Un legame tra le emissioni di gas serra, legate all’attività umana, e i tassi di riproduzione e sopravvivenza degli orsi polari. Per la prima volta uno studio scientifico ha trovato una connessione tra questi due elementi, facendo un passo in avanti per la sopravvivenza della specie.
Indice
Le minacce per gli orsi polari causate dal cambiamento climatico
Gli orsi polari vivono in 19 popolazioni diverse nell’Artico e sono presenti in Canada, negli Stati Uniti, in Russia, in Groenlandia e in Norvegia, secondo l’organizzazione di conservazione Polar Bears International. Le popolazioni vivono in condizioni diverse, ma tutte dipendono dai banchi di ghiaccio per poter cacciare le loro prede preferite, due specie di foche. Quando il ghiaccio marino si scioglie, però, gli orsi polari sono costretti a spostarsi sulla terra, dove vengono privati del cibo e devono quindi sopravvivere con le riserve di grasso accumulate in precedenza.
Il cambiamento climatico causato dall’attività umana sta accelerando la perdita di ghiaccio marino, dando agli orsi polari meno tempo per nutrirsi e accumulare riserve di grasso, e quindi più giorni in cui sono costretti a digiunare, portando a una diminuzione della loro popolazione. I ricercatori di Polar Bears International, dell’Università di Washington e dell’Università del Wyoming hanno quantificato il collegamento tra il numero di giorni senza ghiaccio, che una popolazione di orsi polari deve sopportare, e la quantità di inquinamento che nell’atmosfera.
Le conseguenze del cambiamento climatico sulla vita degli orsi polari
Gli orsi polari sono stati inseriti nella lista delle specie minacciate a causa del riscaldamento globale causato dall’attività umana ai sensi del US Endangered Species Act, o ESA, nel 2008. Ma il Dipartimento degli interni degli Stati Uniti disse all’epoca che, poiché la minaccia per una specie particolare non poteva essere direttamente collegata a una fonte specifica di gas serra, le agenzie federali non dovevano considerare le emissioni quando approvavano i progetti. I ricercatori hanno esaminato le sottopopolazioni di orsi polari che hanno vissuto almeno 10 anni con stagioni senza ghiaccio dal 1979, quando le immagini satellitari del ghiaccio marino sono diventate disponibili per la prima volta, al 2020.
Hanno così scoperto che il numero di giorni in cui gli orsi polari sono stati costretti a digiunare aumentava all’aumentare delle emissioni di gas serra. Ad esempio, nel 1979 gli orsi polari nel Mare dei Ciukci nell’Oceano Artico furono costretti a digiunare per circa 12 giorni. Nel 2020 questo dato è aumentato a circa 137 giorni. Le sottopopolazioni nelle aree in cui i banchi di ghiaccio solitamente si scioglievano completamente durante l’estate hanno sperimentato più giorni senza cibo. Gli orsi nelle aree in cui le banchise tendevano a persistere più a lungo durante l’estate stanno ora sperimentando un cambiamento improvviso nel loro ambiente, richiedendo un adeguamento significativo, essendo costretti a digiunare, cosa che prima non facevano.
La sopravvivenza degli orsi polari è collegata alle emissioni di gas serra
Uno studio del 2020 ha scoperto che il numero di giorni in cui un orso può sopravvivere senza cibo varia a seconda della regione e delle condizioni dell’animale, ma più sono i giorni senza ghiaccio che sperimenta, più la riproduzione e la possibilità di sopravvivenza diminuiscono. I ricercatori che hanno condotto il nuovo studio hanno combinato il rapporto tra il numero di giorni di digiuno forzato, che gli orsi polari dovevano sopportare, e le emissioni cumulative di gas serra con il collegamento trovato nel 2020 tra il numero di giorni di digiuno forzato e la diminuzione dei tassi di sopravvivenza. Ciò ha permesso loro di calcolare l’impatto delle emissioni cumulative sul tasso di sopravvivenza degli orsi polari.
Come abbiamo visto, quando è stata redatta la lista delle specie minacciate a causa del riscaldamento globale dell’ Endangered Species Act, non si poteva affermare in che modo le emissioni di gas serra si traducessero in una diminuzione delle popolazioni di orsi polari. Ma nel giro di pochi anni gli studiosi hanno potuto collegare direttamente la quantità di emissioni al riscaldamento climatico e successivamente alla perdita di ghiaccio marino artico. Lo studio dimostra che non solo il ghiaccio marino, arrivato ai minimi storici, ma anche la sopravvivenza degli orsi polari, può essere direttamente collegata alle emissioni di gas serra.
Ad esempio, la ricerca ha notato che ciascuna delle centinaia di centrali elettriche negli Stati Uniti potrebbe contribuire in modo relativamente modesto alle emissioni inquinanti, ma collettivamente le centrali elettriche emettono quasi 2 gigatoni di gas serra ogni anno. Questo sarebbe circa 60 gigatoni in più durante il periodo di vita di oltre 30 anni di un orso polare. In questa sottopopolazione, gli orsi sopportano un giorno di digiuno forzato in più per ogni 23 gigatoni di emissioni aggiunte all’atmosfera, quindi il loro tasso di sopravvivenza sarebbe ridotto di circa il 4% dalle emissioni delle centrali elettriche nel corso di quel periodo, secondo lo studio.
Possibili implicazioni per altre specie
Secondo gli studiosi la nuova ricerca rappresenta un importante cambiamento nelle possibilità di dimostrare gli effetti del cambiamento climatico, che secondo gli scienziati porterà allo scioglimento del 49% dei ghiacciai entro il 2010. La ricerca precedente ha evidenziato come l’aumento dell’anidride carbonica prodotta dalle attività umane influenzi direttamente il cambiamento climatico. Lo studio condotto da Polar Bears International, dell’Università di Washington e dell’Università del Wyoming va oltre, dimostrando che questo legame diretto si estende anche agli impatti sugli ecosistemi.
L’emissione di una maggiore quantità di anidride carbonica influisce direttamente anche sulla sopravvivenza dei cuccioli di orso polare. Questo collegamento permette di identificare le fonti individuali di emissioni di carbonio come causa del declino delle popolazioni di orsi polari. Questa ricerca potrebbe servire come modello per altri scienziati che cercano di ottenere la protezione per altre specie minacciate dal cambiamento climatico causato dall’uomo.