La crisi scatenata dalla guerra in Ucraina, le sanzioni inflitte alla Russia e il blocco delle esportazioni di gas da Mosca non ferma il trend dei costi al rialzo di benzina e diesel. Ma di quanto potrebbero aumentare ancora? Nonostante gli interventi del governo, gli analisti sembrano tutti preoccupati dal rischio di un’imminente recessione.
Caro carburanti: di quanto potrebbero aumentare ancora i prezzi
Da un’analisi effettuata da DataTrek Research, che si occupa di ricerche di mercato, i prezzi del petrolio (al barile) aumenteranno di circa il 17% in vista dell’estate.
A influenzare particolarmente l’andamento dei costi, è stato spiegato dagli esperti, l’aumento della domanda durante la stagione calda, non in linea con quello che è invece l’offerta. L’embargo russo, infatti, renderà sempre più difficile l’approvvigionamento delle materie prime, in un periodo in cui – a causa degli spostamenti per le vacanze e i viaggi – crescerà invece sempre di più la richiesta di carburante. Tutto questo, ovviamente, si rifletterà sui prezzi, che tenderanno così ad aumentare, fino a raggiungere – si stima – 140 dollari a barile (più di 130 euro).
Ora, il prezzo del gas e del greggio si muovono insieme. Ma, in generale, il petrolio è una delle merci più importanti del mondo. Non a caso, l’offerta nel mercato mondiale ha un impatto sul suo prezzo e sui prezzi delle principali merci di consumo. Infatti, quando il prezzo del gas aumenta, influisce sul modo in cui le persone viaggiano, su come vengono spedite le merci e, di conseguenza, sui costi finali di vendita.
L’Italia (e l’Europa) a rischio recessione?
Dal fenomeno benzina alle stelle, l’Italia e l’Europa non ne escono indenni. Da mesi, ormai, continuiamo ad assistere a questo generale andamento e, nonostante gli interventi del governo (qui come richiedere il bonus benzina), il rischio recessione continua a preoccupare gli economisti.
I prezzi del petrolio influenzano il mercato in generale e, mentre tutto continua a costare di più, le famiglie così come i singoli individui sono e saranno costretti a fare delle scelte, rivedere il proprio budget e, se necessario, rinunciare a qualche spesa.
Si ritiene generalmente che l’aumento del prezzo del petrolio aumenti l’inflazione e riduca la crescita economica. A livello inflazionistico, i prezzi del petrolio influiscono direttamente sui prezzi dei beni realizzati con prodotti petroliferi. Come accennato sopra, i prezzi del petrolio influenzano indirettamente costi come trasporto, produzione, riscaldamento e tante altre merci di scambio e acquisto.
Gli aumenti del prezzo del petrolio possono quindi soffocare la crescita dell’economia attraverso il loro effetto sull’offerta e sulla domanda di beni e servizi, diventando così un indicatore di crisi.
Come spiegato dall’analisi di DataTrek Research, dagli anni ‘70 in poi, quando i prezzi del petrolio sono aumentati di 2 volte in un anno, subito dopo è seguito un periodo di recessione per i 12/18 mesi successivi: “In qualsiasi momento dal 1970, quando i prezzi del petrolio sono aumentati di 2 volte in un anno, è seguita una recessione nei prossimi 12-18 mesi”. E questo livello verrebbe raggiunto oggi se il petrolio greggio salisse effettivamente a 140 dollari al barile, che è più o meno lo stesso livello dei prezzi del petrolio quando ha raggiunto il picco nel 2008. Quindi, i 140 dollari al barile sono un campanello d’allarme, visto che sono il doppio rispetto ai 70 dollari al barile della scorsa estate.