PNRR, tre anni in più per l’Italia? Il piano Meloni

Bruxelles è pronta a dire sì ma la concessione temporale non sarà gratis: ecco i vincoli da rispettare per il nostro Paese se vuole avere più tempo per realizzare alcuni progetti.

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Redazione

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Trasferire una serie di investimenti del PNRR sotto il cappello della “coesione” e temporeggiare, così, fino al 2029 per realizzare quei progetti che ad oggi andrebbero chiusi in un arco temporale che non va oltre il 2026 : sarebbe questa la strategia messa a punto dal Governo meloni per guadagnare tre anni in più sul Recovery. Bruxelles sarebbe pronta a dare semaforo verde ma ovviamente l’ok non sarà gratis.

PNRR, il piano Meloni

Come ricostruisce La Stampa, il nostro Paese, dovrà, infatti, “rispettare alcuni vincoli”, su tutti la chiave di ripartizione delle risorse tra le regioni italiane e l’obbligo di cofinanziare quei progetti con una quota di fondi nazionali.

Bruxelles lascia anche filtrare che le richieste di modifica dovranno essere giustificate da “circostanze oggettive” tali da rendere impossibile la realizzazione dei progetti entro il 2026. Su tutti, ad esempio, la carenza di materie prime.

Le richieste di Bruxelles

Al verificarsi di queste condizioni, gli Stati potranno chiedere di usare i fondi del PNRR per fare altri investimenti (da chiudere entro il 2026) e, in parallelo,  di finanziare la realizzazione di quei progetti con le risorse destinate alla politica di coesione (da spendere in un arco temporale più ampio, al 2029).

Insomma, fin qui nessuno scossone (come paventato all’inizio) nel rapporto tra Roma e Bruxelles. Tra l’altro, ieri, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni ha parlato anche della scelta del Governo sul Superbonus: “La scelta dell’esecutivo italiano di mettere un limite a un provvedimento che nel corso del tempo aveva innescato dinamiche pericolose per i conti pubblici è stata comprensibile, ragionevole, ma è stata una scelta italiana e non imposta da qualcuno”, ha detto intervistato da Giovanni Floris a diMartedì su La7

“Fin qui tutto bene”

Anzi l’Unione europea, ha aggiunto, “ha contribuito con 13-14 miliardi al finanziamento del Superbonus e condivide gli obiettivi che almeno inizialmente erano stati dati, cioè migliorare l’emergenza energetica delle nostre case. Poi sappiamo che la cessione dei crediti, l’introduzione del bonus facciate avrebbero introdotto una spirale pericolosa per i conti pubblici, ed interromperla è stata una decisione comprensibile”.