Affitti brevi, scattano i controlli con la doppia sanzione

Il Fisco accende i riflettori sui proprietari di casa che hanno operato affitti brevi attraverso Airbnb e non hanno versato la cedolare secca del 21 per cento

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Dopo le maxi multe alle principali piattaforme di affitti brevi, Booking e Airbnb, il Fisco italiano va a caccia di evasori tra i proprietari delle case adibite a Bed and breakfast. Nonostante il passo indietro sull’aumento in Manovra della cedolare secca dal 21 al 26 per cento, che dovrebbe salire a quest’ultima quota solo per l’affitto dal secondo appartamento affittato in poi, il Governo non arretra sul giro di vite nei confronti degli immobili destinati alla locazione per soggiorni di breve periodo.

La multa

Come abbiamo riportato qui, il tribunale di Milano ha disposto nei confronti di Airbnb il sequestro monstre di 779 milioni di euro per tasse non pagate al Fisco italiano.

Il provvedimento della gip Angela Minerva, su richiesta della procura, contesta al colosso il mancato versamento come sostituto d’imposta della cedolare secca del 21% sugli affitti intermediati: secondo l’accusa, tra il 2017 e il 2021 la multinazionale “non ha ottemperato agli obblighi” previsti dall’articolo 4 del decreto legge 50 del 2017, “sottraendosi alla dichiarazione e al versamento (in qualità di sostituto d’imposta) di ritenute di ammontare pari” alla somma di oltre 779 milioni di euro, “calcolate in misura del 21 per cento (cd. “cedolare secca”) su canoni di locazione breve” riguardo a un giro d’affari di oltre 3 miliardi e 700 milioni (qui avevamo riportato la decisione del Consiglio di stato sul pagamento della cedolare secca da parte dei colossi come Airbnb).

Come emerge dalle carte dell’inchiesta, i magistrati ritengono che Airbnb abbia “assunto la deliberata opzione aziendale di non conformarvisi, con il fine precipuo di non rischiare la perdita di fette di mercato in favore della concorrenza, tenendo un comportamento apertamente ostruzionistico verso l’amministrazione finanziaria italiana, omettendo di eseguire alcuna dichiarazione di alcun versamento erariale”.

I controlli

La maggioranza dei proprietari di casa che operavano attraverso Airbnb avrebbe dunque beneficiato della condotta illecita della piattaforma e per questo la Guardia di Finanza sta passando al setaccio i contratti uno ad uno per verificare che la cedolare secca sia stata effettivamente versata, nonostante le omissioni del sostituto d’imposta.

Secondo quanto spiegato dal centro studi Eutekne, infatti, “l’imposta, cedolare secca o Irpef che sia non è dovuta da AirBnB, bensì dai proprietari”.

Se è vero da un parta che “non è detto che a ciò sia corrisposta pari evasione d’imposta, a meno di non voler presumere che nessuno dei locatori coinvolti abbia pagato le imposte sugli immobili locati con locazione breve”, dall’altra mancano comunque all’appello i versamenti di diversi proprietari (qui abbiamo spiegato cosa rischiano gli host nell’inchiesta su Airbnb).

Come riportato da ‘Il Corriere della Sera’, i proprietari che non hanno provveduto alla cedolare secca indipendentemente da Airbnb rischiano una doppia sanzione amministrativa: una di minimo 500 euro per omessa dichiarazione del canone di locazione, per un importo che va dal 240 al 480 per cento, e un’altra per dichiarazione infedele, dal 180 al 360 per cento (qui la guida alla tassa di soggiorno di QuiFinanza).

Al momento i controlli interesseranno gli host non professionali, escludendo dunque i proprietari che svolgono l’attività di affitto con partita Iva, chi gestisce più di quattro appartamenti e gli affitti lunghi cioè superiori a 30 giorni (qui avevamo riportato le ultime norme sugli affitti brevi del Ddl turismo e le conseguenze per Airbnb).