Negli ultimi anni, il dibattito relativo ai cambiamenti climatici e al futuro del nostro Pianeta ha portato all’attenzione generale il problema dei combustibili fossili, tra le principali cause di inquinamento sulla Terra. Parallelamente, ha acquisito sempre più rilevanza la necessità di favorire la ricerca e lo sviluppo di risorse energetiche alternative e rinnovabili.
Per analizzare al meglio il problema dell’utilizzo dei combustibili fossili, cioè, più precisamente, per capire in che modo l’umanità ne sia diventata così dipendente e per elaborare le strategie più efficaci per sostituirli con energie meno impattanti sull’ambiente, è necessario approfondire cosa sono i combustibili fossili, quali sono essi nello specifico e come vengono impiegati oggi nel mondo e, in particolare, in Italia.
Indice
La definizione di combustibili fossili
Prima di capire quali sono quelli maggiormente impiegati, è necessario analizzare nel dettaglio cosa sono i combustibili fossili e come si sono formati. Il processo di formazione di queste particolari fonti energetiche è legato alla trasformazione in forme molecolari sempre più stabili e caratterizzate da alte percentuali di carbonio di organismi morti milioni di anni fa e rimasti seppelliti nel sottosuolo nel corso delle varie ere geologiche. Tale processo di trasformazione avviene in maniera naturale nell’arco di milioni di anni.
I combustibili fossili sono una fonte di energia non rinnovabile (destinata, quindi, a esaurirsi nel tempo) e con un grande impatto sull’ambiente, dal momento che rappresentano la principale fonte di gas serra. Quando sono bruciati per produrre energia essi liberano nell’aria elevate quantità di CO2 e altri inquinanti. Al contempo, i combustibili fossili hanno anche dei vantaggi, che spiegano il loro vasto uso in tutto il mondo: il loro impiego ha infatti un costo più basso rispetto alle fonti di energia rinnovabili, liberano maggiori quantità di energia e sono molto facili da trasportare.
Quali sono i combustibili fossili e come si formano
Nell’opinione generale, molto spesso si fa riferimento ai combustibili fossili prendendo in considerazione solo la benzina o, più in generale, il petrolio. La definizione sopracitata, però, include anche altre forme energetiche che, quotidianamente, vengono impiegate nel mondo.
È possibile, infatti, trovare i combustibili fossili sotto varie forme:
- petrolio (e altri combustibili composti da idrocarburi naturali);
- carbone;
- gas naturale.
Il petrolio, tra le primarie fonti energetiche del mondo moderno, è una miscela liquida (nera, viscosa e infiammabile) di diversi idrocarburi, in prevalenza alcani, che è possibile trovare in giacimenti situati negli strati superiori della cosiddetta crosta terrestre. Il carbone è un combustibile fossile che può essere estratto nelle miniere (sia sotterranee che a cielo aperto) o essere prodotto in maniera artificiale. Si tratta di un combustibile pronto all’uso, che ha avuto origine in rocce sedimentarie caratterizzate dal colore nero/bruno scuro. Il carbone è composto in misura principale da carbonio ma contiene anche tracce di idrocarburi e altri minerali assortiti, inclusi alcuni a base di zolfo.
Per gas naturale si intende comunemente un gas prodotto in seguito alla decomposizione anaerobica di materia organica. In natura è possibile trovare il gas naturale perlopiù allo stato fossile, assieme al petrolio e al carbone, oppure da solo in giacimenti appositi. Il petrolio e il gas naturale, più nello specifico, sono il risultato della decomposizione di organismi che hanno abitato in passato la Terra, come fitoplancton e zooplancton. Milioni di anni fa grandi quantità di essi si sono depositati sul fondo dei bacini d’acqua e, nel corso del tempo, si sono mescolati con il fango, rimanendo sepolti sottoterra.
A causa del calore e della pressione proveniente dal centro della Terra, la composizione chimica di questa materia organica ha subito un’alterazione che ha portato alla formazione di composti di carbonio. Il carbone e il metano, invece, sono il risultato della decomposizione di piante terrestri morte e ricoperte durante il periodo Carbonifero (tra i 300 e i 350 milioni di anni fa). Nel corso dei secoli, poi, questo materiale organico si è solidificato, originando vaste distese di carbone, o si è trasformato in gas, dando vita così al metano.
La distribuzione dei combustibili fossili nel mondo
Le varie tipologie di combustibili fossili sopraenunciate sono presenti in aree differenti del mondo. Ciò significa che le principali riserve di carbone sono localizzate in aree non necessariamente coincidenti con quelle dove si trovano i maggiori giacimenti di petrolio o di gas. Le riserve di carbone costituiscono il principale accumulo di combustibili fossili che è possibile ancora sfruttare. Le maggiori sono localizzate negli Stati Uniti d’America, nell’Europa Occidentale (tra Gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania), in Polonia, in alcuni paesi dell’ex Unione Sovietica, in Australia, in India, in Cina e in Giappone.
La distribuzione geografica delle riserve di petrolio nel mondo è in continua evoluzione, a causa dello sfruttamento e del conseguente esaurimento di alcuni giacimenti. Oltre la metà della totalità delle riserve mondiali di petrolio si trova in Medio Oriente, tra Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran, Iraq, Kuwait e Siria. Si ritiene che i giacimenti localizzati in questa area del mondo siano anche quelli che, per le loro dimensioni, sono destinati a esaurirsi per ultimi in ordine di tempo. Il principale giacimento di gas si trova nei Paesi Bassi, ma vaste riserve si trovano anche in Algeria e in Siberia. È possibile trovare riserve di gas anche in corrispondenza dei giacimenti petroliferi sparsi nel mondo.
Quanto sono utilizzati i combustibili fossili in Europa
L’avvio dell’uso sistematico dei combustibili fossili nel mondo, generalmente, si fa coincidere con l’inizio della Rivoluzione Industriale in Europa e nel Nord America. Risale, cioè, alla fine del XVIII secolo. Il loro utilizzo come principale risorsa energetica, poi, è aumentato ulteriormente nel XX secolo, con il petrolio grande protagonista. Negli anni più recenti, la crescente attenzione dedicata al tema della sostenibilità ambientale ha progressivamente invertito la rotta nel confronto tra utilizzo di combustibili fossili ed energie rinnovabili.
Il primo storico traguardo, in Europa, è stato raggiunto nel 2020, quando si è registrato per la prima volta il sorpasso delle risorse rinnovabili sui combustibili fossili come primaria fonte di elettricità. A certificarlo è stato il rapporto annuale pubblicato da Ember and Agora Energiewend, che prende in esame la produzione di energia elettrica in relazione alle varie tipologie di sorgenti a disposizione dell’uomo. Nel 2020, infatti, in Europa, la percentuale di energia elettrica prodotta a partire da energie rinnovabili (trainata dall’energia eolica e da quella solare in sostituzione del carbone) ha raggiunto quota 38,2%, superando di poco più di un punto percentuale il valore dell’elettricità derivante dai combustibili fossili.
Solo 20 anni prima, cioè nel 2000, la quota di elettricità “rinnovabile” era al 15,6%, cioè meno della metà rispetto al 2020. Nel 2000, la percentuale di energia elettrica prodotta a partire dai combustibili fossili sfiorava, invece, il 52% (precisamente 51,7%). I primi importanti segnali di un’inversione di tendenza si sono visti a partire dal 2007 fino ad arrivare, 13 anni dopo, all’atteso sorpasso. La strada verso gli standard fissati dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è, però, ancora lunga (la produzione di energia eolica e di energia solare, per esempio, dovrebbero triplicare rispetto ai valori registrati attualmente). L’importante calo della quota di energia derivante dai combustibili fossili negli ultimi 13 anni in Europa, a ogni modo, lascia ben sperare.
Come vengono impiegati i combustibili fossili in Italia
I combustibili fossili utilizzati per la produzione di energia elettrica in Italia, cioè gas naturale, carbone e petrolio, vengono in gran parte importati dall’estero. I combustibili fossili, anche in questo caso in prevalenza provenienti dall’estero, sono utilizzati in maniera importante anche per quanto concerne i consumi legati all’autotrazione, al trasporto marittimo e aereo e al riscaldamento degli ambienti, che contribuiscono a comporre la quota totale del fabbisogno energetico dell’Italia. Negli ultimi anni, però, l’utilizzo delle fonti rinnovabili (come per esempio l’energia geotermica, idroelettrica, eolica e solare) sta acquisendo sempre più rilevanza anche in Italia.
Dal già citato rapporto annuale pubblicato da Ember and Agora Energiewend è emerso che in Italia, nel 2020, sono risultati in calo in maniera significativa sia il valore relativo all’elettricità generata a partire dal carbone che quella derivante da gas naturale. Le buone notizie sul fronte delle energie rinnovabili per l’Italia sono state confermate anche dall’Analisi del sistema energetico curata dall’ENEA relativa al secondo trimestre 2020: da questo studio, infatti, è emerso che dal 1° aprile al 30 giugno (in parziale corrispondenza col lockdown totale per il Covid-19) in Italia le fonti rinnovabili hanno superato il 50% della produzione elettrica nazionale. Un dato simile non si registrava dal lontano 1967. Parallelamente, rispetto alla primavera del 2019, nello stesso periodo del 2020 in Italia è stato evidenziato un calo del 26% delle emissioni di CO2 e di gas serra.
Nel gennaio del 2020 il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il testo del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) per il 2030, predisposto assieme al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il PNIEC, che ha sancito l’avvio di un deciso cambiamento nella politica energetica e ambientale dell’Italia in direzione della decarbonizzazione, è stato strutturato in 5 linee d’intervento integrate tra loro: dalla già citata decarbonizzazione all’efficienza e sicurezza energetica, passando per lo sviluppo del mercato interno dell’energia, della ricerca, dell’innovazione e della competitività.