Perché l’Ucraina è così importante, e Putin ha già vinto: un’analisi economica

Al di là delle singole azioni che porteranno avanti Putin, Biden e l'Unione europea, la crisi ucraina ha già fatto salire il prezzo del petrolio e del gas e di altri prodotti

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Al di là delle singole azioni che porteranno avanti Putin, Biden e l’Unione europea, la crisi ucraina ha già fatto salire il prezzo del petrolio e del gas, così come quello di alcuni metalli chiave utilizzati per tantissime attività, dalla produzione di auto all’elettronica, dagli utensili da cucina all’edilizia.

Oltre al profilo meramente geopolitico, con evidenti ripercussioni in termini sociali, una guerra Russia-Ucraina, anche di breve durata o intensità, provocherebbe un ulteriore massiccio aumento dei prezzi, soprattutto del petrolio e del gas, e soprattutto in Europa (qui le cause della crisi ucraina e quali scenari possibili).

Perché Putin ha già vinto

Ora, dopo aver annunciato il ritiro delle truppe schierate al confine, il presidente russo Vladimir Putin ha già vinto sul fronte diplomatico, dimostrando di essere ancora una volta determinante nelle relazioni tra Occidente e Oriente, e più in generale tra due parti di mondo che da sempre faticano a parlarsi, tentando di spartirsi zone di influenza sempre più ampie.

Come ha spiegato l’esperto di geopolitica e direttore di Limes Lucio Caracciolo in un’intervista a La Stampa, “Putin ha raggiunto l’obiettivo di tornare a essere considerato un interlocutore con cui gli Usa devono trattare, e ha rimesso in pista un negoziato russo-americano per gli assetti strategici globali e l’architettura della sicurezza in Europa. Destabilizzando l’Ucraina, si è garantito che questa non entrerà nella NATO“.

Ha riaffermato quindi – se mai le menti dei governanti occidentali fossero un po’ offuscate – il principio che la Russia è una grande potenza: con un sostanziale colpo di Stato in Kazakhstan, riportandolo sotto il suo controllo, ed espandendo la sua influenza in Africa, “ha riaperto tutte le partite della sicurezza globale“.

Perché l’Ucraina è così importante: un focus sulla sua economia

Ma perché l’Ucraina è così importante? Cosa la rende così strategica per la Russia e per il resto del mondo? Per rispondere possiamo riprendere un post pubblicato su Facebook alcuni giorni fa da Andriy Futey, presidente dell’Ukrainian Congress Committee of America Ukrainian World Congress.

Ecco tutte le ragioni prettamente economiche che rendono Kiev così ambita, senza dimenticare che il suo territorio è grande oltre 603mila chilometri quadrati, praticamente il doppio dell’Italia.

L’Ucraina possiede ingenti risorse naturali:

  • 1° in Europa per comprovate riserve recuperabili di minerali di uranio;
  • 2° posto in Europa e 10° posto nel mondo in termini di riserve di minerale di titanio;
  • 2° posto al mondo in termini di riserve esplorate di minerali di manganese (2,3 miliardi di tonnellate, ovvero il 12% delle riserve mondiali);
  • 2a più grande riserva di minerale di ferro al mondo (30 miliardi di tonnellate);
  • 2° posto in Europa per riserve di minerale di mercurio;
  • 3° posto in Europa (13° posto nel mondo) per riserve di shale gas (gas da argille, 22 trilioni di metri cubi)
  • 4° al mondo per valore totale delle risorse naturali;
  • 7° posto al mondo per riserve di carbone (33,9 miliardi di tonnellate)

L’Ucraina è anche un grande Paese agricolo, tanto che è in grado di soddisfare il fabbisogno alimentare di 600 milioni di persone:

  • 1° in Europa per superficie a seminativo;
  • 3° posto al mondo per superficie di suolo nero (25% del volume mondiale);
  • 1° posto al mondo nelle esportazioni di girasole e olio di girasole;
  • 2° posto al mondo nella produzione di orzo e 4° posto nelle esportazioni di orzo;
  • 3° produttore e 4° esportatore di mais al mondo;
  • 4° produttore mondiale di patate;
  • 5° produttore di segale al mondo;
  • 5° posto al mondo per produzione di api (75mila tonnellate);
  • 8° posto nel mondo nelle esportazioni di grano;
  • 9° posto al mondo nella produzione di uova di gallina;
  • 16° posto nel mondo nelle esportazioni di formaggi.

L’Ucraina è un Paese fortemente industrializzato:

  • 1° in Europa nella produzione di ammoniaca;
  • 4° sistema di gasdotti naturale più grande d’Europa al mondo (142,5 miliardi di metri cubi di capacità di flusso di gas nell’UE);
  • 3° in Europa e 8° al mondo per capacità installata di centrali nucleari;
  • 3° posto in Europa e 11° nel mondo per lunghezza della rete ferroviaria (21.700 km);
  • 3° posto al mondo (dopo Stati Uniti e Francia) nella produzione di localizzatori e apparecchiature di localizzazione;
  • 3° esportatore di ferro al mondo
  • 4° esportatore mondiale di turbine per centrali nucleari;
  • 4° produttore mondiale di lanciarazzi;
  • 4° posto al mondo nelle esportazioni di argilla
  • 4° posto al mondo nelle esportazioni di titanio
  • 8° posto nel mondo nelle esportazioni di minerali e concentrati;
  • 9° posto nel mondo nelle esportazioni di prodotti dell’industria della difesa;
  • 10° produttore di acciaio al mondo (32,4 milioni di tonnellate).

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Cosa perderebbe la Russia in caso di guerra con l’Ucraina (e perché non lo farà)

Cosa ha da rimetterci la Russia in caso di guerra? Moltissimo. Se poi dovessero essere necessarie pesanti sanzioni contro la Mosca nazionalista e a tratti autarchica di Putin per evitare conflitti, l’impatto sui prezzi potrebbe essere ancora più grave.

Le conseguenze sulle risorse naturali

Mosca fornisce circa il 30% del petrolio europeo e il 35% del suo gas naturale, che vedrebbe interrotto in caso di conflitto.

Gli analisti ritengono che ciò potrebbe far salire i prezzi del petrolio dai livelli già elevati di circa 90 dollari al barile a 125, con i prezzi del gas a seguire ancora più alti.

Le conseguenze sull’agricoltura

Anche altre materie prime chiave sarebbero colpite, essendo la Russia il più grande coltivatore di grano del mondo e l’Ucraina tra i primi 5 come abbiamo visto.

Secondo un’analisi di Rabobank, anche la grande produzione di orzo, mais, girasole e colza potrebbe risentirne. Mentre altri Paesi riuscirebbero probabilmente a compensare parte delle perdite di approvvigionamento, ci si potrebbe però trovare di fronte a un altro enorme problema: la mancanza di fertilizzanti.

Il 23% di ammoniaca, il 17% di potassio, il 14% di urea e il 10% di fosfati vengono spediti dalla Russia. In un momento in cui la Cina ha già riservato gran parte della sua produzione di urea e fosfati per uso domestico, la perdita dei prodotti russi comporterebbe ulteriori carenze e aumento dei prezzi degli ingredienti chiave dei fertilizzanti.

Le conseguenze sull’industria

Anche le catene di approvvigionamento manifatturiere non sarebbero al riparo. La quota della Russia sulle esportazioni mondiali di nichel è stimata in circa il 49%, quella di palladio 42%, alluminio 26%, platino 13%, acciaio 7% e rame 4%.

La rimozione della metà delle esportazioni globali di nichel da utensili da cucina, telefoni cellulari, apparecchiature mediche, trasporti, edifici ed elettricità, palladio per convertitori catalitici, elettrodi ed elettronica, e un quarto di alluminio per veicoli, edilizia, macchinari e imballaggi si tradurrebbe in enormi pressioni sul rialzo sui prezzi.

Le conseguenze sulla finanza

Sul fronte finanziario, la guerra o le pesanti sanzioni potrebbero spingere al rialzo i prezzi delle obbligazioni e abbassare i tassi di interesse.

“Ironia della sorte, – spiega Robobank nel suo studio previsionale – un’estensione del periodo di tassi di interesse bassi potrebbe aiutare ad arrestare la recente svendita del mercato, sebbene la compensazione attraverso un conflitto, caldo o freddo, che coinvolga Russia, Ue, Stati Uniti e potenzialmente anche la Cina, e le interruzioni dell’approvvigionamento globale causato dal conflitto, potrebbero superare di gran lunga il vantaggio di tassi più bassi, più a lungo”.

Sul fronte valutario, si prevede che il dollaro USA, lo yen giapponese, il franco svizzero e l’oro possano diventare i punti di riferimento in caso di conflitto. Il rublo russo crollerebbe e anche l’euro verrebbe molto probabilmente colpito, con effetti potenzialmente incontrollabili.