Auto cinesi sul mercato europeo e americano, accusa di dumping grazie ad aiuti di Stato

Secondo un rapporto, il governo cinese avrebbe fatto piovere miliardi di sovvenzioni pubbliche direttamente nelle casse delle industrie dell'automotive. Le dolorose scelte di Tesla e Nissan

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Le auto cinesi a basso costo, o comunque vendute a prezzi relativamente inferiori rispetto ai segmenti di riferimento, erodono fette di mercato ai competitor e rappresentano una sfida capitale per le industrie dell’automotive. Nel 2023 l’Unione Europea ha avviato un’indagine anti-dumping sulle auto elettriche prodotte in Cina, ma fino ad oggi le istituzioni comunitarie si sono limitate a parlare di “prove sufficienti” in merito alla concorrenza sleale cinese. Oggi però arrivano i risultati di un’analisi. Secondo un report, Byd avrebbe incassato 2,1 miliardi nel 2023.

Cos’è il dumping

Il termine deriva dall’inglese “dump” che significa “scaricare”. E in effetti il dumping consiste nello scaricare a oltranza merci a basso costo in un determinato mercato al fine di saturarlo e conquistarlo. Le proprie merci a basso costo calamiteranno l’interesse degli acquirenti e i competitor verranno mandati fuori mercato. Per loro rimarranno quattro sole vie: chiudere i battenti, orientarsi su nuovi segmenti di mercato, abbassare i prezzi (con relativi minori margini di profitto) o riconvertire la filiera tagliando i prezzi di produzione oppure offrendo prodotti di minore qualità.

L’azienda che mette in pratica politiche economiche aggressive ha le spalle coperte da un’immensa liquidità propria o da aiuti di Stato. L’accusa mossa al mercato dell’automotive cinese ricade nel secondo caso.

Il dumping non è una pura ipotesi che ricade nell’ambito delle teorie economiche: si tratta di una pratica dai risvolti concreti e drammatici. Tesla ha annunciato il licenziamento di 14.000 persone, anche a causa della pressante concorrenza delle auto elettriche cinesi. E tre settimane prima la giapponese Nissan aveva annunciato un taglio shock ai prezzi di listino: -30% per contrastare la proliferazione di auto cinesi.

Lo studio sul dumping delle auto cinesi

Lo studio del Kiel Institute for the World Economy (ifW Kiel) spiega come l’aggressività dei costruttori cinesi che esportano modelli elettrici sia sostenuta dalle sovvenzioni governative elargite ai produttori di auto elettriche. La prima beneficiaria di questa politica di aiuti di Stato è Byd.

Secondo lo studio, i sussidi per Byd nel 2020 ammontavano a circa 220 milioni di euro. La cifra era lievitata a oltre 500 milioni nel 2022, per raggiungere infine la cifra monstre di 2,1 miliardi nel 2023.

Il nodo della componentistica per la transizione verde

“La politica dei sussidi cinese – afferma Dirk Dohse, direttore della ricerca presso IfW Kiel e coautore dello studio – è da anni un argomento centrale perché spesso l’industria europea non è più competitiva in termini di prezzi rispetto alla concorrenza cinese”. Il problema è complesso: “Senza la tecnologia sovvenzionata dalla Cina – prosegue Dohse – anche i prodotti di cui la Germania ha bisogno per la trasformazione verde diventerebbero più costosi e scarsi“.

Il documento mostra che nel 2022 oltre il 99% delle società cinesi quotate ha ricevuto sussidi governativi diretti. Questa politica ha fatto da volano alle aziende cinesi che sono state in grado di espandersi rapidamente in molti settori dell’automotive e della tecnologia green, spesso mettendo con le spalle al muro i competitor occidentali.

Mentre le auto cinesi fanno tremare il mercato Usa e preoccupano l’Unione europea, il governo Meloni ha aperto un canale di dialogo proprio con Byd, che potrebbe approdare in Italia e portare con sé numerose auto elettriche a prezzi bassi.