Reso gratuito addio: cambia tutto anche per gli acquisti

Sempre più retailer scelgono di applicare una commissione, anche fissa, alla restituzione della merce acquistata. Per salvare il portafogli, ma anche l'ambiente

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Dall’energia alle materie prime, il fronte della crisi economica e dell’aumento dei prezzi si allarga giorno dopo giorno. Gli effetti sulla nostra quotidianità sono evidenti e coinvolgono i settori più disparati, l’ultimo dei quali riguarda il comparto della logistica e delle consegne. Gli utenti che acquistano online potrebbero infatti dire per sempre addio al reso gratuito.

Una commissione per il reso: perché

Sono sempre di più i retailer in giro per il mondo che hanno introdotto una commissione per la restituzione della merce acquistata su internet.

Innanzitutto è doveroso sottolineare che alle chiare ed evidenti ragioni di sostenibilità economica si aggiungono anche quelle relative alla sostenibilità ambientale. Il trasporto coi prezzi di benzina e diesel destinati a salire ancora e l’imballaggio di beni e oggetti contribuiscono infatti all’inquinamento del pianeta, per non parlare della merce che non viene rimessa in vendita ma finisce in discarica. Porre un freno a quella che è diventata la shopping routine di milioni di persone può dunque contribuire a un mondo più pulito.

Le ragioni principali, però, riguardano ancora una volta il portafogli. Gestire la macchina dei resi ha un costo in tempo e in denaro che è salito a dismisura con la diffusione dell’e-commerce, dando vita a comportamenti affatto vantaggiosi per produttori e distributori. Molti consumatori, ad esempio, acquistano più taglie dello stesso capo e decidono solo in seguito quali restituire, mentre altri li ordinano sapendo già che dopo li rispediranno al mittente. Il boom del mercato online e più nel dettaglio dell’e-commerce con nuove tendenze registrato con l’avvento della pandemia del Covid, poi, ha reso ancora più complicata la situazione.

Quali aziende sono coinvolte

Grandi realtà commerciali come Zara e Uniqlo, ad esempio, appartengono alla schiera delle aziende che non offrono più la possibilità del reso gratuito, introducendo una sorta di “tassa” per chi vuole restituire un articolo. Nel Regno Unito, l’Inditex (il gruppo cui fa capo anche Zara, oltre che H&M) ha introdotto un contributo fisso di 2 sterline, sia per la raccolta a domicilio sia per quella presso i punti prestabiliti. Sulla stessa linea si è mossa anche Asos.

Cos’è il reso e come funziona

Tecnicamente il reso consiste nella restituzione di un prodotto o di un servizio alla persona o all’azienda che l’ha fornito o venduto. Il vantaggio per l’acquirente è nelle possibilità di rispedire al mittente la merce dopo aver sottoscritto il contratto di acquisto, e per i motivi più vari: perché è danneggiato, non conforme o anche solo perché è diverso da come appariva nelle foto o in pubblicità.

Con il reso si esercita il diritto al ripensamento e al recesso, garantito soprattutto quando si effettuano acquisti online. Fino a oggi molte aziende hanno applicato la politica del reso gratuito, consentendo agli utenti di poter restituire beni e servizi senza costi aggiuntivi.