Superbonus, occhio al visto di conformità: per chi è un problema

Si tratta di un documento di fondamentale importanza per la buona riuscita dei lavori: solo pochi professionisti possono rilasciarlo e le norme sono stringenti

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Tra le tante norme che regolano l’accesso al Superbonus (spesso introdotte e poi cambiate in corsa, a volte tolte, altre volte reinserite) c’è anche quella che riguarda l’attività del tecnico specializzato che deve seguire il corso dei lavori per tutta la loro durata, facendosi sostanzialmente da tramite tra i membri del condominio richiedente (o i proprietari stessi se si tratta di un’abitazione privata) e l’azienda edilizia che mette in opera il progetto.

Nello specifico, risulta di particolare importanza per i richiedenti l’entrata in possesso del cosiddetto visto di conformità. Di seguito tutti i dettagli su questo passaggio cardine per la buona riuscita dei lavori.

Visto di conformità, che cos’è e come ottenerlo

Il visto di conformità è un documento che viene rilasciato da un professionista abilitato, tramite cui viene certificata la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla fruizione della detrazione fiscale. Affinché il visto venga rilasciato, occorre che il tecnico effettui un controllo circa l’esistenza e l’effettiva regolarità della documentazione rilasciata per accedere al Superbonus. Il professionista dovrà accertare l’avvenuta esecuzione degli adempimenti richiesti dalla legge e la conformità dei dati con quanto previsto dalla normativa.

Visto di conformità, chi può rilasciarlo

I professionisti che sono abilitati al rilascio del visto di conformità sono tutti gli iscritti all’albo dei commercialisti e degli esperti contabili, ma anche gli iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, i responsabili dei centri di assistenza fiscale (i cosiddetti patronati), gli iscritti ai ruoli di periti (alla data del 30 settembre 1993) e i tecnici comunemente scritturati e retribuiti dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub categoria tributi.

Sono inclusi in questa categoria anche tutti coloro che sono in possesso di una laurea conseguita presso la facoltà di giurisprudenza, di economia e commercio o con un titolo di studio equipollente (solo in questo caso specifico è compreso anche chiunque detenga un diploma di ragioneria, purché dimostri di essere in regola con gli aggiornamenti professionali in materia).

Visto di conformità, tutti i parametri da rispettare per ottenerlo

Il tecnico abilitato, per rilasciare il visto di conformità, dovrà effettuare una serie di controlli specifici. I documenti elencati in seguito sono quelli di fondamentale importanza affinché il progetto non rischi di interrompersi (se non addirittura di naufragare, con danni ingenti per tutte le figure coinvolte):

  • la presenza di un titolo valido di possesso/detenzione dell’immobile oggetto di intervento;
  • l’atto di cessione dell’immobile;
  • il certificato catastale dell’immobile, oppure la relativa domanda di inserimento nell’apposito elenco;
  • la presenza di eventuali titoli abitativi richiesti per la realizzazione dell’intervento;
  • il permesso di costruzione depositato presso il Comune;
  • le comunicazioni e le relazioni tecniche precedenti all’inizio dei lavori;
  • l’APE per i lavori finalizzati all’efficientamento e al miglioramento energetico;
  • l’avvenuto rilascio del via libera da parte di un professionista abilitato in ordine alla presenza dei requisiti tecnici e alla congruità delle spese sostenute in precedenza;
  • la polizza assicurativa a tutela di questo professionista abilitato;
  • i documenti che accertino l’avvenuta spesa (fatture emesse e ricevute fiscali);
  • i bonifici bancari o postali;
  • la documentazione – rilasciata dall’amministratore di condominio – che attesta la spesa, con allegato il verbale di delibera (questo non è necessario per le abitazioni private);
  • la ricevuta della relativa comunicazione all’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile).