Problemi col Fisco? Ecco quando non devi pagare nessuna multa

L'Agenzia delle Entrate spiega che la definizione delle liti fiscali è a costo zero se il tributo risulta essere stato versato

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Le liti fiscali si possono concludere senza il versamento di alcuna sanzione, nel caso in cui il tributo sia già stato versato. Per chiudere definitivamente la pratica è sufficiente presentare la domanda di definizione agevolata delle liti fiscali. A fornire questo importante chiarimento è direttamente l’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta n. 441 del 29 settembre 2023.

Ma cerchiamo di comprendere meglio cosa sia successo e quali sono state le motivazioni che hanno portato l’AdE a fornire una risposta di questo genere ad un contribuente.

Liti fiscali senza sanzioni

Stando a quanto spiega l’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 441 del 29 settembre 2023, le liti fiscali possono essere chiuse senza la necessità di versare alcuna sanzione. Purché il tributo sia già stato versato. Per chiudere definitivamente la pratica è necessario presentare la domanda di definizione agevolata.

La risposta dell’AdE prende il via da un caso concreto e riguarda la controversia che una società ha intenzione di chiudere usufruendo della definizione agevolata delle liti fiscali. La possibilità di accedere a questo strumento è messa a disposizione dall’articolo 1, commi da 186 a 205 della Legge n. 197/2022. Nel caso specifico il contenzioso aveva preso origine da un ricorso presentato da una società dopo l’arrivo di una cartella di pagamento, partita a seguito di un controllo automatizzato effettuato sulla dichiarazione dei redditi Modello Unico 2011.

Nella cartella esattoriale inviata al contribuente veniva intimato il pagamento dell’ultima rata di un piano rateale, che era stato accordato direttamente dall’Agenzia delle Entrate. Dalla documentazione in possesso di quest’ultima il versamento risultava omesso. Al contribuente veniva intimato il pagamento della stessa con relativi interessi e sanzioni. Il contribuente, inoltre, avrebbe dovuto pagare un’ulteriore sanzione pari al 30% e gli interessi calcolati sull’intero debito tributario originario, a cui doveva essere sottratto quanto versato.

La contestazione del contribuente

La società ha immediatamente opposto ricorso alla richiesta dall’Agenzia delle Entrate per chiedere l’annullamento dell’iscrizione a ruolo, ma solo per la parte che riguardava le sanzioni e gli interessi calcolati sull’intero debito. Inoltre l’istante aveva chiesto che non fossero dovute le sanzioni e che fossero sottratti da quanto dovuto gli importi versati, nei quali dovevano rientrare anche quelli legati alla rateizzazione e quelli relativi al ravvedimento.

Qual era il nodo del contendere? Ma soprattutto cosa stava contestando il contribuente? La società aveva puntato il dito contro la decadenza della rateazione. Il presupposto di questa presa di posizione è molto semplice: il fatto che l’ultima rata della rateazione non fosse stata saldata, non comportava la decadenza dell’intera pratica.

La controversia, che ha visto contrapposte l’Agenzia delle Entrate e la società, è arrivata fino in Corte di Cassazione, dopo che sono state parzialmente accolte le richieste da parte delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado. L’istante, mentre era in attesa degli esiti del ricorso, ha provveduto a versare l’imposta con interessi e sanzioni.

Fatte le suddette premesse, la società ha intenzione di definire la lite pendente in Cassazione e – proprio per questo motivo – chiede se la controversia possa essere definibile direttamente in Cassazione o come una controversia che abbia come oggetto delle sanzioni collegate direttamente al tributo, considerando i trattamenti diversi disposti per i due casi nella disciplina di definizione delle liti fiscali pendenti.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

Nel fornire la propria risposta, l’Agenzia delle Entrate ricorda la circolare n. 2/E del 2023, nella quale, facendo riferimento alla Legge n. 197/2022, viene sottolineato come non venga effettuata alcuna specificazione in relazione alla tipologia degli atti che possono essere oggetto delle controversie definibili, tra i quali possono rientrare anche gli atti meramente riscossivi. L’AdE ha quindi richiamato direttamente il comma 191 delle Legge di Bilancio 2023, il quale dispone esplicitamente che

le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della presente legge, e con il pagamento del 40 per cento negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata.

Nell’ulteriore tentativo, da parte dell’Agenzia delle Entrate di chiarire quale distinzione ci sia tra le sanzioni collegate e quelle non collegate al tributo, è stata richiamata la circolare n. 6/E del 1° aprile 2019, nella quale è stato specificato che:

norma, le sanzioni non collegate al tributo corrispondono a quelle stabilite per le violazioni che non incidono sulla determinazione o sul versamento del tributo. Per converso, le sanzioni collegate al tributo sono quelle stabilite per le violazioni che incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo.

Il caso preso in esame

L’Agenzia delle Entrate spiega che, nel caso preso in esame, la società ha deciso di impugnare una cartella di pagamento limitatamente alle sanzioni e agli interessi. La suddetta cartella era iscritta a ruolo per la decadenza del beneficio della rateazione a causa di un omesso versamento dell’imposta dovuta. Il motivo della controversia, quindi, è proprio relativo alle sanzioni derivanti dall’omesso versamento.

L’AdE ha quindi osservato che le eventuali liti fiscali che risultino essere relative a delle sanzioni collegate a dei tributi, risultano essere definibili ai sensi del comma 191 solo in caso di definizione dell’importo concernente i tributi. In caso contrario le stesse risultano essere definibili con le percentuali previste dalla definizione agevolata.

L’AdE conclude chiarendo che è necessario verificare che l’importo dei tributi risulti essere stato definito, anche attraverso un altro tipo di definizione. Nel caso in cui, per la lite presa in esame, questo risulti essere avvenuto, la lite può essere definita senza la necessità di versare altri importi.