Per quanto in qualche modo accomunati, interessi legali e moratori rientrano in due categorie ben distinte. Per comprenderne al meglio le differenze è necessario guardare all’origine, ovvero al motivo per il quale sono sorti inizialmente. Volendo proporre una semplice e rapida risposta, gli interessi legali sono il frutto dell’utilizzo di un capitale altrui. Gli interessi moratori invece derivano da un ritardo nel pagamento di un debito contratto in precedenza.
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Le differenze tra interessi legali e moratori
Quando ci si ritrova nella posizione di poter gestire un capitale altrui l’obiettivo è ottenere dei frutti civili. Si tratta di interessi legalmente riconosciuti (da ciò ne deriva il nome). Ogni credito è dunque produttivo di tali interessi nel caso in cui abbia ad oggetto una somma di denaro. Lo stesso dicasi se il credito è liquido, ovvero determinato esattamente del suo ammontare, o esigibile, dunque non sottoposto ad alcun termine o condizione vincolante.
La somma dell’interesse viene calcolata in base a una percentuale del capitale. Questa viene definita come tasso o saggio di interesse. A determinarla è lo Stato, deliberando annualmente una legge in merito. Nel caso in cui gli interessi previsti siano superiori alla misura legale, ciò dovrà essere preventivamente indicato per iscritto. Nel caso in cui tale operazione non dovesse essere svolta, si procederà all’attuazione della misura legale, come di consueto.
Nel caso in cui le parti in causa dovessero pattuire dei precisi standard, si farà riferimento nel contratto redatto a degli interessi convenzionali. Ci si ritrova invece a dove gestire degli interessi moratori nel caso in cui si risulti in ritardo nel pagamento di un debito. Il ritardo accumulato, a seconda delle clausole presenti nell’accordo precedentemente siglato, determinerà la creazione di una mora, ovvero di una precisa somma da versare in aggiunta a quanto già dovuto.
Gli accordi sanciti possono prevedere un regolare aumento degli interessi, nel caso in cui il ritardo dovesse protrarsi ulteriormente, fino al raggiungimento di una fase in cui dover fronteggiare conseguenze penali. Tali interessi hanno dunque una natura risarcitoria in favore del creditore che subisce il ritardo del pagamento.
Al termine fissato dalla legge o dalle parti in causa scattano dunque degli interessi di mora. La somma di denaro da corrispondere, in aggiunta a quanto pattuito inizialmente per la prestazione ricevuta, comprenderà degli interessi legali. Ciò accade anche nel caso in cui gli stessi non fossero dovuti precedentemente, così come nel caso in cui il creditore non provi d’aver sofferto alcun danno.
Se prima della mora era richiesto il pagamento di interessi superiori alla misura legale, la mora sarà dovuta nella stessa misura. Va da sé che per richiedere formalmente il pagamento dell’intera somma dovuta, si dovrà poter vantare una dichiarazione ufficiale. Questa dimostrerà come il debitore abbia richiesto in precedenza una data prestazione, accettando tutti i dettagli relativi ai successivi pagamenti, con eventuali more.
Come detto, è possibile indicare degli interessi di mora superiori al tasso legale, nel momento della sottoscrizione del contratto per la prestazione richiesta. Questo tasso andrà a delineare anche il calcolo successivo della mora. Esistono però dei limiti da non poter superare, così da non incappare in sanzioni penali. Si tratta del limite usuraio.
Interessi moratori: i tempi
I tempi degli interessi moratori vengono sanciti di norma dal contratto pattuito. Nel caso in cui l’accordo non dovesse prevedere tale sezione, gli interessi decorrono nei seguenti casi:
- superata la data dei 30 giorni dal ricevimento della fattura da parte del debitore o di un’equivalente richiesta di pagamento;
- superata la data dei 30 giorni dal ricevimento delle merci richieste o dalla prestazione ricevuta. Ciò ha valore nel caso in cui la data nella quale il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento fosse anteriore a quella dell’effettivo ricevimento delle merci o della prestazione;
- superata la data dei 30 giorni dal ricevimento delle merci o dalla data di prestazione ricevuta, nel caso in cui la data di ricevimento non risulti certa;
- superata la data dei 30 giorni dall’accettazione, dalla verifica prevista per legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce e dei servizi. Ciò si verifica nel caso in cui il debitore dovesse ricevere la fattura o la richiesta di pagamento in un tempo non successivo a tale data;
- superata la data di 60 giorni dalla consegna o dal ritiro per i prodotti alimentari deteriorabili.