Partita Iva cosa succede se diventa inattiva: le sanzioni a cui si va incontro

Dimenticarsi di avere la partita Iva e farla diventare inattiva può avere dei costi e delle conseguenze pesanti per i contribuenti più sbadati

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Nel caso in cui una partita Iva non venga utilizzata per almeno tre anni consecutivi per emettere delle fatture viene considerata inattiva. Questo avviene anche quando la stessa risulti essere formalmente iscritta all’anagrafe tributaria.

Una partita Iva viene considerata inattiva anche quando il titolare della stessa non abbia presentato per almeno tre anni consecutivi la dichiarazione annuale Iva o quando abbia cessato l’attività economica, ma non abbia effettuato la comunicazione di rito all’Agenzia delle Entrate. Questo significa, in altre parole, che le partite Iva inattive o dormienti sono quelle che risultano non essere operative, anche se sono ancora formalmente aperte all’anagrafe tributaria.

Ma cerchiamo di capire meglio e scopriamo cosa succede quando una partita Iva non viene utilizzata per lungo tempo.

Quando una partita Iva diventa inattiva

Una qualsiasi partita Iva diventa inattiva o dormiente nel momento in cui la stessa non sia operativa da almeno tre anni. Anche se continua a rimanere, almeno formalmente, iscritta all’anagrafe tributaria. Il contribuente che si dovesse trovare in questa situazione deve, quindi, valutare di:

  • mantenere ancora attiva la partita Iva, eventualmente avviando una nuova attività professionale o di impresa. Andando a modificare il codice attività, nel caso in cui fosse necessario;
  • effettuare la chiusura della partita Iva, presentando l’apposita comunicazione all’anagrafe tributaria.

Perché una partita Iva diventa inattiva?

Sono diversi i motivi per i quali una partita Iva diventa inattiva. Senza dubbio i principali risultano essere i seguenti:

  • il titolare della stessa non sta svolgendo alcun tipo di attività economica. O, comunque vada, non ha intenzione di farlo;
  • il titolare non ha più bisogno della partita Iva e, molto semplicemente, non ha provveduto ad effettuare la sua chiusura.

A questo punto è necessario comprendere in quale modo l’Agenzia delle Entrate gestisca una partita Iva inattiva. La situazione viene affrontata in diversi modi:

  • la prima operazione effettuata è l’invio di una comunicazione al titolare: viene segnalata l’inattività e viene chiesta conferma della situazione;
  • nel caso in cui non ci fossero delle risposte o se quelle fornite non chiariscono la situazione, l’Agenzia delle Entrate può procedere con la cancellazione della partita Iva;
  • l’AdE, inoltre, può inviare un avviso di accertamento per le tasse che eventualmente non sono state pagate. O, in alternativa, delle sanzioni fiscali a causa dell’inattività;
  • nel caso in cui le tasse non vengano pagate, l’AdE può procedere con l’iscrizione a ruolo e l’esecuzione forzata per il recupero del credito.

È possibile che l’Agenzia delle Entrate decida di adottare delle azioni amministrative o penali nei confronti del titolare della partita Iva inattiva, per eventuali violazioni fiscali.

Le conseguenze di una partita Iva inattiva

Quali sono le conseguenze più pesanti di avere una partita Iva inattiva? Quelle più comuni sono le seguenti:

  • sanzioni fiscali. Il contribuente può essere soggetto a delle sanzioni per non aver presentato i modelli fiscali e per l’eventuale mancato pagamento delle tasse dovute;
  • accertamento fiscale. L’Agenzia delle Entrate può procedere con la verifica della situazione fiscale del soggetto e il calcolo delle tasse dovute per gli anni precedenti;
  • recupero crediti. L’Agenzia delle Entrate può procedere con il recupero dei crediti per eventuali tasse non pagate e per le sanzioni dovute;
  • cancellazione dai registri delle partite Iva. L’inattività della posizione Iva può comportare la cancellazione dai registri. La conseguenza immediata e che il diretto interessato non ha più la possibilità di svolgere le varie attività commerciali;
  • segnalazione alla centrale dei rischi. Questa segnalazione rende più difficile l’ottenimento di finanziamenti o crediti per l’attività economica;
  • azioni amministrative o penali. Nel caso in cui siano state commesse delle violazioni fiscali, il contribuente può essere soggetto ad azioni amministrative o penali.

Quando una partita Iva inattiva non deve essere chiusa

Quando una partita Iva genera dei fatturati molto bassi e prossimi allo zero può essere tenuta aperta. In questa situazione si possono ritrovare i soggetti che stanno avviando la propria attività professionale. O quanti stanno attraversando una situazione delicata e si stanno posizionando sul mercato. È il caso, ad esempio, del giovane avvocato che dopo la pratica ha deciso di mettersi in proprio ed aprire uno studio professionale.

In questa fase è plausibile che la partita Iva possa rimanere inattiva per un po’ di tempo. Una situazione simile può avvenire nel momento in cui si apre la partita Iva per gestire un’attività lavorativa secondaria.

Situazione completamente diversa è quella del professionista che decide di chiudere la propria attività professionale. Questo può avvenire nel caso in cui un freelance entra in uno studio professionale associato: se le operazioni verranno fatturate direttamente dallo studio, la partita Iva personale potrebbe diventare inattiva. Sempre che il diretto interessato non sia intenzionato a lasciarla aperta perché in futuro potrebbe ricevere degli incarichi personali.

È bene sottolineare, ad ogni modo, che una partita Iva aperta genera dei costi, che è necessario essere in grado di sopportare dal punto di vista economico. Sicuramente questo è l’aspetto più importante da prendere in considerazione nel valutare la chiusura della partita Iva.

Partita Iva inattiva o chiusa: quali sono le differenze

Tra una partita iva inattiva ed una chiusa ci sono delle differenze sostanziali. Anche se, in un certo qual modo, si assomigliano.

Sostanzialmente una partita Iva inattiva non viene utilizzata per svolgere una qualsiasi attività economica. Ma il titolare non ha provveduto a chiudere ufficialmente l’attività, facendo le dovute comunicazioni all’Agenzia delle Entrate. Questa particolare situazione determina alcune obbligazioni in capo al titolare della stessa, che dovrà continuare a pagare le tasse.

La partita Iva chiusa, invece, non viene utilizzata per svolgere una qualsiasi attività economica. E il titolare della stessa ha formalmente chiuso l’attività facendo la dovuta comunicazione all’Agenzia delle Entrate. In questo caso, il contribuente non deve adempiere alle obbligazioni fiscali e non deve pagare le tasse. Sempre che non sia in corso una richiesta di recupero crediti o sanzioni per le violazioni che sono state commesse prima della chiusura della partita Iva.

In sintesi

Una partita Iva diventa inattiva nel momento in cui il contribuente smette di fatturare per tre anni. L’inattività può comportare la cancellazione d’ufficio del codice univoco e il contribuente può rischiare dei controlli fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Quando, per un motivo o per l’altro, si dovesse smettere l’attività professionale è sempre bene procedere con la comunicazione della chiusura della partita Iva. In questo modo si evita di sostenere dei costi inutili e non si viene sottoposti a dei controlli da parte dell’amministrazione finanziaria.