Così si cattura la CO2: imprigionandola nel cemento

La startup Heirloom Carbon Technologies ha proposto di ridurre l'impatto ambientale dell'industria delle costruzioni attraverso il deposito di anidride carbonica

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

L’obiettivo che l’Unione Europea, gli Stati Uniti e altri paesi si sono posti per ridurre l’aumento della temperatura media globale a 2 gradi Celsius non può essere raggiunto solo riducendo le emissioni di gas serra fino al loro azzeramento netto entro il 2050. Secondo le Nazioni Unite e l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la rimozione di miliardi di tonnellate di anidride carbonica già presenti nell’atmosfera è altrettanto essenziale per contrastare i cambiamenti climatici. Attualmente, il metodo più utilizzato per farlo è la riforestazione, che è anche il preferito dalle aziende per compensare l’impatto delle loro attività. Tuttavia, questo approccio rischia di diventare un diversivo comodo: sebbene gli alberi siano dei naturali assorbitori di CO2, impiegano molto tempo per crescere e non si possono piantare abbastanza alberi per avere un impatto positivo a livello globale. Inoltre, se un bosco brucia – cosa che accade spesso in questi tempi – la CO2 viene rilasciata di nuovo nell’atmosfera.

Soluzioni tecnologiche contro i cambiamenti climatici

È necessario trovare soluzioni tecnologiche efficaci e scalabili per contrastare i cambiamenti climatici. I sistemi di cattura diretta dall’aria (Direct Air Capture, Dac) sembrano promettenti, ma sono ancora lontani dalla maturità: sono costosi e non possono gestire grandi quantità di carbonio. Tuttavia, il loro sviluppo viene incentivato da fondi pubblici, come negli Stati Uniti, dove l’Inflation Reduction Act prevede crediti d’imposta fino a 180 dollari per tonnellata di CO2 catturata. Ciò dovrebbe migliorare le loro prestazioni. Nonostante ciò, a causa dei costi, la Dac probabilmente rimarrà una tecnologia di nicchia e non la soluzione definitiva, ma piuttosto un’opzione utile tra molte altre possibilità.

Il ruolo degli oceani nella crisi climatica: un serbatoio di carbonio blu

Il team di ricercatori del MIT invita a cambiare prospettiva sulla crisi climatica. Infatti, mentre le discussioni dei policymaker e gli sforzi degli studiosi si concentrano sull’atmosfera, gli oceani sono spesso ignorati, nonostante il loro ruolo fondamentale nell’alleviare la crisi climatica.

Gli oceani assorbono il calore che altrimenti rimarrebbe nell’aria e accolgono circa un terzo della CO2 prodotta dall’umanità, fungendo da vero e proprio “serbatoio di carbonio” blu. Senza di esso, il riscaldamento globale sarebbe un fenomeno ancora più grave.

Pertanto, è importante che gli sforzi nella lotta al cambiamento climatico si concentrino anche sull’oceano e sul suo ruolo cruciale nell’equilibrio del nostro pianeta. È necessario che gli studiosi, i policymaker e la società nel suo insieme prestino maggiore attenzione a questo vasto e importante serbatoio di carbonio blu.

Meccanismo circolare per catturare CO2 dall’acqua degli oceani

L’assunzione eccessiva di CO2 ha reso acide le acque degli oceani, causando danni alla fauna marina e alla pesca. Tuttavia, gli scienziati del MIT hanno ideato un meccanismo circolare per catturare l’anidride carbonica dall’acqua, che si sta ancora sviluppando ma promette di essere efficiente e poco costoso.

La concentrazione di CO2 nell’acqua marina è oltre cento volte superiore a quella nell’aria, il che rende il meccanismo circolare di cattura dell’anidride carbonica una soluzione molto promettente per la lotta al cambiamento climatico. Se attuato, questo meccanismo potrebbe rappresentare un importante passo avanti nella protezione degli oceani e della loro fauna, nonché nell’effort globale per contrastare la crisi climatica.

Catturare la CO2 dagli oceani

Il processo di scissione dell’acqua, che sfrutta la corrente elettrica per scomporre l’H2O e convertire i carbonati presenti in essa in molecole di CO2, potrebbe invertire l’acidificazione di parti dell’oceano, a beneficio degli ecosistemi marini. Il metodo prevede l’utilizzo di celle elettrochimiche per la conversione dell’energia elettrica in energia chimica e la rimozione della CO2 tramite sottovuoto. L’acqua alcalina viene poi rilasciata nell’oceano, mentre l’acqua acida viene convertita in acqua alcalina tramite una seconda serie di celle. Il processo è considerato scalabile e integrabile in vari sistemi che utilizzano l’acqua marina, come dissalatori, piattaforme offshore per l’estrazione di petrolio, allevamenti di pesci e navi, andando a compensare le grandi emissioni del trasporto marittimo.

Riutilizzo della CO2 per migliorare il calcestruzzo

Rimane il problema di cosa farne di tutta l’anidride carbonica catturata. La si potrebbe confinare proprio al di sotto dei fondali oceanici, ma ci sono delle soluzioni più efficienti. Heirloom Carbon Technologies, una startup californiana, vuole ad esempio riutilizzare la CO2 sequestrata per migliorare il calcestruzzo. Il vantaggio è doppio: si recupera un gas altrimenti destinato sottoterra, e si riduce l’impronta carbonica di un materiale usatissimo nell’edilizia – e dunque fondamentale per l’umanità – ma responsabile dell’8 per cento delle emissioni globali.

La tecnologia innovativa per il riutilizzo della CO2 nel calcestruzzo

Come prima cosa, Heirloom riscalda ad alte temperature il calcare macinato per far sì che si rompa e rilasci anidride carbonica pura, facilmente catturabile. Quello che rimane sono dei minerali ossidi altamente reattivi, smaniosi di legarsi alla CO2. Vengono allora sistemati su dei grandi vassoi, impilati in verticale ed esposti all’aria aperta perché agiscano come delle spugne, assorbendo la CO2 – ci vogliono due settimane perché se ne riempiano, invece di un anno, grazie alla tecnologia della startup – e “trasformandosi” in carbonato di calcio, il componente principale del calcare. Da qui, il processo ricomincia: si rompe di nuovo il calcare, si ricattura la CO2, si riprendono gli scarti e li si rimette all’aria. È possibile ripartire una decina di volte, prima che il materiale si degradi troppo.

Infine, la CO2 prelevata da Heirloom viene mandata a CarbonCure Technologies, un’azienda canadese specializzata, che la trasforma in un minerale che rafforza il calcestruzzo. In questo modo si elimina la necessità di cemento, un “ingrediente” – un legante idraulico, per la precisione – del calcestruzzo che serve proprio a renderlo più solido. Il cemento è tanto utile quanto problematico, perché è il componente del calcestruzzo più inquinante di tutti: per produrre una tonnellata di cemento si emette una tonnellata di CO2.

L’importanza del riciclo della CO2

È cruciale decarbonizzare il settore dei materiali da costruzione. Entro il 2050, la domanda globale di cemento dovrebbe aumentare del 48% rispetto ai 4,2 miliardi di tonnellate attuali, raggiungendo i 6,2 miliardi. Tuttavia, per rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi e mantenere l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5°C, l’industria del calcestruzzo deve ridurre le sue emissioni del 16% entro il 2030 e del 100% entro il 2050. Il riciclaggio della CO2 potrebbe essere una soluzione utile.