Voluntary disclosure, cosa cambia nel 2026 per sanare irregolarità estere e crypto

Sembrerebbe essere allo studio una nuova voluntary disclosure per le criptovalute. Nel frattempo vediamo come funzionava in passato

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Con la locuzione voluntary disclosure ci si riferisce a quella procedura che prevede la collaborazione volontaria dei contribuenti con il fisco per far emergere una posizione irregolare. Generalmente questa procedura viene applicata per gestire dei capitali detenuti illecitamente all’estero, che il singolo ha intenzione di far emergere e regolarizzare.

Grazie proprio alla voluntary disclosure – nel corso del tempo ha continuato a rimanere operativa anche se è cambiata, almeno in parte – i contribuenti sono riusciti a sanare la propria posizione fiscale beneficiando di un trattamento di riguardo sul fronte delle sanzioni e degli interessi da pagare. Una delle caratteristiche della procedura, almeno in passato, era quella di essere legata ad una autodenuncia presentata dal contribuente, che doveva segnalare in prima persona le violazioni che aveva commesso, andando poi a determinare – in completa autonomia – le imposte da versare.

Il Governo starebbe valutando, una volta che si siano concluse le misure della tregua fiscale del 2023-2024, l’apertura di una nuova procedura per il 2026: stando alle indiscrezioni che stanno circolando potrebbe avere come oggetto le criptovalute e i nuovi asset digitali che sono rimasti fuori dalle precedenti regolarizzazioni.

Voluntary disclosure, di cosa si tratta e come funziona

Attraverso la voluntary disclosure i contribuenti hanno la possibilità di far emergere eventuali patrimoni che detengono all’estero che non hanno dichiarato. In questo modo hanno la possibilità di regolarizzare la propria posizione.

In altre parole il singolo comunica all’Agenzia delle Entrate di aver violato gli obblighi connessi al monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie di fonte estera.

Hanno la possibilità di utilizzare questo strumento anche i contribuenti che non sono tenuti a rispettare gli obblighi che derivano dal monitoraggio fiscale. E quelli che vi abbiano adempiuto in modo corretto. L’intento finale è quello di sanare omissioni o errori che sono stati commessi in relazione a:

  • imposte sui redditi e relative addizionali;
  • imposte sostitutive;
  • imposta regionale sulle attività produttive;
  • imposta sul valore aggiunto.

La voluntary disclosure prevede esplicitamente che il contribuente saldi completamente le imposte che ha evaso per gli anni che sono ancora aperti per l’accertamento. Non siamo quindi davanti a un condono fiscale, ma a una più semplice regolamentazione di quanto non dichiarato.

La decisione di aderire alla procedura appare interessante perché sono previste delle forti riduzioni delle sanzioni per la mancata compilazione del quadro Rw del Modello Redditi. È previsto anche uno sconto delle sanzioni previste per l’infedele od omessa dichiarazione in Italia dei redditi che sono stati maturati all’estero.

Le caratteristiche principali

A caratterizzare la voluntary disclosure sono alcuni elementi molto importanti:

  • la collaborazione prestata deve essere completa, il contribuente è tenuto a dichiarare tutte le attività irregolari e non è possibile sanarne solo una parte;
  • le informazioni vengono verificate e controllate una per una, dunque le dichiarazioni rese devono essere complete;
  • mediamente le sanzioni vengono ridotte del 15-20% dell’imposta evasa, ma ordinariamente sarebbero pari al 90-240%;
  • per i contribuenti vige l’esclusione delle responsabilità penale – non vengono puniti per omessa dichiarazione, dichiarazione infedele, frode fiscale e autoriciclaggio.

Quali sono i soggetti ammessi alla procedura

I soggetti che generalmente possono accedere alla voluntary disclosure sono i contribuenti soggetti agli obblighi del monitoraggio fiscale, che non hanno compilato il quadro Rw per dichiarare in Italia il patrimonio e le attività finanziarie che detengono all’estero.

Per quella che avrebbe allo studio il Governo per il 2026, si tratterebbe delle criptovalute e degli asset digitali detenuti oltrefrontiera.

I soggetti interessati sono:

  • le persone fisiche;
  • le persone giuridiche;
  • gli enti non commerciali.

Nel caso in cui il contribuente avesse già ricevuto degli accessi, delle ispezioni o delle verifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate non può partecipare alla procedura. Se, però, le indagini riguardano ambiti diversi non precludono la possibilità di adesione.

L’applicabilità delle procedure in determinati casi è determinata dal fatto che la voluntary disclosure altro non è che una regolamentazione volontaria: una volta che l’Amministrazione finanziaria è venuta a conoscenza delle violazioni viene meno la collaborazione del contribuente.

In altre parole non possono accedere:

  • i soggetti sotto accertamento, dunque i contribuenti che hanno ricevuto un verbale di contestazione o un avviso di accertamento per le violazioni che si vogliono sanare;
  • i soggetti Ires commerciali, dato che dall’edizione crypto 2023 erano stati esclusi le società commerciali e gli imprenditori individuali;
  • quanti abbiano già aderito alla procedura in passato.

Quali sono le sanzioni previste fuori dalla voluntary disclosure

Il legislatore ha previsto che in caso di violazione delle norme sul monitoraggio fiscale le sanzioni siano le seguenti:

  • una sanzione che oscilla tra il 3% ed il 15% dei capitali non dichiarati detenuti all’estero;
  • una sanzione che oscilla tra il 6% ed il 30% nel caso in cui i capitali siano detenuti nei Paesi blacklist.

Il contribuente che dovesse presentare la dichiarazione prevista per il monitoraggio fiscale entro 90 giorni dal termine ultimo previsto si applica una sanzione di 258 euro.

Cosa bisogna aspettarsi per il 2026

Ha ancora senso parlare di voluntary disclosure? Sembrerebbe proprio di sì, dato che il Governo starebbe valutando l’introduzione di una nuova finestra per intercettare le posizioni irregolari che non sono emerse nel corso degli ultimi anni. Questa volta si farebbe attenzione ai settori emergenti.

L’ipotesi sarebbe quella di gestire con questa pratica:

  • le criptovalute di nuova generazione, come i token DeFi non coperti dalla precedente regolarizzazione, i metaverse assets e gaming tokens, Stablecoin e Central Bank Digital Currencies (CBDC), Yield farming e liquidity mining;
  • i nuovi asset digitali, come gli NFT con finalità speculative o di investimento, partecipazioni in startup blockchain, revenue sharing token, royalty da opere digitali;
  • le attività tradizionali non emerse, come conti correnti in nuovi paradisi fiscali, investimenti in mercati emergenti, trust e fondazioni estere, polizze vita con finalità elusive.