Dramma in un settore chiave: in 300 mila senza più lavoro

Quasi 7 mila bar hanno chiuso durante la pandemia, e si contano centinaia di migliaia di disoccupati in tutto il settore della ristorazione

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Nonostante gli aiuti e i piani del Governo per far ripartire l’economia del nostro Paese, il settore della ristorazione e quello del turismo continuano ad attraversare una crisi nera che sta lasciando a casa centinaia di migliaia di operatori. Tra le attività commerciali maggiormente colpite ci sono i bar. Negli ultimi due anni caratterizzati dalla pandemia di Covid e dalle restrizioni, sono quasi 7 mila quelli che hanno abbassato definitivamente la serranda.

Chiusi 7 mila bar nei due anni di Pandemia: quali sono le regioni più colpite

A lanciare l’allarme sono Unioncamere e InfoCamere, che hanno analizzato i dati riportati dal Registro delle imprese. Rispetto al 2019, quando si contavano 169.839 bar su tutto il territorio nazionale, a fine 2021 se ne contavano solo 162.964. Ben 6.875 in meno, con una flessione del 4,05%.

Un trend che non sembra essersi arrestato con l’inizio del 2022. La regione più colpita è il Lazio, dove sono state chiuse ben 1.860 strutture, il 10,09%. Anche la Lombardia ha perso più di 1.500 bar, e a livello percentuale la seconda regione con più perdite è stata la Valle d’Aosta, con una diminuzione del 9,7%.

Molte regioni registrano variazioni percentuali superiori alla media, come le Marche e il Friuli Venezia Giulia, del 6%, la Toscana, il Veneto e il Trentino Alto Adige, con cali superiori al 5%, e il Piemonte, del 4,99%. Ci sono tuttavia due regioni dove è stato rilevato un leggere aumento del numero dei bar, tra l’1% e il 2%. Sono la Campania e la Sicilia.

Ristorazione, ancora crisi dopo due anni di pandemia: licenziati in 300 mila

Il settore strategico della ristorazione e della somministrazione di bevande è dunque ancora in piena emergenza. Nel 2020 i consumi sono calati del 37,4%, ovvero di 32 miliardi di euro, rispetto all’anno precedente, l’ultimo senza lo spettro del Covid. Nel 2021 i consumi perduti sono stati del 28%, pari ad altri 24 miliardi di euro.

In due anni sono andati in fumo ben 56 miliardi di euro a causa della crisi che si è abbattuta sulle famiglie e per l’impossibilità di raggiungere le mete turistiche, con gli stranieri spariti dalla Penisola a causa delle restrizioni ai voli e agli spostamenti tra stati e regioni.

Dalle elaborazioni effettuate dalla Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, almeno 45 mila imprese sono scomparse in questi due anni di pandemia. E ben 300 mila lavoratori hanno perduto il posto di lavoro. Un problema che non è solo economico, dunque, ma sociale.

Roberto Calugi, direttore generale della Fipe, ha sottolineato che viviamo in una “emergenza senza fine“. Non è possibile “lasciare le imprese al loro destino”, e senza interventi da parte del Governo, il settore “semplicemente non sopravviverà. Bisogna agire e bisogna farlo subito”.

A pesare oggi non sono tanto gli aumenti dei contagi, considerando la caduta di quasi tutte le misure anti Covid, a parte le mascherine ancora necessarie. Quanto il rialzo dei costi di gestione, che ha dato vita a un vero e proprio caro caffè e all’inflazione record, mai così alta da 30 anni.