A chi spetta pagare le imposte di successione nel momento in cui un’eredità è vacante, ossia quando mancano gli eredi? La gestione della pratica, in questo caso, passa a un curatore, il cui compito è definito dalla legge. Verrebbe da pensare, a questo punto, che spetti proprio a questo soggetto pagare tutti gli oneri che scaturiscono da questo incarico. Ma non è sempre così.
Il curatore dell’eredità giacente è un professionista, che viene nominato dal Tribunale competente per territorio (è quello nel quale aveva la residenza la persona che è venuta a mancare). Il suo compito è quello di amministrare e gestire i beni in attesa che la situazione relativa all’eredità si chiarisca.
Sostanzialmente il curatore ha un ruolo di garanzia, che si concretizza, ai fini pratici, in una serie di obblighi complessi, tra i quali c’è anche quello di presentare la dichiarazione di successione. I problemi iniziano a sorgere nel momento in cui il patrimonio è costituito da più debiti che crediti.
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Cosa fa il curatore dell’eredità giacente
Per riuscire ad addentrarci correttamente nei risvolti fiscali della faccenda è importante riuscire a capire quale sia il ruolo del curatore dell’eredità giacente. Può capitare, infatti, che nessuno dei chiamati all’eredità accetti e non si trovi nemmeno nel possesso dei beni ereditari. Quando si vengono a configurare queste situazioni, il patrimonio del defunto diventa giacente.
Come si potrà ben capire siamo davanti ad una situazione di incertezza, che non può durare per molto tempo. I beni si potrebbero deteriorare e i creditori del defunto non avrebbero più la possibilità di aggredire gli attivi per soddisfare le proprie pretese.
Questo è il motivo per il quale la legge ha previsto la nomina di un curatore, che ha un compito ben preciso: conservare e gestire i beni del defunto. Questo professionista, però, non è un erede né un proprietario: è semplicemente un amministratore, che deve gestire gli interessi di altre persone. Ossia quello dei futuri eredi, che in un secondo momento potrebbero accettare l’eredità. Ma anche dei creditori, che hanno diritto ad essere soddisfatti.
Il curatore deve redigere un inventario dei beni, deve pagare i debiti ereditari e deve assolvere gli obblighi fiscali: in altre parole deve presentare la dichiarazione di successione.
La domanda che sorge a questo punto è a dir poco ovvia: se da un lato i curatori sono tenuti a questo adempimento, dall’altro come si devono comportare con le imposte di successione? Il dubbio si fa più evidente nel momento in cui l’asse ereditario ha un valore negativo.
A chi spetta pagare le imposte di successione?
Il curatore è obbligato a pagare le imposte di successione, ipotecarie e catastali? A chiarire questo dubbio di massima ci ha pensato la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma, che ha stabilito un principio molto chiaro: il curatore non è il soggetto passivo delle imposte.
È tenuto a presentare la dichiarazione di successione, ma non è tenuto a pagare le relative imposte (vedasi sentenza 7305/5/2025 del CGT di primo grado di Roma).
In questo caso i giudici hanno deciso di accogliere la tesi del curatore, il quale ha sostenuto di svolgere una funzione pubblica, che gli è stata conferita dalla legge con lo scopo di tutelare l’interesse generale. Una qualifica che, correttamente, la Corte ha ritenuto essere incompatibile con la qualifica di contribuente che deve versare le imposte.
Altre decisioni in questo senso sono state prese dalle:
- CGT di primo grado di Lecco, n. 112/1/2023;
- CGT di secondo grado della Lombardia n. 1626/23 e n. 2867/23.
Una decisione logica quando l’eredità risulta essere evidentemente in perdita.
La vicenda che si è svolta a Roma ha visto il curatore ricevere un avviso di liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate perché, a seguito di un errore telematico, non aveva potuto inserire nel quadro delle passività le ingenti ipoteche che gravano su un immobile entrato nell’asse ereditario.
I giudici hanno ritenuto che pretendere un qualsivoglia prelievo fiscale nel momento in cui si è venuta a realizzare una situazione del genere, dove non c’è un arricchimento ma una perdita evidente, è contrario a ogni tipo di logica.
La posizione della Corte di Cassazione
L’Agenzia delle Entrate, almeno fino a questo momento, ha sempre adottato un orientamento di tipo diverso. Basandosi su una precedente pronuncia della Corte di Cassazione (nello specifico la n. 16428/2009) e sulle delle risposte ad interpello che andavano in una direzione diametralmente opposta (n. 587/2021).
Nel tentativo di portare un po’ di chiarezza sulla materia, i giudici della Suprema Corte hanno fornito una lettura leggermente più equilibrata della vicenda. Con le ordinanze 27081/2024 e n. 28869/2024 è stata introdotta una distinzione fondamentale: il curatore dell’eredità non è un soggetto passivo dell’imposta, ma è il responsabile dell’imposta.
Cosa significa tutto questo? In altre parole il curatore è una figura responsabile del pagamento dei tributi legali all’eredità, ma l’Agenzia delle Entrate non si può rivolgere a lui per chiederne il pagamento.
La Corte di Cassazione, in altre parole, ha chiarito che le responsabilità del curatore sono sostanzialmente limitate: deve accertarsi che venga effettuato il pagamento delle imposte di successione, ma solo nei limiti del valore dei beni ereditari che deve amministrare.
Non deve coprire costi al di là delle proprie forze, ossia lo deve fare esclusivamente fin quando le imposte possono essere pagate con la capienza del patrimonio ereditario.
Questo significa che, in mancanza di eredi, il curatore è obbligato a pagare le imposte di successione solo con i beni che gestisce, mai con il proprio patrimonio personale. La sua responsabilità, infatti, non può essere considerata illimitata, ma nei limiti dei beni che sta gestendo.