Superbonus e bonus edilizi, è caos: cosa fare se l’impresa non finisce i lavori

Può succedere che ditta edile abbandoni i lavori di una casa senza completarli: ecco cosa può fare il committente per difendersi e tutelarsi

Pubblicato: 9 Aprile 2023 10:40

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Il continuo aumento dei costi delle materie prime e della manodopera (accentuata ultimamente anche dal conflitto bellico tra Russia e Ucraina) stanno mettendo in ginocchio il settore edilizio. Molte imprese non riescono, per questo motivo, a rispettare il termine dei lavori pattuito con i committenti. Ciò si ripercuote anche su questi ultimi, ed in particolare sulla possibilità di godere dei bonus casa.

Su tutti ci riferiamo al bonus 110. Infatti, per aver diritto a questa agevolazione fiscale è previsto che i lavori debbano essere terminati entro una certa data o che, comunque, entro una certa data siano completate almeno una certa percentuale di Sal (stato avanzamento dei lavori) del 30%. Vediamo in che modo può tutelarsi il committente nel caso in cui l’impresa non finisca i lavori nel termine pattuito.

Quando ci si può difendere se i lavori non vengono terminati

Ovviamente la legge prevede dei mezzi di tutela per il committente, che vanno dall’intimazione ad adempiere al risarcimento del danno per l’inadempimento. Se la ditta edile interrompe i lavori o non li termina entro il periodo previsto è necessario adire le vie legali, promuovendo una causa civile necessaria a quantificare l’inadempimento e predisporre, poi, le risoluzioni.

A tal fine, il contratto sottoscritto dalle parti è senza dubbio una prova definitiva dell’obbligo in capo alla ditta, ma non è indispensabile.

In particolare, è sufficiente qualsiasi prova documentale, ad esempio il preventivo dell’appaltatore, purché provi che i lavori sono stati affidati in un unico momento, e non in tempi diversi. Per questo, è opportuno inserire delle clausole (ne esistono di vari tipi contemplati dai formulari delle associazioni di categoria) che “bilancino” i rischi soprattutto quando l’esecuzione dell’opera dipenda da forniture di componenti e di altre materie prime di cui l’impresa edile è costretta ad approvvigionarsi da altre imprese.

La dimostrazione che la commissione alla ditta edile comprendesse anche i lavori non eseguiti è indispensabile per determinare l’inadempimento, basato quindi sulla differenza fra le opere previste e quelle mancanti. Nel dettaglio, presupponendo la natura indivisibile della prestazione si configura un inadempimento totale anche nel caso di inadempimento parziale. In altre parole, se la ditta ha già eseguito alcuni lavori ma li abbandona senza completarli, è imputabile per l’inadempimento totale, in quanto la commissione prevedeva la realizzazione unitaria del progetto.

Come provare la commissione dei lavori se non c’è un contratto

L’esistenza di un contratto scritto non è essenziale, in quanto si presuppone che la commissione dei lavori abbia di per sé generato un rapporto di fiducia fra le parti. In questo modo, si realizza comunque un contratto, che non è scritto bensì di tipo verbale. 

Per quanto riguarda il contratto d’appalto, infatti, la legge ammette la forma libera (tranne alcune eccezioni per la costruzione di navi e aeromobili). Gli elementi portanti del contratto rimangono gli stessi e vertono sui rispettivi obblighi delle parti. Obblighi di tipo funzionale, che non possono venire a mancare senza pregiudicare il contratto stesso. Nella pratica, questo significa che se il committente non paga o la ditta non esegue i lavori, la parte lesa ha il diritto di tutelarsi.

Mancati lavori, come tutelarsi

Un primo passo, che il committente, potrebbe fare laddove si accorga che la ditta cui si è affidato, per eseguire i lavori ammessi al bonus 110, non riesca a rispettare i tempi di ultimazione, è quello di sostituire l’impresa stessa.

Altra strada percorribile è quella di far leva su eventuali penali incluse nel contratto di affidamento dei lavori. Penali che scattano, appunto, in genere nel caso in cui la ditta non rispetti i tempi di lavoro pattuiti recando un danno al committente. Si consiglia, dunque, sempre di far inserire queste clausole all’interno dei contratti di appalto in modo tale da avere maggior tutela e ricevere un risarcimento per il danno subito (come quello della perdita del bonus 110).

Cosa sostiene la giurisprudenza sulla questione

Quando un’impresa edile viene commissionata per eseguire determinati lavori al cliente, si instaura un rapporto di fiducia tra le parti che lascia presupporre la corretta esecuzione delle opere da parte dell’imprenditore e il pagamento del corrispettivo da parte del committente. Questo significa che quando uno di questi presupposti viene meno, l’altro acquisisce il diritto di tutelarsi e di vedere riconosciuto il proprio diritto.

In questa direzione, l’art. 1455 c.c. assume un ruolo di rilievo quando contempla che “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”. Nel caso specifico, questo accade quando la ditta edile abbandona i lavori e le opere non realizzate sono superiori a quelle già prodotte. In questo senso, rileva nuovamente l’unicità della prestazione, importante per determinare proprio l’inadempimento. 

Sempre il citato articolo 1455 del Codice civile prevede l’intimazione e la diffida ad adempiere. Il committente ha quindi la facoltà di intimare in forma scritta il completamento dei lavori alla ditta. L’intimazione deve anche contenere il termine (non inferiore a 15 giorni) oltre il quale il contratto si considera risoluto. Altrimenti, anche la risoluzione giudiziale è utile per determinare lo scioglimento del contratto e quindi dispensare il committente dall’obbligo di pagamento.

Il rimedio principale è quindi rappresentato dalla risoluzione del contratto, grazie alla quale il committente può non pagare la parte rimanente non eseguita (o ricevere in restituzione quanto già corrisposto relativamente all’inadempimento). Oltretutto, la giurisprudenza ammette anche la richiesta di risarcimento danni per l’inadempimento, oltre che per vizi e difformità nelle prestazioni.