PagoPa, il Governo aggiusta il tiro per evitare la posizione dominante di Poste

Via libera in commissione Bilancio alla Camera dell'emendamento sulla cessione della piattaforma dei pagamenti alla Pubblica amministrazione a Poste, che accoglie i rilievi dell'Antitrust

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Dopo l’alt dell’Antitrust, il Governo cambia rotta sulla quota di PagoPa destinata a Poste Italiane. La commissione Bilancio della Camera ha approvato l’emendamento del Governo al dl Pnrr che stabilisce come la controllata del Mef e di Cassa depositi e prestiti non possa ricoprire una posizione dominante all’interno della piattaforma per i pagamenti digitali alla Pubblica amministrazione. L’Esecutivo risolve così i rilievi dell’Autorità garante del mercato che aveva avvertito a marzo sulle “criticità concorrenziali” dell’operazione di cessione delle quote della società per il 49% a Poste e per il 51% alla Zecca dello Stato.

L’emendamento del Governo

“In una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati – aveva tuonato l’Antitrust sulla cessione di PagoPa – l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse”.

Il Governo Meloni è corso dunque ai ripari con la modifica al decreto, nella quale si stabilisce che Poste non potrà stipulare patti che abbiano per effetto l’esercizio di un’influenza dominante sul governo della società. Nell’emendamento si sottolinea che “resta fermo quanto previsto dalla legge sulla tutela della concorrenza, in base a cui le operazioni di modifica della concentrazione soggiaciono alla disciplina in materia di concentrazioni e devono essere sottoposte al controllo preventivo dell’Antitrust“. Una volta entrata nel capitale di PagoPa, inoltre, Poste Italiane non potrà sfruttare informazioni commercialmente sensibili su qualsiasi servizio la piattaforma assicuri.

Secondo quanto previsto dalla norma approvata in commissione Bilancio alla Camera, inoltre, l’ad della società deve essere espressione del socio di maggioranza, così come la maggioranza dei consiglieri, ovvero la Zecca dello Stato che dopo la vendita avrebbe il 51%. Inoltre PagoPA, si legge nel testo, deve garantire la “parità di trattamento tra i prestatori di servizi di pagamento aderenti alla piattaforma” e “adotta gli opportuni presidi gestionali e organizzativi funzionali anche a evitare lo sfruttamento di informazioni commercialmente sensibili relative a tutti i servizi prestati dalla società”.

Il ruolo di Poste italiane

In seguito all’emendamento, Poste Italiane potrà quindi entrare come socio in PagoPa, ma con una posizione di minoranza, mentre il progetto di fondo previsto dal Governo rimarrà pressoché lo stesso (qui avevamo parlato della cessione di PagoPa nel mirino dell’Antitrust).

Nell’articolo in cui si prevedeva la cessione di PagoPa a Poste, il dl Pnrr stabiliva la “razionalizzazione e riassetto industriale nell’ambito delle partecipazioni detenute dallo Stato” per i quali erano “attribuiti rispettivamente all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in misura non inferiore al 51 per cento, e, per la restante quota di partecipazione, al fornitore del servizio universale, i diritti di opzione per l’acquisto dell’intera partecipazione azionaria detenuta dallo Stato nella società PagoPA S.p.A.”.

Il socio di maggioranza rimarrà dunque la Zecca dello Stato, che esprimerà l’amministratore unico o l’organo delegato della nuova PagoPa e avrà la maggioranza di un eventuale organo amministrativo collegiale. La struttura delegata deciderà la “nomina e la revoca dei dirigenti con responsabilità strategica” e lo stesso consiglio sarà inoltre artefice delle “proposte di deliberazione”.