C’è una linea sottile che non compare in nessuna mappa geografica, né tantomeno nei libri di cartografia o sugli atlanti che vengono dati in dotazione agli studenti delle scuole superiori. Eppure, questa divisoria dai tratti sfumati e dai contorni indefiniti fa parte di noi, della nostra società e soprattutto del nostro Paese fin dal giorno della sua nascita. Ha accompagnato prima l’età regia, poi la dittatura fascista e ora, da quasi ottant’anni, è un tratto distintivo della nostra storia repubblicana.
Stiamo parlando della linea che divide l’Italia in due, una riga di demarcazione che frantuma uno Stato dal punto di vista sociale e personale, prima ancora che da quello spaziale. Al punto da creare degli stereotipi che resistono al logorio del tempo. Da una parte ci sono le regioni del Nord, ricche e benestanti, pulite e ordinate, proiettate al futuro; dall’altra il Mezzogiorno, sporco e mantenuto, retrogrado e involuto, fermo al palo e incapace di restare al passo coi tempi che corrono.
Qualità della vita in Italia: spaccatura tra Nord e Sud
Anche quest’anno, la tradizionale classifica sulla vivibilità delle città italiane redatta dal quotidiano Italia Oggi ci restituisce uno spaccato del nostro sistema Paese sostanzialmente in linea con quelli degli anni precedenti. Un quadro che purtroppo si inserisce nel solco della tradizione e conferma lo sbilanciamento territoriale che da sempre ci caratterizza. Guardando indietro anche solo di dodici mesi, era già evidente come le metropoli del Nord avessero monopolizzato i vertici della graduatoria, relegando nei bassifondi le realtà del Centro e soprattutto quelle del Sud (nessuna città meridionale o insulare compare nelle prime 32 posizioni).
Nel 2021 era stata Parma ad intestarsi la medaglia d’oro. La città ducale nel cuore dell’Emilia Romagna sta vivendo una fase di evoluzione strutturale e architettonica frutto di due spinte apparentemente contrapposte: quella dell’ecologismo fortemente voluto dalla giunta di Federico Pizzarotti – che nei suoi dieci anni di amministrazione ha moltiplicato le piste ciclabili e reso inaccessibile il centro alle auto inquinanti – e quella espansiva impressa dal tessuto imprenditoriale cittadino, che durante la campagna elettorale dello scorso giugno ha portato avanti una battaglia mediatica per allargare l’aeroporto ai voli cargo e aumentare il comparto industriale in alcuni settori strategici come l’enogastronomia e l’automotive.
Tutti i parametri per valutare le città
Nella classifica del 2022 Parma ha perso il primato italiano per la vivibilità ed è scivolata al settimo posto. Un balzo all’indietro frutto dell’azione combinata di diversi fattori, che sono quelli su cui si basa la valutazione espressa da Italia Oggi. Nello specifico, i parametri consultati per stilare la graduatoria sono nove:
- Status del mondo degli affari e del lavoro
- Politiche attive per l’ambiente
- Condizioni dell’istruzione e della formazione
- Media di reddito e ricchezza per i maschi
- Media di reddito e ricchezza per le femmine
- Politiche per la sicurezza sociale
- Possibilità di impiego del tempo libero
- Situazione sanitaria e negli ospedali
- Politiche per gli anziani
La città del prosciutto e di Maria Luigia è l’unica delle prime dieci a retrocedere rispetto allo scorso anno. La vetta comunque rimane saldamente al settentrione e se la aggiudica Trento, che guadagna un posto e torna all’apice dopo averlo già occupato in diverse altre occasioni. Si tratta di un vero e proprio monopolio: il capoluogo dell’omonima provincia autonoma infatti è primo in ben otto dei nove ambiti su cui si basa la valutazione.
Le metropoli in vetta alla graduatoria: monopolio del Nord
Alle sue spalle completano il podio altre due città che salgono di un gradino rispetto al 2021: parliamo di Bolzano e Bologna, rispettivamente seconda e terza. Anche in questi casi la posizione occupata rispecchia il risultato conseguito mediamente in tutti i parametri (per il capoluogo emiliano l’unica pecca riguarda la sostenibilità ambientale, su cui persistono alcune criticità).
Alle loro spalle sale anche Firenze, quarta in classifica, prima metropoli che non rientra strettamente nel territorio nazionale delle cosiddette “regioni produttive“. Eppure la Toscana non solo è ampiamente rappresentata nelle prime 30 posizioni, ma vede anche un notevole salto in avanti da parte di Siena, che passa dal dodicesimo posto di un anno fa al sesto di oggi, migliorando in tutti gli ambiti d’indagine.
Avanti a lei, stabile in quinta posizione, c’è Milano. Il capoluogo lombardo sta vivendo una fase alterna, pur con una media molto elevata delle valutazioni: se da un lato pare come intoccabile la sua leadership nei settori del lavoro, delle retribuzioni e delle infrastrutture, dall’altro vengono evidenziate alcune criticità in merito allo smog e alle politiche sociali. Aspetti su cui il primo cittadino Beppe Sala è chiamato ad intervenire.
I capoluoghi d’Italia più in difficoltà sono tutti al Sud
Se la parte alta della classifica è popolata dai soliti noti che la occupano fin dalle prime edizioni (quest’anno siamo alla numero 24), anche i bassifondi presentano le stesse facce degli ultimi anni ed è questo forse il motivo più forte di preoccupazione, non solo per gli amministratori locali, ma anche per il governo centrale guidato da Giorgia Meloni.
All’ultimo posto si conferma Crotone, maglia nera in ben sette dei nove parametri. Appena avanti a lei ci sono Siracusa (arretrata di due posti rispetto al 2021) e Caltanissetta (in discesa di quattro posizioni). Lieve risalita per Napoli, che si stanzia alla quartultima casella dopo aver occupato la penultima nello scorso anno. Il capoluogo campano è il peggiore tra le città con oltre 300mila abitanti.
Chi sale e chi scende tra le città italiane
In conclusione vale la pena porre l’attenzione sulle realtà che hanno scalato più gradini nel giro di dodici mesi. Bene Como, che guadagna addirittura trenta posizioni (da 62esima a 32esima). Bene anche Urbino (trentesima con un +26) e Rimini (37esima con un +24).
Purtroppo c’è anche chi si contraddistingue in negativo e non è una città di poco conto: la peggiore rispetto al 2021 è Torino, che perde 35 posizioni e passa da diciannovesima a 54esima (ricordiamo che la graduatoria è compilata con l’ausilio dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con Cattolica Assicurazioni del Gruppo Generali).