Mario Draghi e il rapporto sulla competitività dell’Europa: “800 miliardi in più l’anno”

Una cura shock: così può essere definito il piano Draghi per la competitività dell'Unione europea. Senza l'inversione di marcia, avverte l'ex capo della Bce, "dovremo ridimensionare ogni ambizione"

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Mario Draghi ha presentato il suo rapporto sulla competitività dell’Europa. In 170 proposte circa, il report di 400 pagine fissa i principi ai quali ispirare l’agire per il rilancio dell’economia comunitaria. Perché l’Unione europea continui a esistere serve un “cambiamento radicale”. Solo per digitalizzare e decarbonizzare l’economia e aumentare la capacità di difesa serviranno investimenti aggiuntivi pari a due Piani Marshall. Il rapporto tocca una serie di temi eterogenei: produttività, riduzione delle dipendenze, cambiamento climatico, inclusione sociale e indicazioni per i singoli settori. Draghi l’ha definita una “sfida esistenziale”.

I valori fondativi e la produttività

Il punto di partenza del piano Draghi sono i valori fondamentali dell’Europa unita, ovvero “prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile“. Si tratta degli obiettivi primari che l’Ue deve continuare a garantire per giustificare la sua esistenza. Il principio alla base del report è semplice: l’Europa unita si basa su una serie di valori condivisi; per tutelare questi valori è necessario aumentare la produttività; per ottenere questo risultato è necessario mettere in atto una serie di profonde riforme strutturali. Ciò che sarà difficile sarà l’applicazione concreta del piano Draghi.

Passando al concreto, per centrare gli obiettivi europei “sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023″. “Per fare un paragone – spiega il rapporto – gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue”.

Fra le principali sfide, la mancanza di innovazione, i prezzi energetici elevati, i gap tecnologici e l’urgenza di avviare una seria campagna di digitalizzazione. Nel mirino di Draghi anche la revisione delle regole sugli aiuti di Stato, così da giocare a pari condizioni con le altre potenze mondiali. Si pensi ad esempio al mercato dell’auto elettrica, drogato da potenti aiuti di Stato alle aziende cinesi dell’automotive.

Stop all’unanimità

Uno dei freni alle riforme è il voto all’unanimità: può capitare che alcuni fra i 27 Paesi dell’Unione si mettano di traverso, bloccando le decisioni più importanti. Draghi propone di superare l’impasse aumentando il ricorso al voto a maggioranza qualificata.

Il debito

Veniamo alla questione del debito: “Se le condizioni politiche e istituzionali sono presenti, l’Ue dovrebbe continuare – basandosi sul modello del NextGenerationEu – a emettere strumenti di debito comune, che verrebbero utilizzati per finanziare progetti di investimento congiunti volti ad aumentare la competitività e la sicurezza europea”, scrive l’ex presidente del Consiglio. Il debito, viene spiegato, è funzionale agli investimenti. Uno dei propositi principali è quello di “aumentare i finanziamenti europei per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della difesa e di concentrarli su iniziative comuni”.

Draghi e von der Leyen

Nella conferenza stampa di presentazione del suo piano, Mario Draghi si è rallegrato nel constatare che parte delle iniziative da lui proposte si inseriscono nel solco già tracciato dall’agire politico della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, la quale ha preso la parola per dire che “prima c’è la definizione di priorità e progetti comuni, poi ci sono due strade possibili: i finanziamenti nazionali o nuove risorse proprie. Sarà la volontà dei Paesi membri a decidere come si vuole agire”.

“Se l’Europa non riuscirà a diventare più produttiva, saremo costretti a fare delle scelte: dovremo ridimensionare alcune delle nostre ambizioni, se non tutte”, ha specificato Draghi.