Il lavoro dipendente è incompatibile con il regime forfettario, nel caso in cui il reddito percepito risulti essere superiore a 30.000 euro l’anno (deve essere preso in considerazione quanto dichiarato nel corso dell’anno precedente). Anche quando il rapporto da dipendente sia instaurato con un datore di lavoro non residente. L’unica eccezione a questa regola è costituita dal caso in cui, nel corso dell’anno precedente rispetto a quello nel quale si sia optato per il regime forfettario, il rapporto di lavoro dipendente sia cessato.
A dare delle indicazioni precise e ben dettagliate sulla possibilità di accedere al regime agevolato è la lettera d-ter) del comma 57 dell’articolo 1 della Legge n. 190/2014, con la quale è stato espressamente previsto espressamente che:
I soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire quali siano i redditi che precludono l’accesso al regime forfettario ai lavoratori dipendenti.
Indice
Lavoro dipendente e regime forfettario, l’incompatibilità
Quali sono i criteri che escludono la possibilità di accedere al regime forfettario? Non vi possono aderire i soggetti che, nel corso dell’anno precedente, hanno maturato dei redditi da lavoro dipendente ed assimilati – tra i quali rientrano anche quelli da pensione – di importo superiore a 30.000 euro. Per determinare in maniera precisa ed inequivocabile e questo limite, l’Agenzia delle Entrate ha diramato i seguenti chiarimenti:
- non devono essere presi in considerazione i compensi arretrati che risultano essere assoggettati alla tassazione separata ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lett. b) del TUIR. Su questo punto sono importati i chiarimenti arrivati dall’AdE alla risposta all’interpello n. 102/E/2020;
- sono, invece, rilevanti i compensi che sono stati percepiti a titolo di premi di risultato erogati ai sensi di eventuali contratti collettivi, che risultano essere assoggettati ad imposta sostitutiva del 10%. In questo caso risulta essere importante la risposta all’interpello n. 398/E/2020.
Cessazione del lavoro dipendente
Cosa succede, invece, nel caso in cui, nel corso dell’anno precedente, il lavoro dipendente sia cessato? A questo punto la verifica della soglia dei 30.000 euro diventa irrilevante. Su questo punto alcuni chiarimenti sono arrivati direttamente dall’Agenzia delle Entrate attraverso la circolare n. 10/E/2016. Tra i punti messi in evidenza dal documento citato ricordiamo:
- non è necessario verificare il superamento della soglia dei 30.000 euro nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente risulti essere cessato nel corso dell’anno precedente rispetto a quello nel quale si ha intenzione di accedere al regime forfettario;
- la soglia dei 30.000 euro deve, invece, essere verificata nel caso in cui il contribuente abbia cessato un’attività lavorativa ed abbia intrapreso un nuovo rapporto lavorativo, nel caso in cui quest’ultimo risulti essere ancora attiva al 31 dicembre.
Proviamo ad analizzare un caso concreto. Un determinato soggetto nel corso dell’anno precedente ha in essere un contratto di lavoro. Nel caso in cui nell’anno in corso il soggetto dovesse cessare il rapporto di lavoro dipendente, il contribuente può operare nel regime forfettario purché l’anno prima non abbia superato i 30.000 euro di reddito. La soglia deve essere verificata perché il licenziamento è avvenuto nel corso dell’anno in corso, ossia in quello in cui ha optato per accedere al regime forfettario. Se, invece, il licenziamento fosse avvenuto nell’anno precedente – ossia prima rispetto a quello nel quale ha intenzione di accedere al regime forfettario – la soglia non avrebbe alcun tipo di importanza.
Pensioni, anche loro si computano nei calcoli?
All’interno del limite dei 30.000 euro devono essere conteggiate anche le pensioni che vengono percepite dal contribuente. Questa particolare situazione si viene a generare perché, ai fini fiscali, le pensioni sono considerate a tutti gli effetti come dei redditi da lavoro dipendente.
La situazione che si viene a verificare, a questo punto, è che qualsiasi importo venga incassato a titolo di pensione nelle annualità pregresse, deve essere considerato come un reddito da lavoro. Anche quando derivano dal riscatto volontario del trattamento di fine rapporto depositato presso un fondo pensione, anche quando viene assoggettato a tassazione separata.
L’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta all’interpello n. 311/E/2023, ha sottolineato come il reddito da pensione – proprio perché viene considerato a tutti gli effetti alla stregua del reddito da lavoro dipendente – ha un ruolo importante, anche quando viene considerato in maniera autonoma, nel momento in cui si debba verificare il raggiungimento della soglia per poter accedere al regime forfettario.
Regime forfettario: i redditi percepiti da datore di lavoro non residente
Come devono essere conteggiati i redditi percepiti da un datore di lavoro non residente? Su questo punto, al momento, mancano dei chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si deve ritenere che debbano rientrare nella soglia di lavoro dipendente che non deve essere superata per poter accedere al regime forfettario.
Ovviamente stiamo analizzando il caso del lavoratore dipendente che presti la propria attività professionale alle dipendenze di un datore di lavoro non residente, ma che – ci stiamo riferendo al dipendente – sia fiscalmente residente in Italia.
Superare la soglia 30.000 euro
Cosa succede nel caso in cui dovesse essere superata la soglia dei 30.000 euro? Nel caso in cui il contribuente dovesse guadagnare di più decade dal regime forfettario a partire dall’anno successivo rispetto a quello nel quale è stato registrato lo sforamento. A questo punto il titolare di partita Iva è obbligato a passare al regime della contabilità semplificata.