Il Ministero dell’Economia si prepara a dare il via a un periodo che si preannuncia incandescente per le privatizzazioni. Il prossimo 21 ottobre, il Tesoro metterà in vendita il 14% di Poste Italiane, aprendo così la stagione autunno-inverno che potrebbe scuotere profondamente il mercato. Un’operazione che, salvo sorprese, porterà nelle casse dello Stato una cifra importante, mentre gli investitori restano con il fiato sospeso.
Poste Italiane continua a essere uno dei titoli preferiti dagli analisti di Piazza Affari, con il 77,8% delle raccomandazioni che suggeriscono l’acquisto. Il titolo ha guadagnato il 30% negli ultimi 12 mesi, portando la sua capitalizzazione a oltre 16,3 miliardi di euro.
Una macchina ben oliata: il consorzio di collocamento e l’Opv
Come avevamo anticipato due settimane fa, tutto è pronto dietro le quinte: il Ministero ha già tirato le fila della complessa operazione, mettendo in piedi un consorzio di garanzia per garantire il collocamento della quota. Nonostante la vendita, lo Stato non rinuncerà al controllo di Poste Italiane, mantenendo una quota superiore al 50%. I grandi nomi della finanza internazionale sono stati chiamati in causa: Intesa Sanpaolo, Mediobanca, UniCredit, Citi, Deutsche Bank e JP Morgan faranno da global coordinator, mentre Barclays, Bnp Paribas, Morgan Stanley, Société Generale e Ubs si occuperanno del ruolo di joint bookrunner.
La vendita si concluderà entro il 24 ottobre, quando verrà reso noto il prezzo di collocamento. Secondo alcune voci, il 30/35% del pacchetto sarà riservato ai piccoli risparmiatori, con un occhio di riguardo per i dipendenti di Poste Italiane, mentre il restante 65% finirà nelle mani degli investitori istituzionali. Un’opzione che potrebbe limitare i rischi di una pressione eccessiva sul titolo, come hanno osservato gli analisti di Equita.
La privatizzazione di Poste Italiane ha radici nel 2015, quando fu collocato sul mercato circa il 40% del capitale. Ora si apre una seconda fase con la messa in vendita di una nuova tranche di azioni, un’occasione particolarmente interessante per i piccoli risparmiatori. Negli ultimi 12 mesi, il titolo Poste ha registrato un incremento del 30%, portando la sua capitalizzazione a oltre 16 miliardi di euro. Un trend positivo che rende questa operazione ancora più attraente, soprattutto in un momento in cui gli investitori retail tornano a essere protagonisti del mercato delle privatizzazioni.
Un bottino di oltre 2 miliardi
Il Tesoro potrebbe incassare una cifra superiore a 2,3 miliardi di euro, sfruttando l’attuale quotazione del titolo, che si attesta a 12,58 euro per azione. Questo nuovo tesoretto si aggiungerebbe ai 3 miliardi già raccolti con le vendite di quote di Eni e Monte dei Paschi di Siena. L’intenzione di vendere un ulteriore 10% di Mps entro fine anno è già stata annunciata, con previsioni di incasso tra i 600 e i 650 milioni di euro. La strategia è quella di destinare tutte queste risorse alla riduzione del debito.
Il governo, in un’operazione che non manca di ambizione, punta a raccogliere 20 miliardi di euro dalle privatizzazioni entro il 2026.
La situazione attuale: chi possiede Poste Italiane?
Attualmente, lo Stato detiene il 64,2% del capitale di Poste Italiane, suddiviso tra la Cassa Depositi e Prestiti, che controlla il 35%, e il Ministero dell’Economia, che possiede il 29,2% direttamente. La restante parte del capitale è distribuita tra investitori istituzionali (22,88%) e individuali (12,05%), mentre le azioni proprie della società rappresentano lo 0,82%.