urgenza di un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, basato sulla diversificazione delle attività, data la crisi climatica e i suoi impatti sull’ambiente montano. L’Italia non può più ignorare questo problema e non può più pensare di poter dipendere dalla neve artificiale.

Investire nell’adattamento e non nell’innevamento artificiale

Stefano Ciafani, il presidente nazionale di Legambiente, sostiene che la crisi climatica stia accelerando e cita alcuni segnali allarmanti come la fusione rapida dei ghiacciai alpini e l’emergenza siccità che sta colpendo il paese dall’estate scorsa. Egli afferma che questi eventi estremi sono campanelli d’allarme che il nostro pianeta ci sta inviando. Ciafani ribadisce la sua posizione al Ministro del Turismo, Daniela Santachè, sulla necessità di investire nell’adattamento e non nell’innevamento artificiale per far fronte alla mancanza di neve negli Appennini. Inoltre, Ciafani avverte che il clima sempre più caldo porterà ad un uso conflittuale dell’acqua e che l’Italia deve cambiare rotta mettendo in campo politiche più efficaci per affrontare la crisi climatica, come l’approvazione del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici entro la fine di marzo e la corretta distribuzione dei fondi del PNRR.

Gli impatti del cambiamento climatico sul turismo invernale

Secondo Legambiente, il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in Italia degli ultimi due secoli, e il secondo più caldo in Europa. L’aumento delle temperature si è concentrato soprattutto nelle Alpi, con conseguenze negative per il turismo invernale e lo sci. Nella stagione sciistica 2022-2023, otto gare su 43 (18,6%) del comparto maschile e cinque gare su 42 (11,9%) del comparto femminile sono state cancellate o rinviate a causa del basso innevamento e/o delle elevate temperature. Ciò rappresenta una novità nella storia dello sci di Coppa del Mondo.

Neve artificiale e l’ecosostenibilità del turismo invernale in montagna

Secondo Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente, la neve artificiale è diventata indispensabile per la sopravvivenza dei comprensori sciistici, ma se le temperature continueranno ad aumentare, l’innevamento potrebbe non essere più praticabile se non in poche zone di alta quota, rendendo lo sci alpino accessibile solo a una ridotta élite. Inoltre, le montagne stanno subendo cambiamenti climatici drastici, con meno neve e nevicate tardive e più pesanti. Questo richiede un nuovo approccio culturale e un ripensamento ecosostenibile del turismo in montagna, che sostenga le buone pratiche già in atto.

Legambiente: 249 impianti sciistici dismessi

Legambiente ha censito 249 impianti dismessi, 15 in più rispetto al 2022. Uno dei casi più significativi è quello di Gressoney-la Trinité (AO), dove l’ex sciovia usata per lo sci estivo e lo snowboard è stata dismessa a causa della fusione del ghiacciaio. Le stazioni di partenza e arrivo del vecchio skilift sono state rimosse, ma i rottami dell’impianto erano ancora presenti nel 2018. Ci sono anche 138 impianti temporaneamente chiusi, 3 in più rispetto all’anno precedente, come quello di Picinisco (FR), che non è riuscito a riprendersi nonostante un restyling da parte dell’amministrazione. Gli impianti sottoposti a “accanimento terapeutico” sono saliti a 181, con un aumento di 33 rispetto all’anno precedente. Ad Asiago (VI), nel Comprensorio Kaberlaba, è stato costruito un nuovo bacino di raccolta per la neve, nonostante le obiezioni delle attività ricettive. Ci sono anche casi di “impianti un po’ chiusi, un po’ aperti”, come quello di Subiaco, nel Lazio, a Monte Livata, dove l’impianto, composto da una seggiovia e tre skilift, è stato chiuso a dicembre e riaperto a gennaio, per inseguire la neve. Infine, per la categoria “edifici fatiscenti”, si segnala quello di Colonia Pian di Doccia, Gavinana (PT), dove si trova un enorme complesso in totale stato di abbandono e colpito da atti di vandalismo. Tuttavia, ci sono anche buone notizie riguardanti gli “smantellamenti”, come la seggiovia biposto smontata e demolita a Castione della Presolana (BG), in Lombardia.