Maxi rincari sul cibo simbolo dell’Italia

Il prezzo della pasta è aumentato vertiginosamente nel corso di un anno, ma i rincari non sarebbero giustificabili secondo le associazioni di settore

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Codacons e Coldiretti stanno unendo le forze per fermare i rincari sulla pasta, piatto simbolo dell’Italia nel mondo, i cui prezzi hanno subito aumenti vertiginosi rispetto al 2022. E che oggi rappresentano un’ulteriore voce di spesa sui bilanci delle famiglie del Belpaese, già fortemente provati dall’inflazione e dalla difficile situazione geopolitica che sta mettendo a repentaglio risparmi e redditi. L’Antitrust e le Procure della Repubblica potrebbero essere chiamate a intervenire per risolvere il problema.

Rincari sulla pasta: prezzi in aumento del 18,2%

Carlo Rienzi, presidente del Codacons, ha fatto sapere attraverso un comunicato stampa che l’associazione dei consumatori si rivolgerà all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla magistratura per accertare possibili illeciti sui listini al dettaglio della pasta.

Sono stati rilevati rincari del 18,2%, che si traducono mediamente in 25,5o euro in più all’anno per ogni famiglia. La cifra, messa così, non appare particolarmente elevata, ma se sommata a tutti gli altri rialzi che gli italiani stanno subendo a causa degli effetti della pandemia e della guerra in Ucraina, assume i contorni dell’ennesimo salasso.

Tra l’altro sarebbe totalmente ingiustificato. Il Codacons ha sottolineato che il prezzo della pasta è stato ritoccato vertiginosamente nonostante i costi di produzione non abbiano subito aumenti rilevanti, come emerge dalle quotazioni del grano. Per questo l’associazione caldeggia l’apertura di un’indagine per verificare le motivazioni ed eventuali anomalie dietro gli incrementi osservati nei listini.

Quanto costa la pasta nelle varie città italiane

A lanciare per prima l’allarme è stata la Coldiretti, che a fronte di un aumento del 18% del prezzo della pasta ha registrato che il grano viene pagato sempre meno. Il prezzo della materia è calato del 30%. I maxi rincari sugli spaghetti, tra l’altro, appaiono sui generis perché l’Istat sta rilevando una decelerazione generale dell’inflazione.

I prezzi al dettaglio dei beni alimentari sono aumentati in media del 12,9%. Una percentuale decisamente inferiore rispetto alla pasta, che pure appartiene a una filiera che sembra non conoscere gli effetti della crisi: ogni italiano mangia in media più di 23 chili di pasta all’anno.

L’osservatorio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha rilevato tra l’altro importanti divergenze territoriali sui prezzi della pasta.

  • A Milano costa 2,3 euro al chilo.
  • A Roma costa 2,2 euro al chilo.
  • A Napoli costa 1,85 euro al chilo.
  • A Palermo costa 1,49 euro al chilo.

Qua le città in cui pane, pasta e olio costano di più.

Le quotazioni del grano sono invece ferme a 0,38 euro al chilo in tutta la Penisola. E per la Coldiretti potrebbe esserci il rischio di pratiche sleali e operazioni speculative a discapito delle 200.000 imprese agricole che coltivano il grano in Italia.

Sono in aumento le importazioni di grano duro dall’estero, e andrebbero presi nuovi accordi per tutti i passaggi della filiera, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi, e prezzi equi che non scendano sotto i costi di produzione. L’associazione caldeggia anche la ripresa delle attività della Commissione Unica Nazionale per il grano duro, sospesa a ottobre 2022.

Come vi avevamo anticipato qua, l’allarme sulla pasta era già scattato nei mesi scorsi. Il cibo fa parte per le famiglie delle cosiddette spese obbligate, di cui vi abbiamo parlato qua.