Il canone Rai va in prescrizione dopo 10 anni

La Corte di Cassazione è intervenuta sul canone Rai stabilendo che vada in prescrizione dopo dieci anni

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Il canone Rai si prescrive nell’arco di dieci anni. A chiarire questo particolare è la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 33213/2023, con la quale è stato definito quale sia il perimetro di questa particolare tassa e sono state date alcune indicazioni relative all’Irpef, all’Irap e all’Iva.

La presa di posizione dei giudici della suprema corte è particolarmente importante, perché la prescrizione del canone Rai viene fissata in dieci anni e non in cinque: in assenza di una disciplina derogatoria è necessario andare ad applicare il termine decennale, che è previsto direttamente dall’articolo 2946 del Codice Civile. Lo stesso arco temporale della prescrizione si applica anche per le imposte sui redditi e per l’Iva.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, inoltre, ha sancito il principio secondo il quale l’obbligazione tributaria, anche quando si riferisce ad una prestazione che ha una cadenza annuale, ha un proprio carattere autonomo ed unitario. Il pagamento, in estrema sintesi, non è legato a quello degli anni precedenti, ma è condizionato da nuove ed autonome valutazione in ordine al fatto che sussistano dei presupposti impositivi. Ma vediamo quali sono le novità più importanti che sono state introdotte.

In quanti anni si prescrive il canone Rai

La presa di posizione della Corte di Cassazione prende il via da un caso specifico. Un contribuente ha impugnato delle cartelle esattoriali nelle quali erano contenuti alcuni crediti erariali e dei tributi locali. Il diretto interessato ha contestato l’intervenuta prescrizione delle pretese tributarie. Il ricorso è stato accolto in primo grado. Successivamente l’appello presentato dal concessionario della riscossione è stato rigettato.

La commissione tributaria regionale ha spiegato, all’interno della sentenza che

i titoli esecutivi divenuti irretrattabili per carenza di impugnazione […] sono atti amministrativi non idonei di per sé – e in assenza di titolo giudiziale o di altro titolo idoneo per legge – a determinare l’effetto processuale di convertire il termine di prescrizione ordinario in quello decennale.

Il ricorso in Cassazione

A questo punto la concessionaria della riscossione ha deciso di proporre un ricorso in Cassazione contro la sentenza avversa. È stato denunciato quanto segue:

  • il fatto che sia stato applicata una prescrizione quinquennale anche ai crediti erariali – tra i quali, nel dettaglio, entrano anche i crediti di Irpef, Irap e Iva e il canone Rai, per il quale, in assenza di una norma derogatoria, si deve applicare l’ordinario termine decennale di prescrizione – costituisce una violazione ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c, dell’articolo 49 del DPR n. 602/1973;
  • in relazione agli altri crediti, per i quali la cartella esattoriale determina un effetto novativo soggettivo e l’applicazione del termine di prescrizione previsto dall’articolo 2946 ss del Codice Civile – per il quale dovrebbe essere sollecitato un revirement dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite – costituisce una violazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 49 del DPR n. 602 del 1973, degli artt. 17, 19, 20 del DLGS. n. 112 del 1999 nonché dell’art. 2646 ss. c.c.;
  • in ordine alla specifica eccezione di applicazione del termine di prescrizione decennale relativamente al potere di riscossione esattoriale, viene denunciata l’omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 360 n. 4 c.p.c.

Le precisazioni della Corte di Cassazione

In varie occasioni la Corte di Cassazione si è soffermata su alcune tasse ed imposte, tra le quali ha ricordato:

  • l’Irpef;
  • l’Irap;
  • l’Iva;
  • l’imposta di registro.

Per i suddetti crediti il termine ordinario si prescrive nell’arco di dieci anni. In questo contesto assume particolare rilievo l’imposta di di registro, per la quale valgono le indicazioni contenute all’interno dell’articolo 78 del DPR n. 131/1986. Per quanto riguarda le altre imposte dirette, quando è assente un’espressa previsione, viene applicato l’articolo 2946 del Codice Civile, non potendo applicare l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’articolo 2948, primo comma per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi.

Ma perché, per il canone Rai si deve applicare la prescrizione decennale? Questa obbligazione tributaria, essendo costituita da una prestazione a cadenza annuale, ha a tutti gli effetti un carattere autonomo ed unitario. Ma soprattutto il pagamento non risulta essere legato ai precedenti. Ogni anno risente di nuove ed autonome valutazioni, che sono condizionate dalla sussistenza dei presupposti impositivi.

Il principio che abbiamo appena analizzato deve essere esteso anche al canone Rai previsto dal RD n. 246 del 1938. Non essendoci una specifica disposizione relativa al termine di prescrizione – che sia idonea a derogare la previsione generale introdotta dall’articolo 2946 del Codice civile – vale la prescrizione decennale.

Canone Rai, vale il principio generale

I giudici della suprema corte, inoltre, hanno ribadito il principio generale – affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione n. 23397 del 25 ottobre 2016 – che è stato correttamente applicato nella sentenza impugnata relativamente ai crediti per la Tarsu. In questo caso la scadenza perentoria del termine entro il quale opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo produce sostanzialmente un effetto. Quello della irretrattabilità del credito, ma non la cosiddetta conversione del termine di prescrizione breve.

Nel caso in cui sia prevista sostanzialmente una prescrizione più breve rispetto a quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre un’opposizione non permette di applicare l’articolo 2953 del Codice Civile. Sempre che non si sia in presenza di un titolo giudiziale, che è diventato a tutti gli effetti ufficiale.

In estrema sintesi

Sostanzialmente la Corte di Cassazione è intervenuta ufficialmente sui termini di prescrizione del canone Rai. Questa imposta va in prescrizione una volta che siano passati dieci anni. Le caratteristiche intrinseche dell’abbonamento alla tv pubblica non sono tali da giustificare un termine di prescrizione più breve.

In altre parole i controlli sul pagamento del canone Rai possono essere ed hanno valore fino a dieci anni dalla sua scadenza. I contribuenti è bene che se ne ricordino anche nel momento in cui devono conservare e custodire la documentazione che ne attesti il pagamento (quando viene addebitato sulle bollette dell’elettricità, è opportuno conservarle con cura.