Dopo che il dibattito politico – veicolato dalle scelte del governo di Giorgia Meloni nella scrittura della legge di Bilancio – ha trascorso le ultime settimane del 2022 ad occuparsi dell’aumento del tetto all’uso del contante e dell’obbligo del Pos per gli esercenti di tutta Italia, nel nuovo anno le priorità di analisti e commentatori hanno ricominciato ad essere quelle legate principalmente al rincaro dei prezzi sui prodotti al dettaglio. Un fenomeno, quello dell’aumento esorbitante dei costi, che dipende strettamente dall’andamento dell’inflazione, che continua a crescere ad un ritmo mai visto prima nella storia recente del nostro Paese.
I commercianti e gli esercenti rappresentano una fetta molto importante dell’elettorato che lo scorso settembre ha scelto il centrodestra. Tutti sappiamo, ad esempio, quanto le partite iva e i liberi professionisti abbiano contribuito a formare la base di riferimento della Lega, fin dalle sue origini con Umberto Bossi, per poi confermarsi sotto la leadership di Matteo Salvini. Molti di loro nelle ultime consultazioni hanno optato per Fratelli d’Italia, consentendo alla “ragazza venuta falla Garbatella” di issarsi sullo scranno più alto di Palazzo Chigi.
Arriva la Pasqua, aumentano i prezzi: le scelte dei negozianti contro l’inflazione
Ebbene, proprio quella platea di piccoli e medi imprenditori che nel corso del tempo hanno speso di tasca propria per avviare e consolidare un’attività lavorativa, oggi si ritrovano ad affrontare molte più difficoltà di quanto ci si potesse attendere anche solo a metà dello scorso decennio, quando i colpi devastanti della crisi economica del 2008 sembravano essere stati assorbiti dopo la stagione dell’austerity. Così non è andata e oggi il tessuto professionale composto da migliaia di negozianti e venditori si vede costretto ad aumentare i prezzi dei propri prodotti in vendita.
Un trend che rischia di acutizzarsi con l’arrivo dei giorni di festa, uno dei momenti dell’anno in cui il valore degli acquisti effettuati dalle famiglie cresce in maniera esponenziale. Gli ambiti più colpiti sono quelli di stretto collegamento con la festività e non potrebbe essere altrimenti: in questo articolo vi abbiamo parlato della crescita dei costi per comprare uova e colombe, così come vi abbiamo segnalato i ristoranti più cari per chi deve affrontare i pranzi di Pasqua e Pasquetta.
Quanto costa fare compere per Pasqua: i dati di Confcommercio
Aldilà delle generali difficoltà di un comparto – quello del commercio al dettaglio – che ha visto impennare sempre più il cumulo delle spese (non sempre accompagnato da altrettanti ricavi), nei negozi e nelle botteghe del nostro Paese non tutti i titolari hanno risposto alla crisi aumentando il valore delle etichette. Infatti, secondo quanto registrato da Confcommercio, risulta chiaro come le reazioni dei commercianti alla crescita dei prezzi all’ingrosso venga affrontato in maniera differente a seconda delle specifiche situazioni.
Per riassumere i risultati della valutazione effettuata dall’ente è utile osservare il seguente schema, che mostra in maniera inequivocabile come ci si trovi di fronte ad un vero e proprio spaesamento degli addetti ai lavori nel decidere quale strategia mettere in atto per sopperire all’aumento delle spese nel periodo di Pasqua:
- il 27,6% degli imprenditori dichiara di non voler aumentare i costi dei prodotti in vendita nonostante tutto;
- il 21,6% sostiene di aver incrementato il valore dei cartellini, ma di averlo fatto in maniera molto inferiore rispetto a quanto avrebbe dovuto (per non rischiare di perdere la clientela);
- il 22,8% ammette di aver seguito la crescita dell’inflazione in maniera proporzionale, applicando i rincari in maniera congrua.
- il restante 28% preferisce non specificare la risposta, anche sono in molti a sostenere che “l’aumento dei prezzi risulta inevitabile per riuscire a sopravvivere“.