L’Ocse ha rivisto al ribasso le stime di crescita per l’Italia, portandole allo 0,5% per il 2024 e allo 0,9% per il 2025. Sebbene ci siano Paesi con prospettive peggiori, come la Germania, il panorama economico nazionale appare in deterioramento: a settembre l’Ocse prevedeva una crescita del Pil dello 0,8% per quest’anno, mentre a fine ottobre l’Fmi l’ha ridotta allo 0,7%.
Il contesto globale non offre segnali positivi: la crescita mondiale è prevista al 3,2% nel 2024 e al 3,3% nei successivi due anni, come indicato nell’outlook pubblicato il 4 dicembre. Tuttavia, crescono i fattori di rischio legati alla congiuntura politica ed economica internazionale, tra cui i conflitti, in particolare quello in Medio Oriente, e il protezionismo, con le minacce di Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti.
Dati in chiaroscuro per l’Italia
Mentre l’Eurozona nel complesso cresce lentamente, con una crescita prevista dello 0,8% nel 2024 e dell’1,3% nel 2025, l‘Italia non riesce a tenere il passo, con un aumento del Pil che supererà l’1% solo nel 2026. Una contrazione più marcata degli investimenti residenziali, a causa dell’esaurimento dei bonus per l’edilizia, e un indebolimento delle esportazioni legato alla bassa crescita nell’Eurozona potrebbero peggiorare le prospettive. Tuttavia, un potenziale sostegno potrebbe derivare dall’aumento degli investimenti pubblici legati al Pnrr.
L’impulso ai consumi e agli investimenti delle famiglie sarà attenuato da un orientamento fiscale moderatamente restrittivo nei prossimi due anni. L’Ocse sottolinea che il risanamento dei conti pubblici rappresenta un equilibrio tra prudenza fiscale e sostegno alla crescita, ma nel 2026 saranno necessarie ulteriori misure per raggiungere gli obiettivi.
La discesa del debito pubblico sarà molto graduale, passando dal 134,7% nel 2023 al 135,2% nel 2024, per scendere al 134,3% nel 2025 e al 133,2% nel 2026. Il deficit passerà dal 3,5% nel 2024 al 3,2% nel 2025 e al 2,8% nel 2026, rispetto al 7,2% nel 2023.
Cosa prevede il futuro
Due però sono le grandi incognite che rilancia l’Ocse. La prima sono i conflitti in Medio Oriente o in Ucraina, che potrebbero intensificarsi; danni alle infrastrutture energetiche potrebbero alterare i prezzi e spingere gli investitori a rivedere le prospettive economiche globali. Secondo l’Ocse, un “forte e inatteso rincaro del petrolio” farebbe aumentare significativamente l’inflazione globale e ridurre la crescita, in particolare nei Paesi importatori. L’indebolimento dei redditi reali e l’inasprimento delle condizioni finanziarie influirebbero negativamente su consumi e investimenti.
Un altro fattore di incertezza globale è il protezionismo. Le misure restrittive al commercio sono in costante aumento e ora riguardano il 12,7% delle importazioni dei Paesi del G20, più di tre volte rispetto al 2015. Anche le restrizioni sugli investimenti esteri sono in crescita. Un’ulteriore escalation di queste politiche potrebbe “far lievitare i costi e i prezzi, scoraggiare gli investimenti, indebolire l’innovazione e, in ultima analisi, ridurre la crescita”.
I dati dell’Eurozona
L’aggiornamento delle stime Ocse conferma la difficoltà della locomotiva tedesca, con una crescita prevista pari a zero per il 2024 (mentre i principali istituti economici tedeschi prevedono una contrazione), seguita da un rimbalzo allo 0,7% nel 2025. L’economia spagnola continua a prosperare, ma la crescita rallenterà dal 3% di quest’anno al 2,3% nel 2025. La Francia, in crisi politica, mantiene una crescita di circa l’1% per quest’anno e il prossimo, con il debito pubblico destinato a salire verso il 120% del Pil entro il 2026 e il deficit previsto al 6,1% quest’anno. Per Austria e Irlanda si prevede una recessione, con una contrazione dello 0,5% nel 2024.
Buone notizie arrivano invece sul fronte dell’inflazione nell’Eurozona, con la componente “core” che dovrebbe scendere dal 2,9% nel 2024 al 2,4% nel 2025, e ulteriormente al 2% nel 2026. I tassi di interesse sono attesi in calo al 2% verso la fine del 2025.